«Il 2024 si sta rivelando un anno eccezionale per i mercati finanziari, con l’S&P 500 che ha registrato 47 nuovi massimi storici da inizio anno e un rendimento superiore al 20%. Se questa performance si mantenesse fino alla fine dell’anno, sarebbe la prima volta dal biennio 1997/98 che l’indice chiude con due anni consecutivi di guadagni superiori al 20%. Questo segnerebbe un risultato storico anche in termini di continuità del rally. Inoltre, ad oggi, l’S&P 500 si colloca sulla buona strada per realizzare la migliore performance del secolo, superando ogni altro anno dal 1999 in avanti». Questo il commento di Gabriel Debach, market analyst di eToro secondo cui il settore che sta trainando la performance del listino Usa è quello delle utilities, con un impressionante +30% nel 2024.
«Tra le 31 aziende del settore, solo AES Corporation ha registrato un rendimento negativo da inizio anno, con un calo dell’8,76%. Al contrario, Vistra ha mostrato un rialzo straordinario del 234%, superando persino le performance di Nvidia +184% e guidando i guadagni nell’intero indice. Ad oggi, delle prime 10 aziende con le migliori performance da inizio anno nello S&P 500, ben tre appartengono al settore delle utilities: Vistra, Constellation Energy e GE Vernova», ha sottolineato l’esperto.
Le utilities sono tradizionalmente considerate un settore difensivo, offrendo rendimenti stabili con una volatilità contenuta rispetto ai comparti più ciclici, come tecnologia o consumi discrezionali. Questo approccio si riflette, dati dal 2001 al 2023, in una mediana dei rendimenti pari all’8,5% e una deviazione standard del 16%. La media, tuttavia, si attesta a un più modesto 4,1%, inferiore alla mediana, suggerendo che alcuni anni di performance negative significative hanno abbassato il rendimento medio complessivo. La concentrazione dei rendimenti vicino alla mediana evidenzia però come le utilities abbiano generato risultati positivi nella maggior parte degli anni, pur essendo soggette occasionalmente a cali importanti.
«Questo comportamento è tipico dei settori difensivi, che tendono a performare bene in periodi di incertezza, ma raramente eguagliano i guadagni esplosivi dei comparti ciclici. In termini comparativi, la volatilità delle utilities, con una deviazione standard del 16%, è inferiore a quella di settori come le comunicazioni (33%) e i consumi discrezionali (22%), ma leggermente superiore rispetto a beni di consumo primario (12%) e sanitario (13%). Questa stabilità rende il settore attraente per chi cerca protezione, pur mantenendo un margine di crescita. Dunque, sebbene le utilities non siano il settore meno rischioso, offrono una volatilità moderata rispetto a settori ad alto beta, come tecnologia (XLK) e comunicazioni (XLC), garantendo così un compromesso tra rischio e rendimento», continua Debach.
Nel 2024 il settore delle utilities ha guidato i rialzi in 23 occasioni, un risultato significativo ma ben inferiore alle 46 giornate positive registrate dal settore tecnologico, che continua a dominare i mercati. Tuttavia, le utilities sono state anche protagoniste dei ribassi, guidando le perdite in 25 sedute, mentre la tecnologia ha chiuso in negativo 40 volte durante l’anno. «L’aspetto interessante è che l’attuale interesse per le utilities non sembra derivare direttamente dalla transizione energetica, come inizialmente previsto. Il 2024 ha infatti visto uno scenario energetico inaspettato: l’uranio si è affermato come una sorpresa positiva, mentre il petrolio ha mantenuto una certa stabilità, e le rinnovabili hanno faticato a sostenere lo slancio iniziale. Questo ha spostato l’attenzione degli investitori verso settori come le utilities e le infrastrutture, considerati baluardi di stabilità e crescita in un contesto di mercato incerto. Nel 2024 molti hedge fund hanno assunto posizioni ribassiste contro i settori legati alle energie rinnovabili, nonostante gli incentivi climatici e le politiche a supporto della transizione energetica. Questo scetticismo nasce principalmente da due fattori: l’attuale contesto di tassi d’interesse elevati, che rende più costoso finanziare nuovi progetti, e la forte dipendenza della supply chain dalla Cina, già aggravata dalle tensioni commerciali globali».
