Il mercato dell’arte è un mondo che non sempre viene associato a quello degli investimenti e della finanza, eppure in molti investono in opere d’arte
Cosa significa investire nel mondo dell’arte? E soprattutto quale realtà è presente in questo settore? Lo abbiamo chiesto a Deodato Salafia, fondatore della Galleria Deodato Arte una realtà che, oltre ad essere primo e-commerce per l’arte in Italia, è brand leader e punto di riferimento in tutto il mondo per Pop e Street Art con opere dei più noti artisti di fama internazionale come Banksy, Mr. Brainwash, Jeff Koons, Romero Britto, Damien Hirst, Takashi Murakami, Andy Warhol e molti altri, tra cui molti rappresentati in esclusiva italiana e mondiale.
Il mercato dell’arte è un mondo che non sempre viene associato a quello degli investimenti e della finanza, eppure in molti investono in opere d’arte. Ma cosa significa, di preciso, investire in un’opera d’arte?
«Investire del denaro in qualunque cosa, vuole dire aspettarsi una remunerazione per il denaro impegnato, investire in arte può offrire anche il vantaggio di ottenere un beneficio secondario, anzi più benefici, nel mentre il denaro produce maggiore ricchezza. Per chi vede l’acquisto di opere d’arte principalmente come investimento i benefici secondari sono ad esempio il fatto di poter usare i beni per innalzare la percezione del proprio status sociale, oppure quello di arredare un ambiente familiare o quello di utilizzare l’arte come opportunità di incontro sociale. Quindi rispetto a titoli finanziari l’arte è “usabile”, al pari di un orologio, una casa o un’auto vintage. In genere io non consiglio di investire in arte, ma piuttosto di acquistare arte, per usarla, perché è una cosa “non necessaria”, per gioco uso dire “inutile”, ma proprio per questo è una delle cose più belle che possiamo fare; la vita diventa bella quando cominciamo ad occuparci di cose non necessarie, no?»
Per quale motivo investire in un’opera d’arte? Quali sono i possibili vantaggi?
«Come detto i vantaggi sono più che altro legati al nostro intelletto, ma capisco che la parola “investire” vuole necessariamente riferirsi a far fruttare del denaro. In tal caso posso dire che i vantaggi sono pochi: le opere sono asset poco liquidi, possono far ottenere guadagni estremamente alti, ma certo in tempi non brevi, di norma occorrono 5 anni per artisti già noti e circa 15 per artisti emergenti. In Italia in questo momento non si pagano plus valenze sulla rivendita di opere d’arte, questo lo ritengo un grande errore da parte del legislatore in quanto favorisce attività illegali e di riciclaggio, piuttosto c’è da preoccuparsi molto sul fatto che la Francia abbia un iva che è un quarto di quella italiana sulle opere d’arte. Io consiglio al legislatore di abbattere l’iva allineandola a quella francese ed allo stesso tempo mettere in tassazione le plusvalenze, ciò combatte il riciclaggio ed aiuta i collezionisti ed anche le gallerie italiane. Teniamo conto che l’iva al 22% erode la gran parte delle plusvalenze infatti».
L’Italia, ricchissima di un bagaglio culturale tra i primi al mondo, è naturalmente vocata al commercio delle opere d’arte? Quanto vale il business di questo settore?
«Il business dell’arte nel mondo è molto piccolo, vale 65 miliardi, tanto quanto fattura l’IBM da sola e poco di più di quanto non fatturi IKEA da sola. In Italia siamo sotto l’1% di questo valore. Direi che il business dell’arte conta molto poco ed infatti non è nelle agende di governo, né di destra, né di centro e neppure di sinistra, non interessa a nessuno. Si parla dei musei, per fortuna, i galleristi ed il mercato dell’arte è visto come un losco hobby per pochi benestanti. La situazione è drammatica e nessuno, neppure le associazioni di categoria, hanno il potere di suggerire dei cambiamenti. La cosa mi rattrista e credo di essere tra i pochi a dire le cose come stanno. Di contro i politici non vogliono certo metterci la faccia ad aiutare un settore, che fattura poco, non fa utile (e quindi non paga molte tasse) e storicamente è stato vicino al ceto benestante. Io con la mia azienda ho scardinato tutti questi concetti, facciamo utile e vendiamo opere d’arte di artisti internazionali, spesso anche sotto i 1000 euro, a persone di ogni ceto. La ricchezza culturale dell’Italia è una cosa di cui andare orgogliosi, ma in effetti è un grande freno per l’arte contemporanea e gli artisti emergenti sono nulla rispetto ai grandi del passato, questo fa riflettere».
Il pericolo del falso: è possibile riuscire a riconoscere un’opera d’arte autentica? E se sì, come?
«Non è quasi mai possibile essere sicuri al 100% che un’opera sia vera. Un’opera è vera fintanto che lo dice qualcuno che è ritenuto autorevole, come ad esempio l’artista, se vivente, una fondazione che cura gli interessi degli eredi, oppure un gallerista o critico riconosciuto come autorevole dal mercato. Per ogni artista di norma c’è una sola persona autorevole. Spesso in caso di morte dell’artista gli eredi (o più spesso, se uomo, le ex mogli tra loro o contro i figli) litigano su chi sia l’autorità corretta a dichiarare l’autenticità. Avere il potere di dichiarare l’autenticità di un artista famoso porta prestigio e soldi, questo è il motivo per cui è ambita. Alcuni artisti contemporanei hanno usato tecnologie fisiche o digitali per aiutare un collezionista a identificare autonomamente l’autenticità. Alcuni di questi sistemi li ritengo efficaci, ma devo dire che, a parte le blockchain (che non sono del tutto mature) ogni sistema richiede sempre una autorità centrale. Io consiglio sempre ai collezionisti prima ancora di guardare l’opera di guardare le seguenti cose: 1) ottenere una fattura ufficiale che riporti in modo univoco le informazioni dell’opera; 2) osservare l’autorevolezza della galleria a trattare quel determinato artista, insomma se ha una collaborazione stabile o comunque se ha una esperienza comprovata; 3) se la galleria è economicamente capiente in caso di future contestazioni, quindi se si sta per effettuare un acquisto importante suggerisco di capire quanto il valore incide rispetto al bilancio della galleria stessa».
Ma al di là di tutto, resta la grande bellezza di un’Italia con un patrimonio culturale ed artistico unico al mondo, una ricchezza che è essa stessa un investimento in qualcosa di più grande perchè, come ha giustamente specificato Salafia, “la vita diventa bella quando cominciamo ad occuparci di cose non necessarie“.
FOTO: UFFICIO STAMPA