Si sta facendo strada anche in Europa, persino in Italia che nel mondo del lavoro esiste una crescente consapevolezza dell’importanza di supportare i dipendenti nella loro vita familiare.
In particolare, le aziende più innovative stanno introducendo politiche e benefit pensati per agevolare la genitorialità, offrendo supporto concreto nella cura dei figli, nell’istruzione e attraverso permessi retribuiti.
Queste iniziative non solo migliorano il benessere dei lavoratori, ma si rivelano anche vantaggiose per l’azienda, contribuendo ad aumentare la produttività, la lealtà e la soddisfazione del personale.
Welfare aziendale: dal supporto per istruzione e cura dei figli ai permessi retribuiti per la genitorialità
Il welfare aziendale a supporto dei genitori si focalizza su iniziative e agevolazioni progettate per aiutare i dipendenti a conciliare gli impegni lavorativi con le responsabilità familiari, soprattutto quelle legate al ruolo genitoriale.
Uno dei principali ambiti in cui le aziende stanno intervenendo per aiutare le famiglie riguarda l’istruzione e la cura dei figli.
Alcuni esempi di questo tipo di supporto includono:
- rimborso delle spese scolastiche
Alcune aziende offrono ai dipendenti un rimborso parziale o totale delle spese scolastiche per i figli, che possono includere le rette scolastiche, i libri di testo, e persino le spese per le attività extrascolastiche. Questo benefit allevia significativamente il peso economico delle famiglie, consentendo ai genitori di garantire ai propri figli un’educazione di qualità.
- Contributi per asili nido e servizi di babysitting
Molte aziende forniscono supporto economico per l’iscrizione ai nidi o per il servizio di babysitting. Alcune offrono addirittura asili nido aziendali, facilitando la gestione quotidiana dei figli piccoli. Questo tipo di servizio è particolarmente apprezzato dalle famiglie in cui entrambi i genitori lavorano, in quanto permette loro di conciliare meglio gli impegni professionali con quelli familiari.
- Borse di studio aziendali
In alcuni casi, le aziende mettono a disposizione borse di studio per i figli dei dipendenti, destinati a studenti meritevoli che intendono proseguire gli studi universitari. Questo tipo di supporto non solo valorizza l’istruzione, ma rafforza anche il legame tra l’azienda e la famiglia del dipendente.
Queste iniziative possono migliorare il benessere dei dipendenti che sono già genitori o che stanno per diventarlo, aumentando così la soddisfazione sul lavoro e favorendo un clima aziendale più positivo e costruttivo.
Un altro aspetto cruciale del supporto aziendale riguarda i permessi retribuiti, che permettono ai genitori di affrontare con maggiore serenità le esigenze familiari senza dover rinunciare al proprio stipendio.
Le politiche di permessi retribuiti più efficaci includono:
- congedo parentale esteso
Alcune aziende hanno esteso il congedo parentale oltre i limiti imposti dalla legge, offrendo ai neo-genitori più tempo per stare con il proprio bambino nei primi mesi di vita. Questo beneficio è spesso esteso sia alle madri che ai padri, promuovendo un’equilibrata suddivisione delle responsabilità familiari.
- Permessi per emergenze familiari
Molte aziende permettono ai dipendenti di prendere giorni di permesso retribuito per affrontare emergenze familiari, come la malattia di un figlio. Questa flessibilità è fondamentale per i genitori, che possono prendersi cura dei propri figli senza il timore di perdere parte del proprio reddito.
- Giornate di permesso per la cura dei figli
Alcune aziende offrono giornate di permesso retribuito dedicate specificamente alla cura dei figli, consentendo ai genitori di dedicare del tempo alla loro crescita e benessere, senza dover ricorrere alle ferie o ai permessi non retribuiti.
Un welfare aziendale orientato al sostegno della genitorialità è un elemento cruciale per attrarre e fidelizzare talenti in un mercato del lavoro competitivo, rappresentando un investimento strategico per le aziende.
Questi benefit non solo aiutano i dipendenti a conciliare lavoro e vita privata, ma rafforzano anche l’immagine dell’azienda come datore di lavoro attento e responsabile.
Il caso Roberto Ciceri. Chi è l’imprenditore che “adotta” i figli dei suoi dipendenti fino all’Università
Il presidente e amministratore delegato del Gruppo Beta di Sovico, in Brianza, Roberto Ciceri ha appena attivato una serie di interventi di rafforzamento del welfare aziendale.
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La storica impresa con 100 anni di attività, oggi leader in Europa nella produzione di utensili e attrezzature da lavoro per i settori della meccanica, della manutenzione industriale e dell’autoriparazione, sta realizzando un vero e proprio progetto di supporto alle famiglie e alla genitorialità per i suoi dipendenti.
