
L’inasprirsi del conflitto in una delle tratte navali più strategiche preoccupa. E, a rallentare la circolazione delle merci, c’è anche il Capodanno cinese
La crisi del Mar Rosso, con gli attacchi degli Houthi e la risposta anglo-americana, che ha bombardato 60 postazioni chiave dei militanti yemeniti, sta preoccupando l’economia mondiale.
Il commercio globale crolla a causa degli attacchi nel Mar Rosso: -1,3% a dicembre su mese
Il Mar Rosso è chiuso al traffico, causando ritardi nelle spedizioni e aumenti dei costi di trasporto. Il mare che divide la penisola arabica dall’Africa è un passaggio cruciale grazie al Canale di Suez, che rappresenta circa il 10-15% del commercio mondiale, inclusi gli scambi di petrolio, e il 30% dei volumi globali di spedizioni di container.
Le conseguenze di questa situazione si stanno facendo sentire su diverse aziende di fama mondiale, come Tesla e Volvo.
Oltre alle sfide nel settore manifatturiero, si osserva un impatto sui prezzi del petrolio. Il petrolio è salito di oltre il 4%, col Wti che ha toccato 75 dollari al barile e il Brent oltre quota 80 dollari salvo poi indietreggiare, mentre il gas in Europa ha fatto un balzo del 2,5% a poco più di 31 euro per megawattora. A pesare anche il recente sequestro di una petroliera da parte dell’Iran nel Golfo di Oman.
Il settore delle spedizioni è ovviamente quello più colpito, con sei delle principali compagnie di container che evitano in gran parte o completamente il Mar Rosso, reindirizzando le navi attorno al Capo di Buona Speranza in Sud Africa. La conseguenza è che ci saranno ritardi fino a tre settimane nelle consegne, senza considerare che ristabilire un passaggio sicuro attraverso il Mar Rosso potrebbe richiedere mesi, secondo il ceo di Maersk, Vincent Clerc.
La Banca Mondiale, in un recente rapporto, ha avvertito inoltre che l’interruzione delle principali rotte marittime sta “erodendo il rallentamento delle reti di approvvigionamento e aumentando la probabilità di colli di bottiglia inflazionistici”.
Altro fronte caldo è quello dei porti: i principali scali in Europa e negli Stati Uniti sembrano aver subito un impatto limitato per ora dalla crisi nel Mar Rosso, le aziende stanno iniziando a pianificare piani di emergenza. Aziende come Abercrombie & Fitch o Stellantis prevedono di utilizzare il trasporto aereo ove possibile per evitare ritardi, mentre l’Ikea, ad esempio, avverte di possibili carenze di prodotti e ritardi nelle spedizioni.
Non solo, con la prossima chiusura delle fabbriche per le vacanze del Capodanno lunare cinese, ci si aspetta un ulteriore aumento delle difficoltà nel settore delle spedizioni e nella gestione delle forniture. Secondo un’analisi di Schroders tuttavia non ci sarà la crisi della logistica come nel 2021.
«Le condizioni della domanda sono ora molto più morbide. Mentre i grandi stimoli monetari e fiscali hanno rilanciato l’economia globale dopo lo sconvolgimento iniziale causato dalla pandemia globale, la crescita sta ora rallentando. Prevediamo una crescita del PIL globale di appena il 2,5% sia quest’anno che il prossimo. L’Eurozona è probabilmente già in recessione, il Regno Unito è debole e l’attività negli Stati Uniti si sta raffreddando», spiega in una analisi David Rees.
«In secondo luogo, mentre i lockdown hanno fatto sì che la domanda si concentrasse nel settore dei beni durante la pandemia, i modelli di consumo sono ora molto più equilibrati. In effetti – continua l’economista – negli ultimi due anni la riapertura delle economie ha causato uno spostamento della domanda verso i servizi, lasciando il settore manifatturiero globale in recessione».
Infine, «anche il lato dell’offerta dell’economia globale è in condizioni migliori. Mentre i lockdown progressivi hanno bloccato completamente la produzione durante la pandemia, ora non si verificano tali interruzioni. Le deviazioni intorno all’Africa meridionale allungheranno i tempi di consegna, ma le merci arriveranno comunque a destinazione, suggerendo che è improbabile una vera e propria carenza», continua Rees.
«Semmai, i recenti dati commerciali provenienti dalla Cina che mostrano che le esportazioni crescono molto più rapidamente in termini di volume che in termini di valore, suggeriscono che le aziende, almeno in alcuni settori, sono costrette a scontare i prezzi per eliminare la capacità in eccesso» conclude.
(foto ANSA)