«La transizione energetica e quella digitale rappresentano due sfide gemelle che riguardano la struttura del sistema produttivo, e da cui dipende molto del benessere che ci possiamo attendere nei prossimi anni, anzi decenni. ma siamo in ritardo. Specie sul fronte digitale è ormai l’intera Europa che ha necessità di darsi una scossa». Lo ha detto all’Aquila il direttore generale di Bankitalia, Luigi Federico Signorini, tra i protagonisti della due giorni di studio sulle sfide strutturali dell’economia italiana.
In tema di tecnologie avanzate l’Europa non sta tenendo il passo con gli Stati Uniti, la Cina e altre grandi economie. Riguardo alla situazione italiana il ritardo è palpabile in particolare nell’adeguatezza dei servizi digitali della pubblica amministrazione e nella dotazione di capitale umano. Nel settore privato l’adozione delle tecnologie digitali avanzate è molto eterogeneo; i divari incidono fortemente sui differenziali di performance tra imprese leader e imprese in ritardo, spiega ancora Signorini.
Ma ci sono dei progressi palpabili. «In Italia – ha detto – la capacità produttiva di elettricità da fonti rinnovabili è passata da meno di un quarto del totale nel 2000 a quasi la metà nel 2022. E’ soprattutto a partire dal 2022 che si è vista una forte accelerazione delle nuove installazioni, specie fotovoltaiche, anche in relazione alla crisi determinata dall’aggressione russa all’Ucraina. Nel 2023 e nella prima metà del 2024 si è accelerato ancora. L’aumento della potenza solare installata ha interessato sia gli impianti maggiori, sia quelli più piccoli».
Bisogna proseguire in questa direzione e per farlo, oltre a favorire l’installazione di impianti che producono e sfruttano energie rinnovabili, occorre anche potenziare le infrastrutture. «Necessari anche investimenti pubblici e incentivi ragionevolmente semplici, moderati e stabili e mercati funzionanti senza eccessive distorsioni; servono semplificazioni normative e burocratiche», ha concluso.
Nei primi tre anni di applicazione del Piano Transizione 4.0 le imprese italiane hanno maturato complessivamente 29 miliardi di euro di credito d’imposta per investimenti destinati alla digitalizzazione del sistema produttivo. Di questi, circa 23 miliardi di euro, pari a oltre l’80%, sono relativi a investimenti in beni materiali 4.0. È quanto emerge dal Rapporto intermedio di valutazione dell’impatto economico degli interventi del Piano Transizione 4.0, pubblicato sul sito del Ministero dell’Economia e delle finanze.
«Le analisi – si legge nel documento – mostrano che complessivamente l’incentivo ha stimolato maggiori investimenti e che questi investimenti hanno avuto effetti positivi sull’occupazione e sui ricavi delle imprese beneficiarie. In particolare, nel triennio 2020-2022, le imprese hanno ampliato la loro forza lavoro e aumentato i ricavi, con impatti maggiori, a parità di orizzonte di osservazione, per le aziende che per prime hanno usufruito del beneficio. Tuttavia si evidenzia una diminuzione nel tempo dell’effetto dell’aumento del tasso di investimento sull’occupazione e fatturato dell’incentivo».