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Case Green, ok del Parlamento Ue alla direttiva

Maria Vincenza D'Egidio
12 Marzo 2024
Case Green, ok del Parlamento Ue alla direttiva
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A Strasburgo l’Energy performance of buildings directive, provvedimento che riscrive i parametri su vecchi e nuovi edifici in vista dell’obiettivo zero emissioni, è stato approvato con 370 voti favorevoli, 199 contrari e 46 astenuti

Dopo due anni di trattative, il Parlamento di Strasburgo ha dato l’ok finale all’Energy performance of buildings directive (Epbd). La direttiva sulle Case green, oggetto di un complesso negoziato tra i Paesi membri e le istituzioni comunitarie, è stata approvata con 370 voti favorevoli, 199 contrari e 46 astenuti.

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Non sono mancati momenti di tensione, al momento dell’approvazione l’eurodeputato della Lega Angelo Ciocca ha inscenato una protesta con un fischietto: la presidente di turno gli ha chiesto di allontanarsi definendo “deplorevole e senza precedenti” il suo gesto.

La direttiva traccia un piano trentennale per la riduzione dei consumi energetici degli edifici. I Paesi membri sono chiamati a mettere in campo interventi per arrivare entro il 2050 a un patrimonio edilizio a zero emissioni. Fissati gli obiettivi, spetta agli Stati membri recepire, entro due anni, la direttiva e applicarla usando le risorse nazionali ed europee a disposizione. La Commissione Ue non erogherà nuovi fondi e si potrà contare su stanziamenti come il Pnrr, il Fondo sociale per il clima e i Fondi di coesione. Nuove misure potrebbero riguardare i prestiti sulle ristrutturazioni per i nuclei fragili.

In vista del conseguimento del target finale, l’Unione europea si è data scadenze di medio termine. Entro il 2030 gli Stati membri dovranno ridurre del 16% i consumi del proprio parco edilizio. Com’è nello spirito della direttiva, spetta ai singoli Stati definire le modalità per raggiungere l’obiettivo.

La direttiva prescrive tuttavia la necessità di raggiungere il target finale non contando unicamente sui nuovi immobili green. Le ristrutturazioni ad esempio dovranno riguardare il 43% meno performante del patrimonio edilizio.

Nel corso delle trattative con Bruxelles non sono mancate modifiche, anche sostanziali, della direttiva, come quella che riguarda le ristrutturazioni. Rispetto alla prima versione che poneva come criterio la classe di efficienza dei singoli edifici, il nuovo articolo si basa sulle medie di consumo. In secondo luogo la direttiva Epbd conferma l’addio all’uso di combustibili fossili nelle abitazioni, come le caldaie a gas metano. La data della messa al bando è slittata dal 2035 al 2040 ma già dal prossimo anno gli Stati membri non potranno più erogare incentivi fiscali per l’acquisto o l’installazione di sistemi di riscaldamento ibridi come il mix tra caldaie e pompe di calore.

Novità rimportanti riguardano inoltre la costruzione degli edifici: dal 1° gennaio 2028 gli immobili di proprietà pubblica dovranno avere zero emissioni in loco di combustibili fossili. Per tutti gli altri, il vincolo scatta dal 1° gennaio 2030. Oltre all’abbandono dei combustibili fossili, i nuovi immobili edificati nell’Unione europea dovranno essere solar-ready ovvero predisposti a ospitare impianti fotovoltaici o solari termici sui tetti. Per gli edifici idonei già esistenti i pannelli dovranno essere installati gradualmente a partire dal 2027.

Superato lo scoglio del voto finale del Parlamento Ue, la direttiva Case green concluderà il suo percorso legislativo con l’adozione anche da parte del Consiglio. Venti giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il testo entrerà ufficialmente in vigore. Entro il 2028 la Commissione di Bruxelles riesaminerà poi la direttiva per eventuali correzioni.

Via libera anche all’accordo politico sulla revisione della direttiva sulle emissioni industriali IED, il principale strumento dell’Ue per regolare l’inquinamento provocato dagli impianti industriali, compresi gli allevamenti intensivi di bestiame, responsabili della produzione di ossido di azoto, ammoniaca, mercurio, metano e biossido di carbonio. Parte centrale della revisione è l’ampliamento degli impianti coperti dalla direttiva, estesa ad esempio ai grandi allevamenti di suini, superiori a 350 unità di bestiame, pollame con 280 unità, galline ovaiole 300 unità e 380 unità per gli allevamenti misti.

L’intesa politica ha escluso per ora gli allevamenti di bovini, che invece erano stati inclusi nella proposta della Commissione europea e la cui inclusione sarà valutata in un secondo momento a partire dal 2026.

FOTO: Shutterstock
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