Si tratta di un contributo fino a 8mila euro lordi, spalmati su due anni, per ogni bambino messo al mondo o adottato. E poi una settimana di permessi retribuiti per l’inserimento dei figli al nido, oltre a un giorno di permesso per accompagnarli il primo giorno di materna e di elementari.
E ancora, la possibilità di smart working al 100% per le donne incinte dal settimo mese in avanti. In uno scenario italiano ancora molto poco attento ad aiutare madri e padri a conciliare vita privata e lavoro, un esempio di buone pratiche arriva dalla Brianza.
Queste nuove iniziative si aggiungono ai già numerosi benefici che il Gruppo Beta offre ai dipendenti da anni. Dal 2009, infatti, l’azienda copre il costo dei libri di testo per gli studenti delle scuole secondarie inferiori e superiori e fornisce un contributo di 500 euro per l’acquisto dei testi universitari. Inoltre, ogni anno vengono assegnati premi al merito sia scolastico che universitario.
«Sono diventato nonno un anno e mezzo fa e quindi sono tornato a vedere da vicino tutte le incombenze economiche e logistiche che ti capita di dover affrontare quando diventi padre o madre, e non sono certo poche», racconta il presidente e amministratore delegato del Gruppo Beta, Roberto Ciceri.
«Da lì mi sono trovato a riflettere sul problema della natalità, che è legato anche a queste difficoltà nel mondo del lavoro, che non agevola chi vuole diventare genitore. Ho pensato perciò a come potevamo intervenire, così ai miei collaboratori più stretti ho detto: stiamo andando bene, facciamo profitto anche in un momento in cui il mercato è in sofferenza, perché non aggiungere questo capitolo di impegno sul fronte welfare? Così è stato».
«Del resto, se non lo facciamo noi come azienda, nella nostra posizione, chi lo può fare? E poi io quando vedo altri che fanno cose che avremmo potuto pensare anche noi li trovo di ispirazione a far meglio: se con queste iniziative saremo anche un minimo di stimolo a qualche collega imprenditore, ben venga. Era arrivato il momento di dare un contributo su questo problema».
Al momento il presidente di Beta, Roberto Ciceri non pone un budget massimo per le misure messe in campo nella sua azienda, stima un impegno economico iniziale sulla base del trend di nascite tra i dipendenti, con l’augurio di una capienza illimitata: «Se scoprissi che questa cosa ha incoraggiato qualcuno a fare un figlio ne sarò particolarmente felice».
Il contributo per i neonati riguarda sia la nascita sia il primo anno di vita, l’aiuto serve sia a coprire le prime spese immediate dopo la nascita, sia a pagare il primo anno di asilo nido. Inoltre, considerati i tempi di inserimento al nido, l’azienda concede una settimana sia ai papà sia alle mamme per accompagnare il bambino.
Il piano di welfare del Gruppo Beta rappresenta un esempio virtuoso di come le aziende possano intervenire in maniera efficace per sostenere i propri dipendenti, migliorando la loro qualità della vita e incentivando una maggiore serenità nell’affrontare il delicato equilibrio tra lavoro e famiglia. Un’iniziativa che potrebbe fare scuola anche in altre realtà in Italia, dove ancora questo tipo di realtà è lontana dall’essere consolidata nè tanto meno comune.
La situazione negli Usa
Dove invece gli esempi, soprattutto illustri non mancano sono gli Stati Uniti, aziende importanti e magnati filantropi del calibro di Warren Buffet, Bill Gates, Jeff Bezos e molti altri si fanno carico, soprattutto delle spese per gli studi universitari dei figli dei propri dipendenti, destinando fondi mirati, per far fronte al fenomeno dell’indebitamento dei prestiti studenteschi. Permettendo così anche a fasce meno agiate di frequentare le Università americane, a volte le più prestigiose.
Il caso Walmart: paga il debito studentesco dei propri dipendenti
Certo, si tratta pur sempre di un colosso dei supermercati che fattura ogni anno 500 miliardi di dollari: eppure non è scontato che una grande azienda come Walmart abbia così a cuore le competenze, la preparazione e il benessere dei propri dipendenti, tanto da decidere di finanziarne gli studi universitari.
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Negli Stati Uniti, il prestito studentesco, infatti, grava sulle spalle dei lavoratori. Ed ecco che Walmart ha ben pensato ad una formula di welfare aziendale che, da un lato aiuti i lavoratori ad estinguere tale debito con i college e a crescere professionalmente, dall’altra contribuisca a valorizzarne il talento e la fedeltà ai valori dell’impresa incentivando le persone a completare il proprio percorso di studi a vantaggio di tutti, compreso del fatturato dell’azienda.
