
Anche se la ministra Calvino vuole imprimere una svolta al negoziato, ci sono dei segnali che indicano la difficoltà del percorso e che le posizioni sono ancora distanti
Molto ridotta la possibilità che nelle riunioni di mercoledì (Eurogruppo) e giovedì (Ecofin) a Bruxelles i ministri finanziari riescano a definire un terreno comune per indirizzare il negoziato sulla riforma delle regole di bilancio verso una conclusione rapida. Lo riferisce Radiocor.
E questo nonostante la presidenza spagnola abbia lavorato alacremente nelle ultime settimane per portare al tavolo delle discussioni i testi legislativi per il nuovo Patto di stabilità e non un ennesimo documento di compromesso. Anche se la ministra Nadia Calvino (nella foto), che contemporaneamente cerca di rafforzare la sua candidatura alla presidenza della Banca europea degli investimenti, vuole imprimere una svolta al negoziato, ci sono dei segnali che indicano la difficoltà del percorso e che le posizioni sono ancora distanti.
A due giorni dalla riunione dell’Eurogruppo, prosegue Radiocor, non c’è ancora traccia della posizione comune di Francia e Germania annunciata dal ministro francese Bruno Le Maire. Una posizione che, questo fu l’annuncio, dovrebbe fare da apripista per un compromesso collettivo. Intanto da Berlino non ci sono indicazioni che vanno nel senso di una svolta negoziale. Semmai il contrario. D’altra parte, la coalizione di governo a Berlino è parecchio divisa. I Verdi che vogliono superare il vincolo costituzionale del “freno al debito”: il vicecancelliere Robert Habeck ha sostenuto recentemente che «la regola del pareggio di bilancio è stata concordata presupponendo che la Germania abbia accesso al gas a basso costo proveniente dalla Russia, che la Cina rimanga disponibile come mercato di esportazione affidabile mentre gli Stati Uniti forniscano sicurezza militare: tutte e tre le ipotesi sono, per usare un eufemismo, scosse». Fumo negli occhi del ministro delle finanze Christian Lindner, liberale.
Ecofin, unanimità per accordo su Patto stabilità entro quest’anno
Inoltre, lo stesso commissario all’economia Paolo Gentiloni, come tutto il resto della Commissione e come la Bce, continua a perorare la necessità di chiudere questa partita entro fine anno sia per avere il tempo di completare il processo legislativo prima del voto europeo sia – soprattutto – per fornire ai mercati finanziari un quadro prevedibile sulla gestione dell’indebitamento in paesi chiave (tra cui l’Italia). Gentiloni ha dichiarato che l’obiettivo “è raggiungere un’intesa per lo meno politica sulle nuove regole di bilancio, se la raggiungiamo poi la creatività per immaginare periodi transitori credo sia infinita”.
Nei complicati e spesso ambigui linguaggi cui si ricorre a Bruxelles in difficili fasi negoziali, ciò significa che i tempi per un’intesa almeno a oggi non sono maturi. Tenendo conto che si vuole evitare di rinviare la “palla” passi ai capi di stato e di governo, è vero che ci sono ancora diverse settimane a disposizione, tuttavia si comincia a cogliere un’ansia crescente.
La questione di fondo riguarda l’equilibrio tra l’esigenza di dare spazio alle spese di investimento a sostegno della crescita e per finanziare gli obiettivi Ue (economia verde e difesa, in particolare) e il percorso di riduzione dell’indebitamento specie nei paesi ad alto debito: fissare obiettivi quantitativi minimi di consolidamento nel tempo pur in un quadro di riferimento pluriennale (4-7 anni) per la Germania è la condizione primaria per inquadrare lo spazio necessario per gli investimenti ed evitare, nello stesso tempo, che la valutazione delle scelte di finanza pubblica dei governi sia esclusivamente il frutto di discussioni, negoziati bilaterali tra Bruxelles e le capitali.
Patto stabilità, Gentiloni non lascia speranze all’Italia su altro rinvio
L’Italia sostiene dall’inizio la linea di uno “scorporo” (per qualche posta anche temporaneo) dai calcoli del deficit/pil ai fini delle procedure di sorveglianza Ue delle spese per gli investimenti, di quelle legate alle priorità europee inclusa la difesa ai progetti finanziati dalla Ue. La legge di bilancio 2024 italiana è costruita su un debito/pil che sostanzialmente calerà solo dal 2026 (dal 140,2% di quest’anno al 139,6%). La Francia si è finora opposta ai “numeretti” annuali di riduzione dell’indebitamento e difende gli spazi per gli investimenti: nel 2024 e nel 2025 il debito/pil francese resterà fermo al 109,7%.
Il commissario Gentiloni esclude che la sospensione del Patto di stabilità che dura dalla primavera 2020 (causa Covid) possa essere prolungata oltre il 31 dicembre. Già fu molto difficile ottenere la proroga dello stop per il 2023, ricorda. Qualcuno accarezza tale ipotesi (anche in Italia), però non è uno scenario convincente. Nel caso in cui non ci fosse accordo entro l’anno, non resterà che applicare le vecchie regole, che sono sempre state applicate in modo ultraflessibile (tra l’altro l’Italia in passato è stata la maggior beneficiaria della flessibilità), però sono unanimemente giudicate controproducenti e oggi inadeguate a fronte della nuova realtà dell’economia e delle strategie di crescita Ue. In realtà nessuno vuole tornare alle vecchie regole, ma tale eventualità può essere agitata come arma negoziale.
Intanto è certo che in primavera la Commissione dovrà valutare le politiche di bilancio sulla base dei dati 2023 e una decina di paesi si troverebbe in condizioni di dover subire procedure per disavanzo pubblico eccessivo (Italia e Francia comprese). Si procede come si può, per gradi. Il 15 di questo mese la Commissione pubblicherà le nuove stime macroeconomiche; il 21 le opinioni sui progetti di legge di bilancio 2024.
(foto ANSA)