Per il primo bimestre di competenza del 2024 sono stati erogati alle famiglie assegni per 3,3 miliardi di euro, che si aggiungono ai 18,1 miliardi del 2023 e ai 13,2 miliardi di erogazioni di competenza del 2022. Sono 5.993.458 i nuclei famigliari che hanno ricevuto l’assegno per il 2024, per un totale di 9.513.611 figli.
E’ quanto emerge dalla pubblicazione dell’aggiornamento dell’Osservatorio Statistico sull’Assegno Unico Universale (Auu) dell’Inps che contiene al suo interno anche i dati relativi all’Auu destinato ai nuclei percettori di Reddito di Cittadinanza (RdC) con riferimento al periodo marzo 2022-febbraio 2024.
Con riferimento al mese di febbraio 2024, l’importo medio per figlio, comprensivo delle maggiorazioni applicabili, va da circa 57 euro per chi non presenta Isee o supera la soglia massima, che per il 2024 è pari a 45.574,96 euro, a 224 euro per la classe di Isee minima 17.090,61 euro per il 2024).
L’importo base dell’assegno per ciascun figlio minore, in assenza di maggiorazioni, nel 2024 va da un minimo di 57 €, in assenza di ISEE o con ISEE pari o superiore a 45.574,96 €, ad un massimo di 199,4 euro per ISEE fino a 17.090,61 euro.
Ricordiamo che l’assegno unico è appunto un unico strumento a sostegno delle famiglie che sostituisce tutti i bonus erogati fino al 1° luglio 2021. A differenza di quel che succedeva prima del suo arrivo, l’assegno unico può finire anche nelle tasche dei lavoratori autonomi. Inoltre, la dichiarazione Isee servirà solo per determinare l’importo, non per avere o meno il diritto ad incassarlo. Significa che l’assegno figli non è solo unico perché racchiude in sé tutti i bonus famiglia precedenti ma anche universale, cioè per tutti.
In questa sede vedremo in che modo funziona l’assegno unico figli, a chi spetta, qual è l’importo e che succede in situazioni particolari, ad esempio quando i genitori sono separati o divorziati ma c’è ancora diritto all’assegno.
Si tratta di una misura di supporto ai genitori erogata al posto di altre agevolazioni come il bonus bebè, il premio alla nascita, gli assegni familiari o quelli comunali per le famiglie numerose e le detrazioni a carico. Il trattamento fa parte del Family Act, ovvero della legge delega approvata l’11 giugno 2020 dal Consiglio dei ministri.
L’assegno mensile viene riconosciuto dal settimo mese di gravidanza alle famiglie che hanno figli a carico fino ai 21 anni, con un importo più basso a partire dal diciottesimo anno di età.
L’assegno viene riconosciuto anche dopo i 21 anni per i figli disabili a carico. Per loro è prevista una maggiorazione in base al grado di disabilità.
L’importo varia da 80 a 250 euro al mese per ogni figlio, a seconda della situazione Isee del nucleo familiare. In caso di figlia o figlio successivo al secondo, l’importo dell’assegno universale è maggiorato del 20%.
Cifre che hanno sollevato fin dal primo momento non poche polemiche, poiché rischiano di essere più basse rispetto a quelle percepite con le agevolazioni precedenti. Non a caso, secondo l’Istat, l’assegno unico penalizza circa il 30% delle famiglie italiane. Va detto, però, che è riconosciuta una integrazione compensativa per garantire che l’assegno non risulti in ogni caso inferiore al trattamento complessivo già goduto dal nucleo familiare.
Possono farne richiesta tutte le famiglie, indipendentemente dalla loro fonte di reddito: hanno accesso, infatti, lavoratori dipendenti, autonomi o incapienti.
L’assegno spetta – lo ricordiamo ancora – dal settimo mese di gravidanza fino al compimento dei 18 anni. Dopodiché, e fino ai 21 anni, si avrà diritto ad una cifra ridotta ma sempre che il figlio a carico: sia iscritto all’università; sia un tirocinante; sia iscritto ad un corso professionale; stia svolgendo il servizio civile; stia svolgendo un lavoro a basso reddito.
E’ possibile ottenere l’assegno unico figli con i seguenti requisiti: cittadinanza italiana o di uno Stato membro dell’Unione europea o un suo familiare con diritto di soggiorno permanente; cittadinanza di uno Stato non comunitario con permesso di soggiorno Ue di lungo periodo o per motivo di lavoro o di ricerca per almeno un anno; obbligo di pagare l’Irpef in Italia; residenza e domicilio con figli a carico in Italia per la durata dell’agevolazione; residenza in Italia per almeno due anni, anche non continuativi o titolari di un rapporto di lavoro di durata almeno biennale.
In caso di separazione o di divorzio, l’assegno unico figli viene ripartito in pari misura tra i genitori. In pratica, viene riconosciuto ad entrambi gli ex coniugi in caso di affidamento congiunto dei figli, mentre se c’è un solo genitore affidatario sarà lui ad avere diritto all’assegno unico in caso di separazione, annullamento, cessazione o scioglimento del matrimonio.