Donald Trump non ha perso tempo. Tanta era la smania di tornare alla Casa Bianca che ha già formato la sua squadra, nominando membri del gabinetto e consiglieri chiave dove ha piazzato quelli che considera suoi fedelissimi. Non serve aspettare il 20 gennaio, Trump ha le idee chiare ed ha già svelato le sue carte. Ci può stare, anzi diciamola tutta è una mossa strategica e furba, dettata dal bisogno di fare bene e di farlo sapendo di avere al fianco persone di cui può fidarsi. Almeno così lui crede. Poi vedremo se a conti fatti saranno veramente suoi fedeli.
Ma le sue scelte sono sempre nell’occhio del ciclone e fanno discutere. Due nomi, in particolare, gettano scompiglio anche tra i repubblicani. Si tratta di Matt Gaetz (ministro della Giustizia) e di Tulsi Gabbard (Direttrice dell’Intelligence Nazionale).
La scelta di Gaetz è la più controversa. Lo scorso anno aveva tentato un golpe interno per sostituire il presidente (repubblicano) della Camera Kevin McCarthy, ha portato a parlare al Congresso un negazionista dell’Olocausto e ha fatto cacciare da Capitol Hill due padri di ragazzi uccisi in una sparatoria che chiedevano un maggiore controllo sulle armi. Ma la macchia peggiore è quella etica, perché è finito sotto inchiesta per consumo di droga e per aver avuto rapporti sessuali con una minorenne), due peccati mortali per l’elettorato repubblicano.
«Matt è un avvocato tenace e profondamente dotato, formatosi al William & Mary College of Law, che si è distinto al Congresso per la sua attenzione al raggiungimento di una riforma disperatamente necessaria al Dipartimento di Giustizia – ha detto Trump. – Poche questioni in America sono più importanti della fine della militarizzazione partigiana del nostro sistema giudiziario. Matt porrà fine al governo militarizzato, proteggerà i nostri confini, smantellerà le organizzazioni criminali e ripristinerà la fede e la fiducia degli americani nel Dipartimento di Giustizia, gravemente danneggiate».
Altro nome che fa discutere è quello di Tulsi Gabbard. A lungo deputata democratica, diventata repubblicana poche settimane prima delle elezioni, Tulsi è stata accusata (anche dai repubblicani al Congresso) di essere una quinta colonna di Putin, di cui ha sempre rilanciato la propaganda, di essere amica del dittatore siriano Assad e di avere a lungo criticato la politica estera degli Stati Uniti come “imperiale”. Ha avuto un cambio di rotta importante e repentino. Sarà veramente fedele a Trump? Lui ci crede, vedremo.
La squadra al completo
Al di là di questi due nomi ormai si sa chi affinacherà Trump in questo nuovo mandato come 47esimo presidente degli Stati Uniti.
Trump ha scelto Robert F. Kennedy Jr. come prossimo Segretario del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani. Il nome è già un biglietto da visita, forse scomodo ma importante: è erzogenito di Robert Kennedy e nipote di John Fitzgerald Kennedy, presidente degli Stati Uniti assassinato nel 1963.
Susie Wiles è il nuovo capo di gabinetto. È la prima nominata da Trump, che ha ricoperto il ruolo di co-coordinatore della campagna elettorale e sarà la prima donna a ricoprire il ruolo di capo dello staff della Casa Bianca. Ha lavorato per Trump a intermittenza dal 2016, quindi è una sua fedelissima. Wiles ha gestito la campagna in silenzio, facendo pochissime apparizioni pubbliche o sui media, anche se Trump l’ha presentata con orgoglio durante il suo discorso della notte delle elezioni a Palm Beach chiamandola “la fanciulla di ghiaccio“.
Donald Trump annuncia che il governatore del Nord Dakota, Doug Burgum, sarà segretario agli Interni. Burgum, 68 anni, si è descritto come un conservatore tradizionale e orientato al business. Si è candidato contro Trump per la nomination presidenziale repubblicana prima di dimettersi e diventare un suo fedele sostenitore, apparendo a raccolte fondi e sostenendo Trump in televisione.
Scelta sicuramente strategica è stata quella di Jay Clayton, presidente della Securities and Exchange Commission (l’equivalente della Consob italiana), nominato ora procuratore degli Stati Uniti per il Distretto Meridionale di New York. Un procuratore chiave perchè ha competenza su Manhattan, sede di alcuni processi a carico del tycoon.
Pete Hegseth è il nuvo ministro della Difesa. Una scelta inaspettata, quella del conduttore di Fox News, che si discosta dalla maggior parte di quelle dello staff di Trump in gran parte proveniente da ruoli politici nei governi federali e statali. Hegseth è un veterano della Guardia nazionale dell’esercito, ha svolto turni di servizio in Iraq, Afghanistan e Guantanamo come ufficiale di fanteria.
Kristi Noem è segretario alla Sicurezza Interna. Un ruolo che ha un peso notevole per Trump, che ha condotto una campagna elettorale molto intensa sul tema dell’immigrazione, promettendo di effettuare deportazioni di massa di immigrati clandestini. Noem, devota cristiana e prima donna eletta a governatrice del South Dakota del Sud, è stata la prima governatrice a inviare soldati della Guardia nazionale per aiutare il Texas a combattere la crisi di confine. È anche finita al centro di un uragano di polemiche per aver raccontato in un’autobiografia di aver sparato al proprio cane da caccia che non faceva bene il proprio dovere.
John Ratcliffe è direttore della Cia. Ha ricoperto il ruolo di direttore dell’intelligence nazionale durante il primo mandato di Trump, supervisionando tutte le 18 agenzie di intelligence della nazione. E’ noto per essere uno dei membri più conservatori del Congresso e sostenitore dichiarato di Trump. Quindi un altro suo fedelissimo.
Mike Waltz diventa consigliere per la sicurezza nazionale. Avrà un ruolo fondamentale nel dare forma alla politica statunitense sui conflitti geopolitici, dalla guerra in Ucraina a quella tra Israele e Hamas a Gaza. Waltz. Ex berretto verde dell’esercito, è un alleato di lunga data di Trump e si è affermato come uno dei principali critici della Cina al Congresso. Da quando ha conquistato il suo seggio al Congresso nel 2018, ha sostenuto una legislazione per ridurre la dipendenza degli Stati Uniti dai minerali critici provenienti dalla Cina.
La grande novità della seconda amministrazione Trump è il ministero per “l’efficienza del governo” (Department of Government Efficiency). La scelta del ministro non poteva essere più scontata, visto che sarà Elon Musk a guidare il nuovo dipartimento, un uomo che ha contribuito in maniera decisiva al trionfo elettorale di The Donald (con 200 milioni di dollari). Musk sarà coadiuvato da Vivek Ramaswamy (altro miliardario) e insieme avranno il compito di ridurre, tagliare, ristrutturare e smantellare parti del governo federale.
A far parlare a Washington non sono però solo i nomi dei prescelti da Trump, ma anche e soprattutto quelli degli esclusi. Il presidente eletto ha infatti annunciato pubblicamente che l’ex Segretario di Stato Mike Pompeo e la sua ex avversaria alle primarie Nikki Haley non avranno alcun ruolo nella prossima amministrazione. Un passo insolito, probabilmente volto ad inviare un messaggio attraverso due compagni di partito considerati non sufficientemente leali: la fedeltà paga, la sua mancanza, no. In sostanza o sei “trumpizzato” o sei fuori.