Come ha sottolineato Claudio Descalzi, CEO di Eni, commentando i primi sei mesi del 2024, “la transizione energetica è irreversibile, ma sarà sostenibile solo se consentirà rendimenti che attraggano capitale privato”. Questa dichiarazione, spiega l’analista, evidenzia la sfida chiave per le rinnovabili: senza profitti competitivi, diventa difficile attrarre gli investimenti necessari per accelerare la transizione. «Un esempio concreto delle difficoltà del settore è l’ETF TAN (-23% da inizio anno), che rappresenta il comparto solare. Questo ETF ha subito pressioni significative a causa della dipendenza dalle forniture cinesi e dei dazi commerciali, riducendo la competitività del solare e spingendo molti hedge fund a posizionarsi con vendite allo scoperto. Tuttavia, non tutti gli operatori nel settore solare hanno sofferto allo stesso modo. First Solar, grazie a una catena del valore interamente localizzata negli Stati Uniti, ha registrato un guadagno del 22% nel 2024, dimostrando che la gestione strategica della supply chain può fare la differenza anche in un contesto difficile. Nel frattempo gli hedge fund hanno intensificato le loro scommesse al ribasso su settori chiave della transizione energetica, come il solare e la mobilità elettrica, segnalando scarsa fiducia nella velocità della transizione verso un futuro più sostenibile. L’Invesco Solar ETF (TAN) ha perso quasi il 25% da inizio anno, mentre il KraneShares Electric Vehicles ETF (KARS) è sceso del 11%, evidenziando un sentiment negativo degli investitori verso queste industrie emergenti. Le difficoltà legate ai tassi di interesse elevati, alla guerra dei prezzi e alle interruzioni nella supply chain, in particolare per componenti provenienti dalla Cina, hanno reso meno attraenti questi investimenti. Anche il comparto eolico ha faticato, con l’ETF FAN che ha registrato un modesto +4,95% YTD, ben lontano dalle aspettative iniziali. Tuttavia, un’energia in controtendenza nel 2024 è stata il nucleare, con il Global X Uranium ETF (URA) che ha guadagnato oltre il 16%. L’uranio ha catturato l’attenzione degli investitori grazie alla necessità di fonti energetiche stabili e a basse emissioni, sostenuto dagli sforzi di Europa e Asia per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Nel frattempo, l’iShares Global Energy ETF (IXC), che traccia le principali compagnie petrolifere e del gas, ha segnato un +6,8%, confermando il ruolo strategico ma non dominante del petrolio nel contesto energetico odierno. Nonostante i conflitti geopolitici e le esigenze energetiche a breve termine, il prezzo del WTI Crude Oil è rimasto praticamente invariato, con un modesto -6% YTD, indicando che il petrolio non è stato il principale driver della performance del mercato quest’anno».
Il 2024 non riguarda solo la performance degli asset, ma anche i flussi cumulati degli ETF, che offrono una visione chiara dell’orientamento degli investitori. Solo due settori hanno registrato afflussi netti positivi: utilities (JXI) con 21,63 milioni di dollari e uranio (URA) con ben 903,72 milioni di dollari raccolti da inizio anno. Questo trend riflette l’interesse crescente per asset che garantiscono stabilità e sicurezza, con un focus particolare sul nucleare, considerato sempre più una soluzione energetica affidabile e priva di emissioni. Al contrario, i settori legati alle rinnovabili e alla mobilità elettrica stanno perdendo attrattiva, con ETF come TAN (-261,97 milioni), KARS (-34,34 milioni) e FAN (-36,04 milioni) che mostrano deflussi consistenti. Anche il settore energetico tradizionale sta subendo un ridimensionamento significativo, con il IXC che ha registrato deflussi di 981,98 milioni di dollari.
Il messaggio è chiaro: “il capitale si sta muovendo verso la stabilità, con utilities e nucleare in prima linea. La transizione energetica, per quanto inevitabile, non ha ancora convinto gli investitori, frenata da fattori come tassi di interesse elevati, politiche protezionistiche e supply chain complesse legate soprattutto alla Cina. Finché queste incertezze persisteranno, i capitali continueranno a evitare le rinnovabili e la mobilità elettrica, favorendo investimenti più consolidati e meno rischiosi“.