La norma contenuta nel decreto Pnrr che riguarda PagoPA presenta “alcune criticità concorrenziali“. Lo evidenzia l’Antitrust nella memoria sul provvedimento anticipato da Repubblica.
La norma prevede l’ingresso dell’Istituto Poligrafico fino al 51% e di Poste Italiane per la restante quota nel capitale di PagoPA.
Secondo l’Authority, «in una prospettiva di garanzia del mercato e dei diritti degli operatori potenzialmente interessati, l’individuazione del cessionario della quota del 49% dovrebbe avvenire ad esito di un’asta competitiva o comunque di una procedura che valuti e metta a confronto più manifestazioni di interesse».
Da parte sua l’Associazione delle banche italiane critica l’acquisizione del 49% di PagoPa da parte di Poste Italiane, sottolineando «i rischi che venga lesa la parità concorrenziale rispetto agli altri partecipanti bancari e finanziari alla piattaforma.
In una memoria depositata alla commissione bilancio della Camera sul decreto Pnrr, l’Abi rileva come «Poligrafico e Poste eserciterebbero un controllo congiunto sulla piattaforma, mentre Poste potrebbe essere essere favorita nella conoscenza di informazioni di mercato della clientela bancaria degli istituti di pagamento e degli operatori gestori di pubblici servizi (dati quantitativi e comportamenti».
Nel mirino dell’Authority, l’articolo 20 del decreto che prevede l’ingresso dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e di Poste Italiane nel capitale di PagoPA, attraverso l’esercizio del diritto di un’opzione di acquisto rispettivamente in misura non inferiore al 51% per Ipzs e, per la restante quota di partecipazione, per Poste.
«L’Autorità ritiene che la norma di legge presenti alcune criticità concorrenziali sia su un piano generale, con riferimento alla modalità seguita per la cessione al mercato della società pubblica, sia per le specifiche caratteristiche del soggetto cessionario individuato dal legislatore», si legge nella memoria firmata dal presidente Roberto Rustichelli.
«PagoPA si pone quale nodo pubblico dei pagamenti digitali e gode di un significativo, non replicabile vantaggio rispetto a qualunque altra piattaforma venisse costituita dai privati – spiega l’Antitrust, osservando che – l’articolo 20 del decreto-legge, nella misura in cui dispone l’ingresso nel capitale della società pubblica di un operatore di mercato, comporta l’attribuzione in via diretta anche a detto operatore, scelto ad libitum dal legislatore, del privilegio riconosciuto alla piattaforma, con conseguente partecipazione dello stesso alla relativa quota di profitti.
Anche in ragione di ciò, si rende indispensabile l’adozione di modalità trasparenti e non discriminatorie per poter trasferire a un soggetto di mercato parte dei benefici connessi al godimento di un privilegio riconosciuto ex lege».
Specificamente sull’ingresso di Poste nel capitale di Pago PA, si osserva: «Potrebbe sollevare alcune rilevanti problematicità nel funzionamento del mercato, che investono in primis il settore dei pagamenti digitali e poi quello delle notifiche digitali».
«Alla luce delle considerazioni svolte – conclude l’Antitrust – si chiede al legislatore di voler valutare modalità alternative a quella prevista dalla norma che siano idonee ad individuare secondo procedure trasparenti e non discriminatorie un soggetto qualificato, prevedendo altresì adeguati presidi a garanzia della sua neutralità».
In ogni caso, precisa l’Authority, le «operazioni che prevedano la modifica del controllo societario come quella prevista dall’articolo 20 soggiacciono alla disciplina in materia di concentrazioni e devono essere sottoposte al controllo preventivo dell’autorità antitrust competente».