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Attualita'

Caso Stellantis, la crisi e il braccio di ferro con il governo

Maria Vincenza D'Egidio
23 Ottobre 2024
Caso Stellantis, la crisi e il braccio di ferro con il governo
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L’Ue e il boom di importazioni dalla Cina, le incognite sul futuro dell’automotive italiano

Quello di Stellantis è diventato un vero caso nel contesto della crisi dell’automotive globale. I problemi del produttore di auto italo francese in patria e oltreoceano sono cronaca quotidiana.

Stellantis non vende più auto elettriche in Italia perché costano troppo, queste le affermazioni dell’amministratore delegato Carlos Tavares, solo pochi giorni fa in Commissione Parlamentare.

Il Ceo è tornato a chiedere nuovi aiuti statali a fronte di una grande crisi, fotografata anche dall’ultimo rapporto Fim Cisl: 300 mila le auto prodotte in Italia, che arrivano a 500 mila con i 200 mila veicoli commerciali. Un meno 31,7% rispetto ai 751 mila veicoli prodotti nel 2023.

Cifre ben lontane dal milione di veicoli promessi da Stellantis, che avevano garantito 950 milioni di incentivi da parte del governo, cui si affiancano 45 giorni di stop alla produzione in 9 mesi, tanto da spingere i sindacati allo sciopero dell’automotive il 18 ottobre.

Sono 14 mila i posti lavoro persi nell’ultimo decennio, migliaia quelli a rischio oggi in caso di chiusura degli impianti italiani, ipotesi negata dallo stesso Tavares in commissione. L’Italia non può indebolire la propria produzione automobilistica, meno che meno in un momento in cui le auto elettriche cinesi, sostenute dal governo centrale, rischiano di invadere i mercati occidentali, chiamati a sostituire i propri parchi auto, a prezzi stracciati.

Ragione per cui a Bruxelles la commissione europea ha avuto il via libera, con un voto molto contrastato, per un ulteriore innalzamento del 35% dei dazi sulle auto cinesi.

Gli ultimi dati non fanno che rendere il tutto più preoccupante, con Stellantis che ha immatricolato a settembre in Europa Occidentale (Ue, Paesi Efta e Regno Unito) 148.306 auto, ben il 26% in meno dello stesso mese del 2023. La quota di mercato è scesa dal 17,2% al 13,3%.

In particolare, in Europa allargata, le consegne dagli stabilimenti di Stellantis sono diminuite di circa 100.000 unità (-17% a 496.000 unità) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, per il posticipo del lancio dei modelli basati sulla piattaforma Smart Car, inclusa la Citroen C3, che ha iniziato a essere consegnata alla rete in settembre. Da segnalare che le consegne consolidate di Maserati sono scese del 60% a 2.100 unità.

Nei primi nove mesi del 2024 il Gruppo ha venduto 1.550.43 auto, in calo del 6% sull’analogo periodo dell’anno scorso. La quota di mercato è pari al 15,9% contro il 17% di un anno fa.

Questo avviene dopo il crollo delle consegne nel terzo trimestre, il richiamo di 54mila suv crossover ibridi (Alfa Romeo Tonale e Dodge Hornet) a livello mondiale per un problema con il pedale del freno, ma anche l’abbassamento dell’outlook a negativo da parte di Moody’s e soprattutto il richiamo a rispettare gli impegni su piano industriale e investimenti da parte del Governo (dopo il voto di una mozione della maggioranza alla Camera) e della Casa Bianca, intervenuta nel confronto tra azienda e sindacato.

In Nord America le cose per Stellantis non vanno meglio, con le consegne diminuite di circa 170.000 unità (-36% a 299.000 unità), di cui oltre 100.000 unità relative ai già annunciati tagli alla produzione con l’intento di ridurre lo stock presso la rete.

