Con l’ennesima puntata della contesa sull’ex Ilva, in atto da oltre un anno, il governo si tutela nei confronti di ArcelorMittal inserendo una norma nel decreto legge in approvazione oggi, 6 maggio, durante il consiglio dei ministri.
La norma in bozza è stata predisposta dai tecnici del ministero delle Imprese e del made in Italy e del ministero della Giustizia e intende salvaguardare il processo di vendita di Acciaierie d’Italia, quando sarà pubblicata una procedura di gara, da eventuali azioni legali o richieste di risarcimento della vecchia proprietà, quindi ArcelorMittal, bozza di decreto che è stata visionata, come afferma, dal Sole24Ore.
La multinazionale franco-indiana potrebbe infatti agire legalmente per contestare le procedure che hanno portato all’amministrazione straordinaria “forzata”, anticamera della cessione a nuovi investitori privati. Ecco dunque la necessità, secondo il governo, di uno scudo.
«La norma recita che nel caso in cui la vendita è dichiarata nulla o annullata in conseguenza di vizi degli atti della procedura di amministrazione straordinaria o del procedimento di vendita, gli effetti della vendita restano fermi nei confronti dell’acquirente e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente».
Un articolo del decreto che paradossalmente lascia intendere che il governo teme di poter perdere in un possibile contenzioso legale, ma vuole limitare l’eventuale effetto a un risarcimento economico, cioè un indennizzo, evitando però a ogni costo che la proprietà possa tornare in capo a ArcelorMittal.
Verrebbe confermato, poi, l’inserimento nel decreto della norma che attribuisce alla nuova amministrazione straordinaria ulteriori 150 milioni prelevati dalla vecchia procedura di a.s. e in particolare dal patrimonio, derivante dalla confisca dei fondi Riva, che dovrebbe essere riservato a progetti di bonifica. In particolare, si prevede che per questi 150 milioni si possa attingere alla dote riservata a progetti di decarbonizzazione se le risorse non sono state ancora impegnate alla data di entrata in vigore del decreto.
Una prima tranche di risorse, anche questa di 150 milioni, era stata girata dal patrimonio destinato ad Acciaierie d’Italia con il decreto 19 del 2 marzo 2024. In totale, quindi, sono 300 i milioni che in questo momento sono stati dirottati dalle bonifiche e dalla decarbonizzazione alle esigenze di continuità operativa di Acciaierie d’Italia in a.s. Un tema destinato a far discutere, anche perché non è chiaro se il governo ha intenzione in futuro di ripristinare la dote riservata a ridurre l’impatto inquinante del sito di Taranto.
Arriva quindi la garanzia dello Stato sulla futura vendita dell’ex Ilva. Tra le norme del dl Agricoltura messe a punto dal Mimit, spunta infatti anche una sorta di assicurazione sulla validità della cessione, a tutela del prossimo acquirente, contro un eventuale contenzioso legale da parte di ArcelorMittal.
La tutela dell’operazione è assoluta anche in caso di perdita della causa da parte dello Stato. «Nel caso in cui la vendita è dichiarata nulla o annullata in conseguenza di vizi degli atti della procedura di amministrazione straordinaria o del procedimento di vendita – si legge nella bozza – gli effetti della vendita restano fermi nei confronti dell’acquirente e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente».
Intanto si susseguono i nomi dei possibili acquirenti, dopo che qualche tempo fa il ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso aveva annunciato che erano in lizza cinque multinazionali per l’acquisto. Un nuovo nome è in corsa per il futuro dell’ex Ilva. E’ Steel Mont, il gruppo di Mumbai noto soprattutto nel comparto del trading, tra le realtà che hanno manifestato interesse a partecipare alla prossima gara di aggiudicazione dell’ex Ilva. Lo specifica sempre Il Sole 24 Ore, sottolineando come la compagnia indiana abbia anche un’attività di produzione con una capacità quantificabile nel 2024 in circa quattro milioni di tonnellate di acciaio.
Il gruppo indiano si aggiunge così a un elenco che comprende già i connazionali di Vulcan Green Steel, la cremonese Arvedi e l’ucraina Metinvest. Le ultime due sarebbero peraltro disponibili a procedere sia in autonomia, sia in sinergia tra loro, preparando entro la fine dell’anno un’offerta congiunta. Il ritmo produttivo intrapreso quest’anno da Acciaierie d’Italia indica in proiezione una produzione annuale molto bassa.
In particolare, essa si attesterebbe intorno a 1,3 milioni di tonnellate, una quota che rappresenta appena il 20% dei 6 milioni che consentirebbero all’intero sistema dell’ex Ilva di raggiungere l’equilibrio.
Intanto un passaggio fondamentale è già andato in scena: l’amministrazione straordinaria è stata estesa anche alla holding Acciaierie d’Italia. Ed è proprio a quest’ultima che fanno capo i contratti di affitto degli impianti, che rappresentano un asset fondamentale per sbloccare il prestito ponte del ministero dell’Economia e delle finanze, del valore di 320 milioni di euro. In questo senso, spetta ora ai tre commissari Giancarlo Quaranta, Giovanni Fiori e Davide Tabarelli presentare alla commissione un piano industriale potenzialmente giudicabile valido ai fini del rimborso dello stesso prestito ponte che va restituito per metà entro il 2028 e per l’altra metà entro il 2029, pena la trasformazione in aiuti di Stato.
Della somma indicata, un buon 70% servirebbe con una certa urgenza per realizzare il migliaio di interventi necessari nelle tre fabbriche e che poi ne serviranno almeno altri 600. A tal fine, si passerà per esempio attraverso un massiccio uso della cassa integrazione e politiche utili a salire con la produzione fino a salire, tra il 2026 e il 2027, a sei milioni di tonnellate.