L’impennata dei tassi di interesse fuori controllo durante lo scorso anno ha rilanciato il forte interesse per le surroghe, ovvero la rottamazione del vecchio mutuo con uno nuovo a condizioni migliori a tasso fisso. In effetti il continuo calo degli indici IRS continua ad essere un’opportunità per chi vuole surrogare il proprio mutuo, fenomeno che nei primi due mesi di quest’anno ha rappresentato il 25% della domanda totale, in decisa crescita rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (+40%). La surroga viene poi richiesta, non solo da parte di chi vuole passare da una rata variabile ad una fissa di importo più contenuto, ma anche dai titolari di un mutuo a tasso fisso sottoscritti perlopiù tra la fine del 2022 e la fine del 2023, in presenza di offerte di mercato che consentono risparmi rilevanti sui nuovi mutui a tasso prestabilito. In prospettiva, poi, l’anticipazione di prossime riduzioni da parte della BCE promette di rilanciare le surroghe per i mutuatari più recenti, anche se non a breve termine.

Francesco Megna-autore del pezzo
Cresce l’incidenza delle richieste di mutuo per l’acquisto della prima casa (75% del totale) e anche quella delle seconde case (8%) mentre rimane trascurabile la domanda per le ristrutturazioni solitamente poco competitivi rispetto ai prestiti, caratterizzati da tassi più alti ma senza le parcelle notarili e con una burocrazia più flessibile. L’importo medio richiesto per i mutui prima casa è di 132.000 euro circa , durata 25 anni con un LTV (parametro finanziario che indica il rapporto tra l’importo del mutuo e il valore del bene ipotecato) pari al 70% circa. Cresce la partecipazione alle richieste di mutuo da parte degli Under 36, oramai vicini al 45% del totale. Tra l’altro, l’acquisto agevolato della prima casa per gli under 36 permane sino al prossimo 31 dicembre, data entro la quale dovrà essere stipulato il contratto definitivo per beneficiare dell’esenzione fiscale. Il 96% delle richieste di mutui prevedono un tasso fisso per tutta la durata del piano di ammortamento: d’altra parte gli indici Euribor superiori all’IRS rendono il costo del denaro a tasso fisso decisamente più basso rispetto al variabile. Parallelamente alla stipula del mutuo crescono le sottoscrizioni (facoltative) delle polizze Temporanea Caso Morte (TCM) che consentono di assicurare un capitale ai beneficiari designati in polizza in caso di morte dell’assicurato. Con questa polizza i designati (anche non familiari) del beneficiario possono così far fronte alla restituzione del debito grazie a un indennizzo che aiuterà loro a pagare le future rate del mutuo. Cresce anche la domanda di mutui green che passa dal 2% del 2022 al 12% del 2023; buona la partenza nelle prime settimane del 2024. Anche l’importo richiesto è decisamente superiore rispetto ai mutui ordinari: 175.000 euro contro i 132.000 euro. Per quanto riguarda invece le tipologie di immobili richiesti, la domanda è prevalentemente concentrata sul trilocale (50%), seguito dal bilocale (25%) e dal quadrilocale (22%). Cala invece la richiesta sui tagli più importanti, come conseguenza dell’aumento dei prezzi e della fine della spina originata dalla pandemia che aveva portato le persone a ricercare spazi più ampi con uno sbocco all’esterno.
Dipendente a tempo indeterminato e di età tra i 35 e i 45 anni. È questo il profilo del mutuatario medio in Italia. Sono, infatti, in primo luogo i titolari di un reddito sicuro a richiedere l’accesso al credito. In seconda posizione ci sono poi i lavoratori autonomi, seguiti dai liberi professionisti e dai pensionati. Poco rilevante la percentuale di lavoratori atipici destinatari di un mutuo. Numerosi i mutuatari che hanno un’età compresa tra i 25 e i 35 anni e quelli tra i 46 e i 55 anni di età. Slittano in fondo alla classifica , invece, coloro che hanno un’età superiore ai 56 anni e quelli di età inferiore ai 26 anni.
I repentini aumenti dei tassi di interesse hanno comunque determinato un crollo verticale delle erogazioni di mutuo dovuto in parte alla ritirata di alcune famiglie, che attendono momenti migliori (tassi e inflazione più bassi), ed in parte alla mancanza di requisiti economici essenziali su cui si basa la valutazione della banca come la capacità di rimborso, strettamente legata al rapporto tra la rata del mutuo e il reddito mensile. Nell’ambito delle proprie politiche creditizie gli istituti prevedono infatti che la rata non superi una determinata percentuale rispetto al proprio reddito; normalmente questo rapporto si aggira intorno al 30%, vale a dire che l’importo della rata non potrà essere superiore ad un terzo del reddito. Ebbene, l’aumento del costo del denaro ha avuto un impatto significativo sulle rate dei mutui a tasso variabile che per alcune famiglie ha significato il superamento della soglia del 30% nel rapporto rata/reddito; non hanno quindi alternativa all’affitto oppure sono costrette a rimandare l’acquisto di una casa più grande.
C’è poi un altro particolare da prendere in considerazione: le erogazioni dei mutui diminuiscono con cadenza più veloce rispetto al vistoso calo delle compravendite immobiliari . Ciò significa che il mercato immobiliare è in parte sorretto da coloro che acquistano casa senza richiedere un mutuo ipotecario. Nel 2023 infatti solo il 40% circa delle transazioni residenziali sono state assistite da un mutuo rispetto al 50% circa registrato nello stesso periodo dell’anno precedente. Il vero problema più dell’aumento dei tassi, che sono ancora a livelli abbordabili, è la perdita di potere d’acquisto delle famiglie che in tre anni è stata quasi del 25% con i salari rimasti al palo. Nonostante il calo delle compravendite però i prezzi sono rimasti stabili. Mediamente occorrono almeno 12 mesi prima che la contrazione delle compravendite produca un effetto anche minimo sui prezzi.
DI FRANCESCO MEGNA
Esperto di Finanza ed Economia