Per comprendere la portata dell’investimento in istruzione messo in atto, è bene ricordare che solo negli Stati Uniti, Walmart ha 1,4 milioni di dipendenti e si stima che saranno ben 68.000, da qui ai prossimi 5 anni, a chiedere di essere inseriti nel programma per accedere al sostegno economico previsto.
In Italia alcune realtà imprenditoriali, incluse quelle di medie e piccole dimensioni, iniziano a mettere in atto iniziative e benefit a vantaggio dei lavoratori. Il loro merito è aver compreso che più i dipendenti sono felici e sereni, più lavorano meglio, più l’azienda sarà produttiva e con un’ottima brand image da comunicare all’esterno.
Usa: debito studentesco, i millennial non fanno figli. Questione prioritaria per gli americani
Nel giugno 2024 il debito studentesco statunitense ha raggiunto circa 1,7 trilioni di dollari, un aumento del 42% in dieci anni. Un quarto degli adulti sotto i 40 anni è indebitato, rispetto solo al 4% degli over 50. Il debito medio per i titolari di un Bachelor è di circa 25.000 dollari, ma per un laureato su quattro supera i 100.000 dollari al livello del Master. Dati e calcoli secondo il Pew Research Center.
La crisi del debito studentesco negli Stati Uniti è in crescita, con circa 43 milioni di americani colpiti . L’aumento generale dei costi di iscrizione ha spinto gli studenti a prendere in prestito sempre di più, portando il debito totale a livelli record.
Questo problema, lungi dall’essere marginale, è presente in tutti i dibattiti economici e politici, in particolare nel periodo che precede le elezioni del 2024. Oltre il 60% degli americani considera questa questione una priorità e la maggioranza sostiene misure per la cancellazione del debito studentesco .
L’amministrazione Biden ha tentato di alleggerire l’onere del debito attraverso il programma Saving on a Valuable Education (SAVE), lanciato nel settembre 2023. Questo piano mirava a rendere i rimborsi più accessibili e a consentire la remissione parziale del debito a determinati termini.

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Tuttavia, nell’agosto 2024, una corte d’appello ha bloccato l’iniziativa , sollevando questioni costituzionali sull’autorità dell’esecutivo di agire senza l’approvazione del Congresso. Questo blocco riflette le difficoltà che i democratici devono affrontare nel mantenere le promesse elettorali, mentre la questione del debito studentesco rimane cruciale.
L’Università, un lusso inaccessibile per una parte crescente della gioventù americana
Il debito studentesco ha importanti ripercussioni economiche , in quanto limita la capacità dei giovani di consumare e investire. Molti laureati spendono una parte significativa del proprio reddito nel rimborso dei prestiti, ostacolando di fatto la crescita economica e la mobilità sociale. In un contesto di crescita moderata e inflazione elevata, il potere d’acquisto diventa centrale per gli elettori americani, che vedono l’università trasformarsi in un lusso inaccessibile.
Nel 2023, un giovane laureato su tre riteneva che il costo della laurea non ne giustificasse i benefici, il che potrebbe spiegare la crescente disaffezione tra i giovani americani per l’università. Inoltre, il tasso di abbandono durante i primi due anni di studio non fa che aumentare, in particolare per le persone a basso reddito e per le minoranze etniche.
Questa situazione genera nuove incertezze finanziarie per le università, in particolare per le più piccole, che già devono far fronte al calo delle iscrizioni post-Covid-19, all’inflazione e all’aumento dei costi operativi.
Secondo un rapporto Deloitte del 2023 , molte istituzioni stanno cercando di diversificare i propri flussi di entrate attraverso partenariati con il settore privato e programmi online. Questa trasformazione mira a ridurre la loro dipendenza dalle tasse universitarie, sollevando però dilemmi etici sulla loro autonomia finanziaria.
Per far fronte alle pressioni di bilancio, la maggior parte delle università allenta i criteri di ammissione, diventando meno selettive. Secondo il think tank neoliberista American Enterprise Institute , il tasso di accettazione ha raggiunto il 66% nel 2023, rispetto al 57% nel 2021. Allo stesso tempo, circa 1.900 università hanno abbandonato i test SAT/ACT standardizzati , facilitando così l’accesso all’istruzione superiore.
