
Il 2024 sarà un anno di grandi sfide anche per alcune delle più importanti aziende italiane, come Leonardo che presenterà il nuovo piano industriale a febbraio
I grandi dossier del 2023 “passeranno capodanno” con il governo. Restano ancora senza soluzione, infatti, la cessione di Tim, il futuro dell’ex Ilva e il passaggio di una parte di Ita a Lufthansa. Insomma, un buffet affatto leggero, che vediamo a grandi linee:
Come riporta AdKronos, potrebbe essere il 2024 l’anno in cui si avvia a risoluzione la difficilissima partita sull’ex gruppo Ilva. E’ affidato ad un vertice tra governo, Invitalia e ArcelorMittal fissato per i primi giorni di gennaio, infatti, la decisione finale con cui garantire un futuro industriale alla più grande acciaieria d’Europa che al momento vive una crisi finanziaria durissima che ipoteca non solo una produzione considerata strategica per il Paese, quella dell’acciaio ridotta ormai al lumicino, ma mette a rischio l’occupazione di circa 20mila lavoratori tra diretti e indotto.
Ma in Acciaierie D’Italia, la joint venture privata-pubblica che governa l’ex gruppo Ilva, partecipata per il 62% dagli indiani di ArcelorMittal e al 38% dallo Stato, tramite Invitalia, l’accordo tra soci per ricapitalizzare la società e per la futura vendita degli impianti, sembra ancora lontano. Sono andate a vuoto per questo, nel solo mese di dicembre 3 assemblee e altrettanti Cda l’ultimo dei quali ha rinviato la partita all’incontro tra gli azionisti di Adi a gennaio.
Un dossier tormentato su cui il governo non è ancora riuscito a trovare una quadra. Sul tavolo, e oggetto di scontro, la partecipazione all’iniezione di capitale con cui risollevare le sorti del gruppo da coniugare, per il socio pubblico, pro-quota.
Ma a ballare sono soprattutto i numeri: Mittal circoscrive la necessità di compartecipazione a 320 mln di euro mentre Invitalia calcola che per garantire il rilancio industriale occorrano 1.320 mld sempre da dividere secondo il peso societario. Non solo. Al centro del braccio di ferro in corso, anche il prezzo della futura acquisizione degli impianti a cui avrebbe accesso Mittal, oggi in affitto, al 31 maggio prossimo. Il tempo intanto incalza: il 10 gennaio si esaurisce la sospensione concessa dal Tar Lombardia al pagamento delle bollette del Gas da parte di Adi mentre resta appeso ad una soluzione della vertenza anche il pagamento delle tredicesime ai circa 2mila lavoratori dell’indotto che vantano nei confronti dell’ex gruppo Ilva crediti da capogiro.
Tre al momento le ipotesi sul tavolo dell’esecutivo per assicurare un futuro al gruppo in caso di un mancato accordo che si protragga oltre ogni ragionevole tempo: l’amministrazione straordinaria; la salita temporanea dello Stato in maggioranza; la liquidazione dell’azienda. Una opzione quest’ultima sempre esclusa dal governo mentre a favore della salita in maggioranza del pubblico si sono da subito spesi i sindacati metalmeccanici. Questa strada però fino ad oggi non ha convinto tutto il governo che nonostante una prima velata indicazione in questo senso, ha poi cambiato direzione di marcia.
Il problema che si porrebbe con la maggioranza di Acciaierie d’Italia infatti sarebbe quello della ricerca, in tempi rapidi, di un nuovo socio privato in grado di sostenere il gioco e gradualmente risalire in maggioranza. Le indiscrezioni non sono mancate, da Arvedi a Marcegaglia fino al gruppo ucraino Metinvest ma al momento restano tali. Il governo intanto ha assicurato ai sindacati che qualsiasi cosa accada l’esecutivo avrebbe comunque garantito la “continuità produttiva”: una garanzia che tranquillizza solo in parte Fim Fiom e Uilm. Potrebbe preludere infatti, hanno più volte sottolineato, a quell’amministrazione straordinaria mai tolta dal tavolo.
E l’anno che verrà sarà foriero di cambiamenti per TIM visto che entro l’estate del 2024 dovrebbe essere completato il processo di cessione della rete, avvenimento di portata storica per l’ex monopolista, iniziato formalmente lo scorso luglio quando è stato approvato il piano industriale con la separazione della parte servizi (ServCo) dalla parte infrastruttura (NetCo).
