Quello della Malesia è un caso molto particolare all’interno della variegata realtà delle economie emergenti. Una nazione che, dopo un periodo di forte instabilità politica, sembra aver trovato la strada per una ripresa immediata a cui parteciperanno anche le grandi potenze economiche e, soprattutto, i grandi nomi del settore tecnologico. Quali le prospettive per questa nuova protagonista del panorama internazionale? A rispondere è Gabriel Debach, market analyst di eToro.
Nell’effervescente panorama del Sud-est asiatico la Malesia sta riscoprendo un ruolo di primo piano: l’economia della nazione cresce del 4,2% anno su anno nel primo trimestre, battendo le previsioni. Contemporaneamente la banca centrale prevede una crescita del Pil tra il 4 e il 5% nel 2024. Come spiegare questa rinascita dopo un periodo di instabilità politica?
«La Malesia sta scrivendo una nuova pagina della sua storia economica. Con un incremento del PIL del 4,2% nel primo trimestre, che ha superato le aspettative, la nazione si sta distinguendo come fulcro di crescita nel vibrante Sud-est asiatico. Il cuore pulsante di tale espansione è il rafforzamento del consumo interno, una spinta propulsiva che, insieme alla vigorosa ripresa delle esportazioni, sta modellando il futuro economico del Paese. L’espansione del settore dei servizi e la solidità della produzione manifatturiera costituiscono due pilastri della crescita. Sorprendentemente, poi, anche l’agricoltura e l’edilizia hanno registrato performance migliori del previsto, contribuendo notevolmente all’incremento del PIL. Questo sviluppo è sostenuto anche da un aumento dei redditi, da bilanci aziendali solidi e da misure di stimolo governativo che continuano a iniettare fiducia e capitale nell’economia. Guardando al futuro, la Malesia può contare su un gigante come la Cina, suo principale partner commerciale, la cui ripresa economica promette di aprire ulteriori porte al settore manifatturiero del Paese. Questo non solo attirerà investimenti, ma potenzierà anche le esportazioni, in particolare di prodotti ad alta tecnologia come i circuiti integrati, che sono essenziali in un gran numero di settori, dalla telefonia mobile all’automotive. Non si può sottovalutare, infine, l’effetto catalizzatore del tasso di cambio: il ringgit, che ha toccato i minimi storici rispetto al dollaro USA e ha perso circa l’1% nei confronti dello yuan negli ultimi tre anni, ha reso i prodotti malesiani più competitivi sui mercati globali».
Di recente la Malesia ha annunciato l’adesione all’interno del gruppo dei BRICS. Quali potenzialità si potranno esprimere grazie a questa collaborazione?
«La Malesia è solo l’ultimo Paese del Sud-est asiatico a volersi unire ai BRICS, il gruppo economico che prende il nome dai Paesi fondatori (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Dopo il recente ingresso di Iran, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita ed Etiopia, e l’interesse espresso da oltre 40 altri Paesi, anche il Primo Ministro malese Anwar Ibrahim ha espresso la volontà di aderire, con l’obiettivo di diversificare le opzioni economiche e promuovere, in un’ottica neutrale, una maggiore indipendenza politica ed economica rispetto alle potenze occidentali. Questa collaborazione, oltre a incoraggiare la cooperazione con le economie emergenti affini agevolando lo sviluppo del commercio e degli investimenti, può riservare molteplici opportunità per il Paese, anche alla luce della crescita sperimentata dal gruppo, che l’anno scorso ha generato un PIL combinato pari a 25,8 trilioni di dollari (a fronte dei 46,8 trilioni di dollari dei Paesi sviluppati del G7), ossia un quarto del totale globale. L’adesione ai BRICS potrebbe inoltre contribuire significativamente all’espansione dei mercati di esportazione malesi e all’attrazione di maggiori investimenti esteri diretti. Inoltre, potrebbe ridurre la dipendenza del Paese dal dollaro statunitense, favorendo l’uso di valute locali e migliorando la stabilità finanziaria. Infine, la Malesia potrà beneficiare delle iniziative di cooperazione e sviluppo promosse dai BRICS, come progetti infrastrutturali, programmi di innovazione tecnologica e partnership nel settore energetico. La collaborazione con altre economie emergenti che affrontano sfide simili permetterà di condividere esperienze e soluzioni, favorendo infine la resilienza economica del Paese».
La ripresa dell’economia malese ha attirato l’attenzione di players e grandi multinazionali. Quali sono attualmente le opportunità di investimento?
«Crediamo che il mercato malese sia ben posizionato su diversi settori connessi allo sviluppo tecnologico-digitale. Un ambito particolarmente interessante nel Sud-est asiatico è costituito dall’industria manifatturiera, in particolare nel segmento E&E (elettrico ed elettronico). Si tratta di un settore già maturo grazie all’adozione di tecnologie innovative e avanzate, e che vede nella Malesia una destinazione privilegiata dagli investitori. Nel 2023, il settore manifatturiero locale ha attirato un totale di 152 miliardi di RM (ringgit malese) in investimenti approvati: l’industria E&E si è assicurata la parte del leone con ben 85,4 miliardi di RM. Al sesto posto a livello mondiale per le esportazioni di semiconduttori, la Malesia svolge un ruolo fondamentale nella catena di approvvigionamento globale del settore E&E. il Paese contribuisce al 7% del commercio globale di semiconduttori e al 13% delle attività di assemblaggio, test e confezionamento di chip a livello globale. Inoltre, sei delle dodici maggiori aziende di semiconduttori operano attualmente in Malesia, a dimostrazione dell’importanza strategica del Paese e della sua attrattiva come hub per i principali attori del settore».