Tuttavia, questa apertura non migliora le possibilità di ammissione dei gruppi etnici minoritari, in particolare i neri americani e i latini, che soffrono anche di livelli di debito più elevati. Gli studenti neri americani, ad esempio, prendono in prestito in media 33.960 dollari, l’importo più alto tra i diversi gruppi etnici.
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Circa due terzi dei laureati intorno ai trent’anni hanno chiesto un prestito per la loro istruzione, e i millennial statunitensi hanno un debito medio di oltre 40.000 dollari. Gli studenti provenienti da famiglie di colore e latinoamericane hanno ancora più probabilità di contrarre prestiti per l’università, a causa della storica disparità economica legata alla razza.
L’onere del debito si ripercuote naturalmente sulle loro spese, come i pasti, i viaggi e i beni di consumo. Le scadenze costringono a rimandare anche gli acquisti più importanti, come quello della prima casa.
Questi prestiti studenteschi stanno realmente mettendo in difficoltà la vita delle persone, ostacolando la loro capacità di sposarsi o diventare genitori.
I millennial aspettano più a lungo per avere figli, un fatto che viene spesso inquadrato come una scelta. Molti giovani in realtà, gravati da questi debiti, non ritengono che i figli siano un’opzione per loro, almeno fino a quando questi siano estinti, dal momento che sottrarrebbero il denaro necessario alle spese per la cura dei figli.
Sono mutui che fanno sentire precari e incapaci di pianificare il futuro, anche chi ha un reddito superiore alla media.
Secondo l’Associazione americana delle donne universitarie, sono proprio le donne a detenere circa i due terzi del debito studentesco. Uno studio del 2015 stima che le donne con un debito di 60.000 dollari, hanno il 42% di probabilità in meno di avere figli rispetto alle coetanee non indebitate.
L’esitazione di chi ha un ‘mutuo studentesco’ a formare una famiglia, sta contribuendo al crollo delle nascite negli Stati Uniti, dove il tasso di fertilità ha raggiunto il livello più basso in mezzo secolo.
Il calo delle nascite può causare l’invecchiamento della popolazione, la riduzione della forza lavoro e della base imponibile e il rischio di non finanziare le pensioni.
L’onere del debito studentesco non sta solo quindi infrangendo i sogni di alcuni genitori speranzosi, ma rappresenta un vero e proprio shock macroeconomico che potrebbe essere avvertito per generazioni, da qui in avanti.
Ruolo delle aziende: sgravi per prestiti agli studenti
Il piano di condono di Biden aiuterebbe certamente molte persone a sentirsi più tranquille nel portare avanti i loro progetti familiari: secondo la Federal Reserve Bank di St. Louis, circa due terzi dei millennial più ‘anziani’ hanno un debito studentesco di 20.000 dollari.
Avere figli negli Stati Uniti è estremamente costoso, e il reddito disponibile, grazie alla cancellazione del debito, può essere reindirizzato verso investimenti nella generazione futura. Per chi ha un debito elevato però questo potrebbe non essere sufficiente a fare la differenza.
Il condono dei prestiti agli studenti e l’ampliamento del credito d’imposta per i figli sono un sostegno incredibilmente gradito e necessario per le persone che cercano di creare una famiglia sempre che restino in vigore.
Le aziende sono consapevoli del desiderio dei lavoratori di avere una famiglia e le imprese tecnologiche hanno iniziato a offrire benefit per il congelamento degli ovuli nel 2014 e oggi, secondo un’indagine sui piani sanitari dei datori di lavoro condotta dalla società di consulenza gestionale Mercer, il 54% delle grandi aziende copre la fecondazione in vitro.
Ma coprire i costi dell’assistenza all’infanzia, che vanno dai 5.436 dollari all’anno nel Mississippi ai 24.243 dollari di Washington, non è altrettanto comune. Una rara eccezione è rappresentata dall’azienda di abbigliamento Patagonia, che fornisce assistenza all’infanzia presso la propria sede centrale dal 1983.
Altre aziende hanno iniziato a prendere a cuore la questione dei prestiti studenteschi dei propri dipendenti. Nel 2020 Google ha annunciato un sussidio annuale di 2.500 dollari per il rimborso dei prestiti; PwC offre fino a 10.000 dollari di assistenza. Tali benefit aiutano le aziende ad attrarre talenti.
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Un sondaggio Mercer condotto nel 2022 su oltre 4.000 lavoratori ha rilevato che l’integrazione da parte del datore di lavoro per il pagamento del debito studentesco è il secondo vantaggio più richiesto che vorrebbero gli venisse offerto dall’azienda, dopo un aumento dell’integrazione per la pensione. Per i lavoratori di età inferiore ai 45 anni, si tratta della scelta più importante.