Ad incidere è, inoltre, la contrazione del portafoglio prodotti per la transizione verso le nuove offerte multi-energy con una nuova generazione di prodotti in fase di lancio, iniziando nell’ultima parte del 2024 con la Dodge Charger Daytona e la Jeep Wagoneer S. Comunque, le vendite ai clienti finali negli Stati Uniti hanno supportato la crescita della quota di mercato mese su mese nel terzo trimestre dal 7,2% in luglio al 7,9% in agosto e all’8,0% in settembre, mentre le scorte si sono ridotte di 50.000 unità (-11,6%) rispetto alla fine dello scorso trimestre.

Mentre nel “Terzo Motore” di Stellantis (l’aggregazione dei segmenti Sud America, Medio Oriente e Africa e Cina e India e Asia Pacifico), le consegne sono rimaste complessivamente invariate, poiché la crescita in Sud America ha compensato i cali in Medio Oriente Africa, Cina e India Asia Pacifico. In particolare, sono cresciute del 14% in Sud America a 259.000 unità, sono calate del 30% in Cina, India e Asia Pacifico a 14.000 unità e sono diminuite del 26% in Medio Oriente e Africa a 78.000 unità.

Non solo Roma chiede impegni a Stellantis. Anche la Casa Bianca vuole vedere il gruppo guidato dal Ceo Tavares rispettare gli impegni con l’Uaw (il sindacato Usa del settore automotive) e le comunità locali. Lo ha riferito il portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre rispondendo nel briefing con i reporter ad una domanda sugli impegni della casa automobilistica in fatto di investimenti (1,7 miliardi di dollari) negli stabilimenti Usa e per nuovi prodotti. Il presidente Biden era già intervenuto durante il lungo sciopero Uaw dell’autunno 2023 contro le Big Three per i rinnovi contrattuali, chiedendo “aumenti significativi”.

Tornando all’Italia, il governo punta a «chiudere entro quest’anno il tavolo Stellantis, che già coinvolge tutte le parti sociali produttive e sindacali e le Regioni, con una seduta conclusiva a Palazzo Chigi, in cui l’azienda deve impegnarsi «in maniera formale a un piano industriale focalizzato sulla produzione e l’occupazione in Italia, perseguendo gli obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale concordati nel tavolo». Aveva affermato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che alla Camera ha dato parere favorevole alla mozione di maggioranza su Stellantis e aperto su diversi dei 21 impegni unitari delle opposizioni, proponendo diverse riformulazioni.

Una di queste prevede di concludere entro dicembre i lavori del tavolo Stellantis.

La mozione della maggioranza su Stellantis e sull’automotive, impegna il governo ad avanzare una proposta in sede europea per rivedere da subito il percorso del Green Deal europeo.

La società automobilistica italo francese ha un conto aperto con il governo da anni, l’ultimo scontro si è tenuto dopo l’audizione dell’Ad Tavares nelle commissioni riunite Attività produttive della Camera e Industria del Senato, dove è stato invitato a spiegare proprio come l’azienda da lui guidata, intende invertire il declino industriale dell’auto nel Paese. Un declino che si inserisce nella crisi internazionale dell’automotive, all’interno della quale, Stellantis fa la prestazione peggiore di tutte le case europee.

La tensione, come era immaginabile tra i parlamentari era evidente, con l’Ad di Stellantis che ha chiesto ancora aiuti e, anche se ha scongiurato chiusure e abbandoni degli stabilimenti italiani ha anche messo sul piatto nuove sospensioni delle attività produttive per alcuni impianti italiani. Gli stabilimenti interessati sono Pomigliano D’Arco, Termoli e Pratola Serra.

L’audizione del Ceo di Stellantis, Carlos Tavares, ha contribuito ad infiammare ancora di più la situazione. Il numero uno del produttore italo francese ha posto l’accento sulla crisi europea del settore, sulle difficoltà e sui costi della transizione.

Produrre auto elettriche costa il 40% in più rispetto alle endotermiche, un divario che secondo Tavares deve essere colmato per rendere le vetture a batterie europee competitive rispetto alle concorrenti cinesi. Altrimenti, secondo il ceo di Stellantis, gli attori delle diverse filiere che intervengono nel ciclo di vita di una vettura non potranno assorbire i costi aggiuntivi, che ricadono inevitabilmente sui consumatori.

