Nel device una batteria al litio e 64 fili sottili per registrare il segnale di 1024 elettrodi. L’intervento dura tre ore
Spostare le frontiere della neurotecnologia. E’ quello che cerca di fare Elon Musk attraverso Neuralink, la sua società che mira a mettere in comunicazione il cervello di un essere umano con un computer tramite un interfaccia neurale impiantabile.
Il collegamento avviene tramite un chip chiamato semplicemente Link che, una volta impiantato, consente di utilizzare un pc a chi ha perso l’uso degli arti. L’impianto di Neuralink e Elon Musk, il cui patrimonio ammonta a oltre 200 miliardi di dollari, sono nel mirino della polemica negli Stati Uniti: la Fda ha, infatti, aperto un’inchiesta.
Oggi, la medicina e la tecnologia puntano ad aiutare l’essere umano tetraplegico ad avere una vita sociale attraverso pc e smartphone. Allo stesso modo adesso Neuralink serve per curare chi soffre di Sla o di Parkinson. Domani l’interfaccia neurale impiantabile potrebbe essere una scorciatoia tra essere umano e intelligenza artificiale. Nuovi confini per l’utilizzo di Neuralink. Le componenti del device, rese note da alcuni report sul sito di Neuralink, sono essenzialmente quattro: si va da una chiusura biocompatibile, necessaria per mantenere isolato il microchip all’interno del cranio alla batteria al litio, ricaricabile dall’esterno per induzione. Quindi serve tutta l’elettronica per decodificare i comandi del cervello da inviare al personal computer o allo smartphone. Infine, come detto, i fili sottilissimi per registrare l’attività neuronale fornita da 1024 elettrodi.
L’intervento, conosciuto come brainjacking, ossia intrusione forzata di dispositivi nel cervello è di quelli invasivi. Secondo le indiscrezioni, l’intervento chirurgico dovrebbe durare almeno tre ore e si divide in due fasi. Nella prima il chirurgo deve procedere a una craniectomia, ossia la rimozione di un parte di cranio per fare spazio al microchip, grande poco più di due centimetri. Dopo due ore di operazione il chirurgo si ferma e cede il passo a un robot chirurgico chiamato a piazzare 64 fili sottilissimi e flessibili nella regione del cervello che supervisiona l’intenzione del movimento. La seconda fase, la più rapida potrebbe durare mezz’ora. Secondo una nota ufficiale dell’azienda il chip sarà completamente invisibile all’esterno. Il paziente, una volta a regime, potrà spostare il mouse e digitare sulla tastiera senza muovere l’arto.
Sono, invece blindate le informazioni sul primo paziente che ha effettuato l’impianto del chip. Elon Musk e, soprattutto motivi di etica e privacy impediscono di renderne nota l’identità del primo tester. Tempo fa, gli addetti ai lavori tracciarono un profilo di massima del potenziale paziente zero: “un interfaccia neurale impiantabile potrebbe essere testato da un adulto con meno di 40 anni con paralisi a braccia e gambe”.
Quello che è invece noto è che Neuralink è sempre alla ricerca di volontari per la sperimentazione umana. I requisiti sono i seguenti: il paziente deve essere statunitense, maggiorenne, in grado di manifestare la sua adesione al test. Inoltre deve essere affetto da una o più malattie come tetraplegia, paraplegia, perdita della vista o di udito, incapacità di parlare e/o amputazione di un arto. Oggi sarebbero 11 quelli che rispondono in pieno alle richieste dell’azienda.
Elon Musk, imprenditore visionario in più di un settore della tecnologia, punta moltissimo su Neuralink. La società è stata fondata nel 2016 con due sedi principali, San Francisco e Austin. Il bilancio 2023 parla di 360 milioni di dollari raccolti e circa 400 dipendenti. L’impresa è valutata cinque miliardi di dollari. Secondo gli addetti ai lavori il costo di un microchip è di diecimila dollari: al paziente ne vengono chiesti quattro volte tanto.
Immancabili quando c’è di mezzo un personaggio come Musk, invece le polemiche. Nel mirino stavolta il fondatore di Tesla e proprietario di X c’è finito perché nella prima fase di sperimentazione i suoi ingegneri hanno usato animali, forse troppi. Neuralink è stata accusata di aver violato l’Animal Welfare Act, il testo che disciplina il comportamento di un ricercatore durante il test su animali. Si parla di un totale di 1.500 cavie tra pecore, maiali e scimmie. L’ultima di queste fu mostrata nel 2021: la scimmia, con il sistema Neuralink impiantato nella testa, era capace di giocare da sola a un videogioco.
Sull’intero progetto scientifico sono ancora in corso verifiche da parte della Food and Drug Administration. A livello finanziario è stata presentata una formale richiesta alla U.S. Securities and Exchange Commission di verificare se il tycoon abbia ingannato gli investitori sulla sicurezza della sua tecnologia dopo che alcune cavie avevano mostrato paralisi, convulsioni e gonfiore del cervello. Come prevedibile davanti a una rivoluzione del genere sono innumerevoli i punti di domanda e le perplessità. Dai più semplici legati alle batterie al litio installate nel cranio a quelle più complesse, come lo stop alla stimolazione nervosa autonoma o danni ai tessuti.
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