La nomina di Jens Stoltenberg, ex segretario generale della Nato, a nuovo ministro delle Finanze in Norvegia è in realtà un sintomo molto più ampio di una crisi sistematica del quadro politico norvegese. Una conferma indiretta arriva dallo stesso Stoltenberg, già premier della nazione nord europea per nove anni, che ha dichiarato di sentirsi “onorato di aiutare il Paese in una fase critica” aggiungendo “Questa squadra è pronta a guidare la Norvegia in tempi difficili”.
Infatti il governo a guida laburista è stato travolto da una crisi nata dopo l’uscita del Centerpartiet (Partito di Centro) dalla coalizione capeggiata dal primo ministro Jonas Gahr Støre. Il casus belli è stata la questione energetica, quasi un paradosso in una nazione che vanta uno dei bacini petroliferi più floridi al mondo ed un mercato delle auto elettriche che sfiora il 96%.
In breve i fatti: la coalizione di centro, tendenzialmente euroscettica, ha chiesto indirizzare verso la domanda interna la produzione di dell’energia prodotta all’interno dei confini nazionali. Di diverso avviso il premier che, invece, preferirebbe potenziare l’export in un momento in cui, complici i dazi di Trump, la questione energetica e la domanda di materia prima potrebbero diventare un argomento estremamente spinoso.
Come è noto la Norvegia, insieme a Islanda e Svizzera, gode dei vantaggi dello Spazio economico europeo (See) pur non facendone parte. Ma per ottenere questi vantaggi Oslo ha dovuto sottostare ad alcune normative ed è quindi obbligata a percepire la legislazione comunitaria. La recente strategia dell’Unione, però, che mira a privilegiare l’elettrico, ha portato ad aumenti vertiginosi dei costi per i consumatori norvegesi i quali vorrebbero sfruttare le ingenti produzioni nazionali per soddisfare la domanda interna tagliando al contempo i costi ma anche i collegamenti con il blocco europeo.
Anche per questo motivo il ministro delle Finanze del Partito di Centro, Trygve Slagsvold Vedum ha accusato i precedenti governi di aver contribuito alla crisi dei prezzi con la costruzione di alcune linee sottomarine per veicolare energia verso nazioni che, come dichiarato dal ministro uscente “si affidano alle esportazioni di energia idroelettrica norvegese” mentre la Norvegia deve subire il contraccolpo del rialzo dei prezzi.
Infatti nel momento in cui Oslo vende energia ai paesi limitrofi i prezzi interni tendono ad allinearsi a quelli di mercato, solitamente più alti. A questo si aggiunga anche una serie di norme europee particolarmente stringenti su energie rinnovabili, efficienza energetica e tutela dei consumatori che la Norvegia non è intenzionata ad accettare.
Lo scontro tra le posizioni praticamente inconciliabili ha portato alle dimissioni di Vedum accompagnate da quelle di tutti i colleghi di partito presenti nel governo. Il primo ministro è dunque rimasto a capo di un governo di minoranza in vista delle elezioni che si terranno l’8 settembre.
Allargando l’analisi, però, all’intero panorama norvegese, il problema sembrerebbe avere una portata più ampia. L’addio del Partito di Centro è di fatto motivato dal preciso rifiuto di alcune direttive comunitarie le cui conseguenze potrebbero ridefinire i rapporti con Bruxelles per di più in un settore cruciale non solo per la nazione, ma per l’intero blocco europeo. La Norvegia, infatti, è tra i principali fornitori del Vecchio Continente dopo lo stop delle importazioni dalla Russia imposto dopo lo scoppio della guerra con l’Ucraina. Un incidente che potrebbe avere un peso anche maggiore visti i dazi che Trump è deciso ad applicare all’Europa.
La diatriba si inserisce all’interno dello scontro commerciale tra le due sponde dell’oceano Atlantico con gli Stati Uniti sempre più sul piede di guerra. Una guerra che, per il momento, pare stia portando i primi frutti (per Washington) dal momento che Canada e Messico hanno deciso di rafforzare la sorveglianza ai rispettivi confini come chiesto dal presidente Trump. Primo risultato: dazi congelati per le due nazioni. Resta, però, ancora aperto il confronto con l’Unione Europea di cui la Norvegia non fa parte ma in cui Oslo potrebbe dover subire le conseguenze peggiori. Per questo motivo non sorprende l’arrivo di Stoltenberg per ricoprire una carica così delicata in un momento altrettanto. Infatti l’ex numero uno della Nato in passato aveva grande ascendenza sul tycoon tanto da essere soprannominato, appunto, il “suggeritore di Trump”.