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Economia

Il made in Italy a rischio con i dazi di Trump

Maria Lucia Panucci
11 Febbraio 2025
Il made in Italy a rischio con i dazi di Trump
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Quanto costerebbero eventuali dazi Usa al made in Italy? La posta in palio è alta: vediamo perché e gli scenari

Il Made in Italy rischia un conto salato nel caso in cui l’amministrazione Trump desse seguito alla sue minacce di imporre dazi all’Unione europea. Trump ha recentemente confermato l’intenzione di imporre tariffe sui prodotti provenienti dall’Unione Europea, aggiungendo che l’Europa “ci ha trattati malissimo”. Tuttavia, non ha dato tempistiche precise.

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Gli scenari

Quanto costerebbero eventuali dazi Usa al made in Italy? La posta in palio è alta anche perché gli Usa sono il secondo mercato di destinazione del nostro export ed il settimo fornitore dell’Italia. Nel 2024, secondo Uninpresa, gli scambi tra l’Italia e Stati Uniti hanno superato i 60 miliardi di euro. Le esportazioni dell’Italia verso gli Usa rappresentano il 10,7% del totale e, secondo le stime di Prometeia, i nuovi dazi potrebbero determinare costi aggiuntivi per l’Italia tra 4 e 7 miliardi di euro.

Prometeia ha delineato due scenari principali per il made in Italy. Nel primo scenario, che prevede un aumento mirato al 10% sui settori già tassati, l’aggravio tariffario sarebbe di circa 4,12 miliardi di dollari. Questo scenario colpirebbe in particolare il sistema moda, con un impatto previsto di 1,5 miliardi di dollari, seguito dalla meccanica con un miliardo e dall’agroalimentare e dagli autoveicoli, che insieme subirebbero un incremento di circa 600 milioni di dollari.

Nel secondo scenario, invece, si prevede l’applicazione di dazi generalizzati al 10% su tutti i prodotti. In questo caso, l’impatto salirebbe a 7,2 miliardi di dollari. I settori più colpiti sarebbero la meccanica, che registrerebbe quasi 2 miliardi di dollari in più, seguita dalla farmaceutica con un incremento di circa 400 milioni e dall’elettronica e dai mobili con un costo aggiuntivo di circa 150 milioni per settore. A questi valori andrebbero aggiunti i 2 miliardi di dazi già pagati nel 2023, portando il conto totale tra i 6 e i 9 miliardi.

Ecco i prodotti più esposti del largo consumo

Vino, olio, pasta ma anche cosmetici, profumi e tutto il mondo della cura della persona rischiano di essere i prodotti del largo consumo italiano più penalizzati da eventuali dazi imposti dalla nuova amministrazione guidata da Donald Trump. Complessivamente si tratta di un giro d’affari da 7,7 miliardi di euro, secondo un’analisi firmata da Nomisma. In particolare le esportazioni alimentari e di bevande generano un business di 6,5 miliardi di euro e quelle legate alla cura della casa e della persona i restanti 1,2 miliardi. Si tratta di settori in crescita che registrano rispettivamente +18% e +13% nel primo semestre del 2024 su base annua.

L’impatto su Pil e occupazione

Questo potenziale shock negativo di domanda determinato dai dazi comporterebbe a cascata effetti misurabili anche su Pil e occupazione. Secondo le stime di Svimez, nell’ipotesi in cui venissero applicati dazi ai prodotti importati dall’Italia e dagli altri Paesi Ue al 10%, il nostro Pil subirebbe una contrazione dello 0,1%, ovvero di 1,9 miliardi: -1,6 miliardi al Centro-Nord e -257 mln al Mezzogiorno. In termini occupazionali l’effetto misurato in unità di lavoro a tempo pieno sarebbe di circa 27 mila posti di lavoro in meno, principalmente concentrati nelle regioni del Centro e del Nord.

Il Sud, dunque, subirebbe un impatto maggiore in termini di contrazione dell’export verso gli Usa, ma più contenuto sul Pil e occupazione, per effetto del minor contributo delle esportazioni al valore aggiunto dell’area. L’impatto Trump sull’economia italiana si accentua nello scenario 2. In questo caso, la perdita di PIL raggiungerebbe i 3,8 miliardi, 3,2 miliardi al Centro-Nord e oltre -0,5 miliardi al Sud e i posti di lavori a rischio supererebbero i 54mila: -46mila nelle regioni centro-settentrionali e -7mila nel Mezzogiorno.

Le conseguenze per l’Italia dei dazi su acciaio ed alluminio

I dazi del 25% annunciati ieri dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump sulle importazioni di acciaio e alluminio saranno in vigore dal 12 marzo prossimo e potrebbero avere ripercussioni negative anche sull’Italia che nel 2023 ha esportato in America prodotti della metallurgia per 2 miliardi di euro e prodotti in metallo (esclusi macchinari e attrezzature) per 2,1 miliardi.

Da novembre 2023 a ottobre 2024 l’Italia ha esportato negli Stati Uniti alluminio per 1,8 miliardi, acciaio per 600 milioni e prodotti in ferro e acciaio per 1,5 miliardi. Totale: 3,9 miliardi.

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Nel 2023 gli Stati Uniti hanno importato dall’Italia acciaio, alluminio e prodotti in ferro e acciaio per 2,73 miliardi di dollari: siamo il decimo maggiore fornitore dell’America, come si evince dal grafico del Financial Times.

In conclusione, se alle dichiarazioni di Trump dovessero seguire i fatti, questi metterebbero a rischio gli equilibri commerciali internazionali, con effetti non trascurabili anche sull’economia italiana e dei suoi territori. La partnership commerciale Italia-Usa è un nodo centrale nelle relazioni internazionali del nostro Paese e una deriva protezionistica oltreoceano può seriamente compromettere la tenuta dei settori più esposti.

FOTO: SHUTTERSTOCK
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