Se fino a qualche tempo fa il calcolo quantistico poteva sembrare fantascienza, oggi è realtà. Anzi, una realtà a volte già applicata. Molti, infatti, sono i settori in cui il quantum computing potrebbe essere sfruttato e in cui, attualmente, i ricercatori stanno investigando i possibili campi di applicazione.
Ma procediamo con ordine nel capire, prima di tutto, di cosa stiamo parlando. Cos’è il quantum computing? Semplificando il concetto si potrebbe dire che si tratta di una serie di tecnologie che comprendono sia software che hardware che sfruttano la meccanica quantistica per riuscire a costruire simulazioni e risolvere problemi complessi per i quali le tecnologie tradizionali impiegherebbero troppo tempo.
Attualmente i computer classici presentano dimensioni molto ampie e necessitano di migliaia di core di CPU e GPU, una necessità che si fa sempre più impellente con il diffondersi delle applicazioni dettate dall’intelligenza artificiale avanzata. Man mano che aumenta la complessità delle richieste di risoluzione di problemi e, quindi, anche le variabili, parallelamente aumentano anche le richieste di maggiori interazioni da parte dei computer classici. Da qui il blocco che potrebbe verificarsi. Un esempio arriva dallo studio della biologia in connessione con quello dei farmaci e dello studio delle malattie. Se finora i classici computer sono riusciti a comprendere la struttura molecolare ed ordinarne gli infiniti database, più difficile potrebbe essere prevedere il comportamento delle molecole stesse dal momento che si sta parlando di interazioni soggette a numerose variabili tra esse sovrapponibili. Gli algoritmi quantistici cambiano l’approccio di base creando spazi computazionali multidimensionali, una strategia che risulta essere molto più efficiente nel risolvere problemi complessi.
Questo perché i computer quantistici potrebbero sfruttare al meglio l’applicazione del concetto di entanglement quantistico, o correlazione quantistica. Anche in questo caso la spiegazione richiede una semplificazione estrema. Quando si parla di entanglement si parla di un fenomeno prettamente quantistico, non riducibile alla meccanica classica e che richiama il concetto di sovrapposizione, tipico della meccanica quantistica. Come è noto gli attuali computer lavorano su un sistema binario zero-uno. I computer quantistici, invece, partono dal concetto di qubit, ovvero bit quantistico, che può essere zero, uno o una combinazione di zero e uno (la cosiddetta sovrapposizione). Partendo da questo presupposto viene chiamato in causa il principio secondo cui due o più sistemi fisici possono creare dei sottosistemi di un sistema più ampio con uno stato quantico che è la sovrapposizione dei loro singoli stati. Si creano perciò degli stati correlati (entangled) in cui un valore misurabile di uno determina allo stesso tempo anche quello degli altri.
L’alternativa alla ricerca teorica e previsionale sarebbe quella della ricreazione in laboratorio delle molecole. Ma questo porterebbe via molto tempo oltre a tutte le incognite a livello di sicurezza. Senza contare il fatto che, oltre all’enorme dispendio economico, sarebbe fisicamente impossibile ricreare in laboratorio tutte le variabili a cui le suddette molecole potrebbero dover sottostare. Impossibile, poi, riprodurre il campo di ricerca nell’ambito dell’astrofisica.
Stesso discorso per la meteorologia il cui compito, in futuro, dovrà essere quello di riuscire a gestire le variabili sempre più imprevedibili di un clima che tende ad essere fuori controllo e soggetto a cambiamenti repentini. I computer classici rischierebbero di fornire uno spettro di variabili limitato e di impiegare troppo tempo per riuscire a prevedere l’evoluzione di uragani e tempeste e, forse, a salvare delle vite.