Per questa ragione, Tavares ha chiesto al Governo di stimolare la domanda attraverso incentivi e sussidi per raggiungere l’obiettivo di produrre 1 milione di veicoli all’anno.

È interessante notare che nel corso dell’audizione spesso Tavares ha ripetuto il termine “servire”, in riferimento alla mission del gruppo. Una relazione che lasciato insoddisfatta la maggior parte dei rappresentanti delle opposizioni, che hanno chiesto chiarezza sulla produzione futura del gruppo Stellantis in Italia.

Jean-Philippe Imparato, nuovo Chief Operating Officer in Europa, nel corso del Salone di Parigi ha detto che Stellantis è pronta a ridurre la produzione di auto con motori a combustione interna il prossimo anno per rispettare gli obiettivi UE sulle emissioni per il 2025, piuttosto che pagare multe.

Il tema di questi ultimi incontri è l’elettrico e la mancanza di ordini per i veicoli elettrificati.

La crisi del settore, il braccio di ferro con l’Europa sulle emissioni auto, l’aumento delle importazioni dalla Cina avranno un impatto importante sull’industria italiana.

Sono molte le incognite che incombono sul futuro dell’automotive italiano. La crisi del settore, il braccio di ferro con l’Europa sulle emissioni auto, l’aumento delle importazioni dalla Cina avranno un impatto importante sull’industria italiana.

Sull’auto, il piano generale del governo italiano prevede la proroga della data dello stop alle autoendotermiche, previsto per il 2035. Tuttavia, il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha sottolineato che al momento l’Italia chiede all’Ue solamente di anticipare dal 2026 al 2025 il termine per la verifica sull’accordo sulle nuove norme sulle emissioni delle vetture europee.

Gli industriali appoggiano in pieno la linea del governo sulla revisione di tempi e modi della transizione nel settore auto. La conferma è arrivata ieri nel corso dell’assemblea di Assolombarda per bocca del numero 1 di Confindustria, Emanuele Orsini.

Il ruolo della Cina è fondamentale nei rapporti commerciali in Europa, terreno in cui si gioca un’altra partita importantissima. Il settore automobilistico cinese sarà un caso di sopravvivenza del più forte nei prossimi 12-24 mesi.

La pressione sui margini rimane alta per i produttori di auto a causa della guerra dei prezzi e dell’aumento delle vendite di veicoli elettrici. Questo è quanto emerge dal rapporto pubblicato oggi da S&P Global Ratings, intitolato China Auto: Survival Of The Fittest.

L’agenzia di rating prevede che le vendite nazionali di veicoli leggeri cresceranno dello 0-3% all’anno nel 2025-2026, rispetto allo 0-2% del 2024.

Il paradosso è che proprio mentre l’Ue si prepara ad infliggere pesanti tariffe d’importazione sui veicoli elettrici cinesi che hanno beneficiato di sovvenzioni sleali, le importazioni di auto dal Paese asiatico fanno registrare un nuovo record. Infatti, a settembre Pechino ha spedito nell’Unione Europea 60.517 vetture elettriche, il secondo numero più alto in assoluto, dopo il record di ottobre 2023 di 67.455 EV.

Dati che portano a riflettere riguardo l’imposizione di dazi alla Cina. Alcuni Stati membri, come Germania e Spagna, hanno recentemente espresso la loro opposizione alle tariffe, temendo una guerra commerciale totale con Pechino. Gli effetti potrebbero vedersi su diversi prodotti, dalle auto alla carne di maiale, passando per latticini e brandy. Dello stesso avviso è anche Tavares.

Attualmente Bruxelles e Pechino stanno negoziando una potenziale soluzione alternativa alle tariffe, ma se non raggiungeranno un accordo, i dazi entreranno in vigore alla fine di ottobre. Un dato da non sottovalutare è che si calcola che in Cina ci sia un eccesso di capacità pari a oltre 20 milioni di veicoli, superiore alla totalità del mercato europeo.

FOTO: Shutterstock
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