Nessuna sorpresa. La Fed ha confermato ancora una volta lo status quo sui tassi d’interesse che sono rimasti nella forbice tra il 5,25%-5,50%, il più alto dal 2001, esattamente come a marzo. La mossa era ampiamente attesa da analisti ed investitori che aspettevano per questo mese che la politica monetaria americana rimanesse inalterata e così è stato.
Continua però a preoccupare l’inflazione con i prezzi al consumo saliti al 3,5% su anno a marzo. Con la decisione di mantenere il limite sui tassi, il comitato nella sua dichiarazione post-riunione ha sottolineato una “mancanza di ulteriori progressi” nel riportare l’inflazione al target del 2% della banca centrale. «Il Comitato non si aspetta che sarà opportuno ridurre l’intervallo obiettivo finché non avrà acquisito maggiore fiducia che l’inflazione si sta muovendo in modo sostenibile verso il 2%», si legge nella dichiarazione, ribadendo il linguaggio utilizzato dopo le riunioni di gennaio e marzo.
Sul bilancio il comitato ha affermato che a partire da giugno rallenterà il ritmo con cui permetterà ai proventi delle obbligazioni in scadenza di defluire senza reinvestirli. In un programma iniziato nel giugno 2022 e soprannominato “restringimento quantitativo”, la Fed ha consentito che fino a 95 miliardi di dollari al mese di proventi provenienti da titoli del Tesoro in scadenza e da titoli garantiti da ipoteca venissero annullati ogni mese. Il processo ha portato il bilancio della banca centrale a scendere a circa 7,4 trilioni di dollari, ovvero 1,5 trilioni di dollari in meno rispetto al picco raggiunto intorno alla metà del 2022. Secondo il nuovo piano ridurrà il tetto mensile sui titoli del Tesoro da 60 a 25 miliardi di dollari. Ciò porterebbe la riduzione annuale delle partecipazioni a 300 miliardi di dollari, rispetto ai 720 miliardi di dollari da quando il programma è iniziato.
A marzo i membri del FOMC hanno previsto tre tagli dei tassi quest’anno, ipotizzando intervalli di un quarto di punto percentuale, e non avranno la possibilità di aggiornare tale decisione fino alla riunione del 13-14 giugno.
Nel commento post-riunione il presidente Jerome Powell ha lanciato un avvertimento sulle forti pressioni sui prezzi. «L’inflazione è ancora troppo alta. Ulteriori progressi nell’abbattimento non sono garantiti e il percorso da seguire è incerto», ha affermato. E secondo lui i dati macro-economici arrivati finora non hanno consentito di avere molta fiducia sui tagli. «E’ probabile che ci voglia più tempo del previsto. Siamo pronti a mantenere l’attuale tasso obiettivo sui fondi federali per tutto il tempo necessario», ha spiegato. Ma ha escluso la possibilità che la prossima mossa politica alla riunione di giugno sarà un aumento dei tassi di interesse.
La banca centrale sta tenendo d’occhio il mercato del lavoro, che finora ha mostrato resilienza di fronte all’inasprimento della politica monetaria. «Siamo anche pronti a rispondere a un inaspettato indebolimento del mercato del lavoro», ha continuati Powell, sottolineando il “doppio mandato” della banca centrale, che comprende sia la stabilità dei prezzi che la massima occupazione.