Il condizionale è d’obbligo perchè sull’operazione di vendita al fondo Usa Kkr, deliberata dal consiglio di amministrazione del gruppo telefonico lo scorso 5 novembre, pende un ricorso dell’azionista francese Vivendi notificato a TIM lo scorso 15 dicembre. La cessione della rete a Kkr è stata deliberata a maggioranza dal cda (senza il passaggio nel comitato parti correlate e in assembra auspicato da Vivendi) per una cifra che all’attuarsi di alcune condizioni arriverà a un totale di 22 miliardi; il fondo statunitense ha già firmato l’estate scorsa con il Ministero dell’economia un memorandum of understanding che porterà la partecipazione dello Stato fino al 20% della società della rete e gli darà un ruolo decisivo per le scelte strategiche. Il 20 dicembre scorso il fondo infrastrutturale italiano F2i ha deliberato a sua volta di partecipare alla Netco con un miliardo, pari a una quota del 10%, subordinatamente alla raccolta della somma. Nel ramo d’azienda per cui è stato raggiunto l’accordo non è compresa Sparkle, la società che controlla i cavi di telecomunicazione sottomarini, oggetto di un’offerta separata da parte di Kkr ma che non è stata ritenuta congrua dal cda di TIM. Per continuare la due diligence sulla società Optics Bidco, società controllata da Kkr e veicolo dell’operazione, ha ottenuto più tempo, sino alla fine del prossimo gennaio.
Nell’atto di citazione di Vivendi viene contestata la legittimità della delibera consiliare per la cessione di NetCo. Tuttavia Vivendi non ha formulato alcuna richiesta cautelare, né ha chiesto di inibire in via d’urgenza l’esecuzione della delibera e degli atti negoziali conseguenti. Per questo TIM ha già comunicato che le attività previste dagli accordi con Kkr finalizzate al closing dell’operazione proseguiranno secondo quanto previsto, senza ritardi o interruzioni. Il socio francese (presente nel capitale al 23,75%) nell’atto di citazione ha chiesto al Tribunale il 22 aprile 2024 come data per la prima udienza. Quindi il giorno precedente dell’assemblea di TIM che secondo il calendario finanziario è convocata il 23 aprile 2024, per l’approvazione del bilancio al 31 dicembre 2023 e il rinnovo del cda.
E intanto niente ‘matrimonio’ di Ita Airways con Lufthansa nel 2023 e neanche a gennaio 2024. Per scrivere la parola fine al dossier infinito della compagnia, nata dalle ceneri della vecchia Alitalia, bisognerà ancora attendere. A determinare un ulteriore slittamento del closing dell’operazione, che si è concretizzata nel corso dell’anno e che è stata notificata a Bruxelles il 30 novembre scorso, è stata la richiesta della Commissione europea di tempi supplementari per ulteriori approfondimenti prima del definitivo via libero. Inizialmente, si guardava (e si auspicava) al 15 gennaio, cioè la scadenza della prima fase dell’indagine (dopo 25 giorni lavorativi dalla notifica), come possibile deadline per ottenere l’approvazione ma si andrà alla fase due con uno slittamento di tre mesi.
Lufthansa si è impegnata ad acquisire il 41% di Ita attraverso un aumento di capitale di 325 milioni di euro, con l’opzione di rilevare tutte le azioni rimanenti in mano al Tesoro in un secondo momento e salire così al 100% della newco. Nell’ambito dell’accordo, il Mef si è impegnato in un aumento di capitale di 250 milioni di euro, si tratta della terza e ultima tranche del finanziamento complessivo da 1,35 miliardi di euro già autorizzato dall’Ue. Ormai da diverse settimane, la Commissione europea sta scandagliando un ampio spettro di questioni per evitare una concentrazione sul mercato che l’operazione comporterebbe. Sotto la lente ci sono, tra gli altri, gli slot, le rotte, i prezzi dei biglietti. Il focus è incentrato sul network sui principali aeroporti di Ita e Lufthansa, Milano Linate e Fiumicino e gli hub di Francoforte e Monaco. Intanto, dall’8 gennaio prossimo Ita fermerà i voli tra Milano Malpensa e New York.
