L’Europa ha bisogno di minerali critici per le sue industrie strategiche, dalle rinnovabili alle tecnologie di rete, dall’elettrificazione al nucleare e l’Australia è un nuovo partner per la fornitura di materie prime estrattive. Bruxelles approva definitivamente il regolamento per sviluppare un’industria a emissioni zero, pilastro del Green deal.
Bruxelles e Canberra firmano un partenariato strategico sui minerali critici, centrali per il Green deal europeo. L’Europa cerca così una strada per rafforzare rapidamente la propria autonomia strategica in termini di approvvigionamento di materie prime critiche, fondamentali per completare la transizione energetica, digitale ed ecologica.
L’accordo raggiunto dall’Unione europea e l’Australia va verso questa direzione: un partenariato bilaterale per la cooperazione in materia di minerali critici e strategici sostenibili, firmato stamattina dal vicepresidente esecutivo e commissario per il Commercio, Valdis Dombrovskis, e dal commissario per il Mercato interno, Thierry Breton, con la ministra delle Risorse e del Nord dell’Australia, Madeleine King, e il ministro del Commercio e del turismo, Don Farrell.
L’accordo mira a consentire all’Ue di diversificare le sue forniture di materiali necessari per le transizioni verde e digitale, contribuendo nel contempo allo sviluppo del settore interno australiano dei minerali critici, su cui Canberra punta molto per migliorare il proprio export e confermare la leadership in alcuni mercati.
L’industria estrattiva australiana ha risposto alla crescente domanda di minerali critici con ulteriori esplorazioni. Le scorte nazionali sono aumentate di altri 13 minerali critici nel 2022: manganese (79%), elementi del gruppo del platino (45%), terre rare (34%), nichel (11%), cobalto (10%), rutilo (15%), zircone (12%), ilmenite (11%), vanadio (5%), grafite (6%), litio (5%), molibdeno (5%) e tantalio (5%).
L’accordo tra Australia e Ue copre l’intera catena del valore dei minerali critici e strategici: esplorazione, estrazione, trasformazione, raffinazione, riciclaggio e trattamento dei rifiuti di estrazione.
Il punto è che i fabbisogni di materie prime critiche sono in forte aumento per la produzione di motori elettrici, batterie, accumulatori, elettrolizzatori, turbine eoliche, chips, pannelli fotovoltaici, le tecnologie di rete, l’idrogeno, il nucleare, solo per citare i settori principali.
Nel 2023, il valore cumulato di importazioni ed esportazioni di materie prime tra l’Ue e il resto del mondo è stato di 165 miliardi di euro, per 358 milioni di tonnellate complessive, con l’import a 224 milioni di tonnellate, rappresenta il 62% del totale. Tra il 2013 e il 2023, il commercio dell’Ue di metalli e minerali è cresciuto del 30%, equivalente a una crescita media annua del 2,9%.
L’adozione definitiva del Regolamento europeo sull’industria a zero emissioni, il Net Zero Industry Act, consente al vecchio continente di rafforzare i propri obiettivi di decarbonizzazione, grazie al potenziamento dell’industria delle tecnologie pulite.
“L’Ue dispone ora di un contesto normativo che gli consente di espandere rapidamente la produzione di tecnologie pulite. La legge crea le migliori condizioni per quei settori che sono fondamentali per raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette entro il 2050. La domanda è in crescita a livello mondiale e siamo ora meglio attrezzati per aumentare l’offerta europea”, ha commentato la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
L’idea di Bruxelles è tentare la strada della leadership nel settore delle tecnologie pulite e dell’intelligenza artificiale (AI), con due obiettivi strategici: riuscire a produrne almeno il 40% in casa e raggiungere una quota del 15% della produzione mondiale.