Cina e Malesia rinnovano il patto economico di 5 anni che riguarda varie collaborazioni. Quali sono i settori maggiormente coinvolti in questa alleanza di grande impatto per la nazione del Sud-est asiatico?
«Lo scorso 19 giugno, durante la visita a porte chiuse del premier cinese Li Qiang per celebrare i 50 anni di legami diplomatici con la Malesia, le due potenze hanno firmato una serie di accordi e rinnovato il patto di cooperazione economica per altri cinque anni. Il nuovo patto, che durerà fino al 2028, mira a promuovere lo sviluppo economico e tecnologico nel Sud-est asiatico attraverso una collaborazione strategica e bilaterale su diversi settori strategici, che includono commercio e investimenti, agricoltura, manifattura, infrastrutture e servizi finanziari. Il Ministero del Commercio malese ha affermato che gli accordi siglati potrebbero attrarre un potenziale investimento di 13,2 miliardi di ringgit (circa 2,8 miliardi di dollari). Tra le aree più rilevanti si distinguono le proposte di collaborazione in settori ad alto valore aggiunto come petrolio e gas, energia, istruzione, agricoltura, settore automobilistico e utilities».
La Malesia punta sulla digital economy una voce che alla fine del prossimo anno potrebbe veicolare il 22% del PIL. Tanti i nomi coinvolti: Google, Microsoft ma anche ByteDance con la sua TikTok. Come spiegare questo interesse?
«L’economia digitale è uno dei settori del Paese in più rapida crescita, alimentata in primo luogo dagli sviluppi tecnologici che stanno trasformando il panorama globale. Il percorso di evoluzione digitale della Malesia abbraccia molteplici aree: dalla robotica all’intelligenza artificiale, all’internet delle cose, alla tecnologia cloud, alla blockchain e alla sicurezza informatica, con un’attenzione particolare ai data center su vasta scala. La nazione gode già da tempo di una posizione geografica vantaggiosa, che offre un accesso strategico a un mercato in rapida crescita, sostenuto da una popolazione giovane e tecnologicamente esperta, ma anche da abbondanti risorse naturali e da una forza lavoro qualificata. Accanto a ciò, bisogna considerare il contesto normativo del Paese, che sta contribuendo a generare un ambiente favorevole per le imprese digitali attraverso importanti incentivi fiscali pensati per attrarre investimenti nel settore. Un esempio è il Malaysia Digital Tax Incentive, che rappresenta un passo significativo per consolidare il Paese come hub digitale nel Sud-est asiatico e dovrebbe stimolare la crescita dell’economia digitale locale. Un altro elemento chiave è il sostegno all’innovazione e alla formazione. In questo senso, la Malaysia Digital Economy Corporation (MDEC) promuove lo sviluppo di competenze digitali e l’adozione di tecnologie emergenti. Naturalmente, tutti questi fattori non vanno considerati per compartimenti stagni, ma interagiscono fra loro e attirano l’interesse dei maggiori player del settore, da Google a ByteDance, che vedono nella Malesia non solo un mercato in crescita, ma anche un partner strategico per sviluppare e consolidare le loro operazioni nel settore digitale».
Allargando l’analisi al più ampio orizzonte del Sud-est asiatico si nota un crescente aumento degli investimenti da parte delle Big Tech nel settore dei data center. Quali sono i motivi che spingono i giganti della Silicon Valley a sfruttare questa zona del continente?
«Il Sud-est asiatico si sta rapidamente affermando come un epicentro per gli investimenti delle Big Tech nei data center, principalmente a causa dei costi operativi competitivi, inclusi quelli per terreni, energia e manodopera, che sono generalmente più bassi rispetto ad altre regioni. Questi vantaggi economici rendono la zona particolarmente attraente per le aziende che necessitano di spazi ampi e risorse considerevoli per gestire i loro impianti. Da Google a Microsoft, passando per Amazon e Nvidia, sono molte le Big Tech che stanno intensificando i loro investimenti, riconoscendo le opportunità uniche offerte dalla popolazione giovane e tecnologicamente preparata del Sud-est asiatico, che conta oltre 670 milioni di persone. Questa popolazione dinamica rappresenta un altro fattore chiave che attira gli investimenti, insieme a una crescente infrastruttura digitale che promette di inserire le industrie locali nella catena del valore globale. In aggiunta, lo sviluppo di infrastrutture come i data center è essenziale per abilitare applicazioni avanzate come il 5G, che stanno guidando ulteriori investimenti nella regione».
Il clima di collaborazione e innovazione, conclude Debach, evidenziato da iniziative come il Memorandum of Understanding tra Malesia e Singapore per lo sviluppo di una zona economica speciale, sta anche contribuendo a rendere il Sud-est asiatico un terreno fertile per investimenti tecnologici strategici e a lungo termine.