Ma i rinvii non fanno bene a Ita. Anche se punta a chiudere l’anno con 15 milioni di passeggeri ed un fatturato di 2,5 miliardi di euro con l’obiettivo di arrivare in anticipo al breakeven nel 2024, la compagnia è troppo piccola per poter volare da sola sul mercato globale e, superate le festività con le loro punte di traffico, il trasporto aereo entra nei mesi invernali nella ‘bassa stagione’, quelli meno redditizi. Lufthansa ha, comunque, già chiarito che ci vorrà un po’ di tempo prima che Ita diventi una compagnia redditizia. Con l’arrivo di Ita si va ad arricchire l’ampia costellazione che ruota intorno al gigante tedesco. Tra le compagnie controllate direttamente da Lufthansa ci sono Austrian Airlines, Brussels Airlines, Swiss International, Air Dolomiti, Lufthansa Regional, Eurowings e Lufthansa Cargo.
Ben diverso è l’orizzonte in cui si muove il gruppo dell’aerospazio e difesa, Leonardo. Sulla scia di solidi risultati confermati anche nel 2023, l’appuntamento più atteso è fissato a fine febbraio quando il cda darà il via libera al nuovo piano industriale al quale sta lavorando da mesi l’amministratore delegato Roberto Cingolani, salito sulla plancia di comando del gruppo nella scorsa primavera. La mission strategica che il nuovo piano fissa per il gruppo è, innanzitutto, quella di seguire l’evoluzione del concetto di difesa sempre più proiettato sulla cybersecurity e di essere catalizzatore di partnership nei grandi programmi europei. Un ruolo che, guardando al modello dell’ormai ultraventennale joint venture della missilistica Mbda, si dispiegherebbe anche in altri settori come quello della difesa terrestre dove Leonardo ha siglato il 13 dicembre scorso un’alleanza con la holding franco-tedesca Knds.
Leonardo punterebbe a creare un jv di cui deterrebbe un terzo, mentre il 63% circa dovrebbe andare a Knds, che rappresenta l’industria francese e tedesca. Dagli armamenti terrestri allo spazio: Leonardo ha già rivisto gli accordi con Thales sulla Space Alliance e consoliderà Telespazio di cui detiene il 65%. Nei lanciatori, Leonardo punta ad una aggregazione che valorizzi la partecipazione detenuta in Avio. Si guarda intanto anche a nuove collaborazioni con Airbus nelle aerostrutture, tenendo conto che oggi la collaborazione è limitata agli A321 e A220. Europa ma non solo. E’ di pochi giorni fa l’accordo intergovernativo tra Italia, Regno Unito e Giappone per lo sviluppo del Gcap, Global Combat Air Program, l’aereo da combattimento di nuova generazione la cui entrata in servizio è prevista per il 2035. Leonardo sale a bordo insieme alla britannica Bae Systems e alla giapponese Mitsubishi.
Novità in arrivo per Ntv nel 2024. Anche l’operatore ferroviario privato, i cui treni sfrecciano sui binari dell’alta velocità dal 2012, attende notizie da Bruxelles. L’Antitrust Ue dovrà pronunciarsi sull’ingresso nel capitale della società di Msc, il gigante della logistica, che acquisirà il 50%, diventando azionista di maggioranza. Il valore dell’operazione è calcolato intorno ai 4 miliardi. Ottenuto il via libera Ue, si potrà procedere al closing, atteso nei primi mesi dell’anno. Nascerà così il primo gruppo intermodale europeo nel settore dei trasporti con i treni di Italo, la navi di Msc e i bus di Itabus. Italo collega 62 stazioni di 54 città con 118 viaggi giornalieri e 25 milioni di passeggeri all’anno, oltre ai 56 servizi giornalieri treno + bus. Attualmente la flotta è composta da 51 treni (25 AGV e 26 Pendolino EVO) e 100 bus Man.
L’azienda, in ottica Pnrr e di efficientamento della rete, sta valutando un incremento dei treni di circa il 20 %. Nel 2022 la società ha raggiunto importanti traguardi finanziari registrando ricavi operativi pari a 776 milioni, un Ebitda da 224,9 milioni ed un utile netto 118,3 milioni.
(foto ANSA)