Nel famoso gruppo dei PIIGS la Spagna è stata sempre la diretta concorrente dell’Italia. In questa fase storica, però, sembra averla superata. Il riscatto di Madrid potrebbe essere già in atto e a confermarlo sarebbero alcuni dati macro di rilievo frutto di quella che Gabriel Debach, market analyst di eToro, definisce “diversificazione efficace delle risorse di crescita“. Quali prospettive si delineano all’orizzonte per la Spagna?
I Paesi che nel 2009 furono marchiati a fuoco dal trauma della crisi dell’euro (Portogallo, Spagna, Italia, Irlanda e Grecia), oggi sembrano registrare una fase di recupero anche se con le dovute differenze da paese a paese e da settore a settore. A che punto è il riscatto della Spagna?
«Il 2024 è stato un anno decisamente favorevole per la Spagna, che si è distinta come leader economico europeo con una crescita del 3,2% – nettamente superiore non solo alla media dell’Unione Europea (0,9%), ma anche a quella degli Stati Uniti (2,8%). A trainare lo sviluppo nazionale è stata, principalmente, la solidità del settore turistico, grazie a un forte afflusso di 94 milioni di visitatori (a fronte di una popolazione locale di 48 milioni) che hanno speso complessivamente 126 miliardi di euro nel Paese; a ciò si aggiunga la resistenza dell’export e la tenuta della spesa pubblica, accanto a un aumento sostenuto della popolazione, tutti fattori che hanno contribuito a incrementare la domanda interna e a migliorare il mercato del lavoro. Ad oggi, il riscatto della Spagna è ormai un dato di fatto, un successo che fino a qualche tempo fa era impronosticabile, per un Paese uscito molto malconcio dalla crisi finanziaria del 2008-2010 e che è stato fra i più colpiti dalla pandemia di Covid-19. »
Mentre la Germania deve combattere contro la contrazione, la Spagna può festeggiare un calo del debito pubblico che va oltre l’obiettivo fissato dal governo. Come spiegare questa forbice?
«Da “locomotiva d’Europa”, la Germania sembra tornare a scenari già visti nei primi anni Duemila, quando il Paese era soprannominato “il malato d’Europa”. Oggi come allora, le difficoltà sono aggravate da una serie di problemi strutturali del Paese. In primo luogo, l’aumento dei costi energetici in seguito all’invasione dell’Ucraina ha eroso la competitività del settore industriale tedesco, particolarmente dipendente dalle forniture russe di energia a basso costo. Inoltre, la Cina, un tempo principale mercato di sbocco per l’export tedesco, è oggi un concorrente temibile in settori d’elezione per Berlino, come quello automobilistico, dove l’industria tedesca fatica a stare al passo con la transizione elettrica. A questo si aggiungono sfide legate alla decarbonizzazione, all’invecchiamento medio della popolazione e al peso della burocrazia, che hanno ulteriormente rallentato la crescita del Paese. D’altra parte, la Spagna sta registrando un andamento positivo, sostenuto da una crescita robusta che ha permesso al governo di ridurre il debito pubblico più rapidamente del previsto. Oltre alle dinamiche già citate come la forza del settore turistico, il buon andamento delle esportazioni e una dinamica demografica più favorevole, Madrid ha mostrato una maggiore resilienza e capacità di adattamento alle sfide economiche globali rispetto a Berlino. Un fattore chiave di questo vantaggio competitivo è rappresentato anche dal costo dell’energia, che in Spagna si mantiene tra i più bassi in termini di parità di potere d’acquisto rispetto alla media europea, offrendo un supporto significativo alla competitività dell’industria nazionale e al potere d’acquisto delle famiglie. A ciò si aggiunge una gestione fiscale efficace e investimenti strategici in settori legati alla transizione digitale, come l’ICT e i servizi professionali.»
I dati Eurostat confermano un pil spagnolo che nel quarto trimestre è salito del 3,5% su base annua. A cosa è dovuto questo risultato? Quali sono i settori economici che hanno registrato la migliore performance in questi anni?
«Questo risultato, a mio avviso, va interpretato come l’esito di una trasformazione dell’economia che ha saputo trovare una diversificazione efficace delle fonti di crescita. I dati recenti sul PIL iberico confermano che non si tratta di una parentesi momentanea, ma di un trend duraturo che consolida la posizione Madrid come l’economia più in forma del continente europeo. Ciò non è attribuibile all’apporto di un singolo comparto, bensì alla convergenza di dinamiche che hanno rafforzato sia la domanda interna che l’attrattività del Paese a livello internazionale. In questo senso, il merito non è solo del turismo, che pure ha portato risultati eccezionali: in particolare, le esportazioni di servizi non legati al turismo sono passate dal rappresentare il 5,5% del PIL nel pre-pandemia al 7-8% stimato attualmente. Negli ultimi anni, inoltre, l’economia spagnola ha investito notevolmente nella modernizzazione delle sue infrastrutture e nell’innovazione tecnologica, elementi che hanno stimolato il comparto dei servizi digitali e delle tecnologie dell’informazione, contribuendo a incrementare la produttività. L’attenzione alla transizione ecologica, testimoniata da una legge varata nel 2023 che incentiva la creazione di start-up tramite agevolazioni fiscali e burocratiche per attirare investitori esteri, ha portato a una forte espansione del settore delle energie rinnovabili: nel 2024, le fonti rinnovabili hanno infatti generato il 57,5% dell’elettricità consumata nel Paese, superando la media europea del 48%. Anche il comparto agroalimentare ha beneficiato di una crescente domanda internazionale per prodotti di qualità e sostenibili, rafforzando così il ruolo delle eccellenze spagnole nei mercati globali, anche grazie agli investimenti governativi nella produzione di energia pulita, che hanno reso la Spagna il Paese europeo con l’infrastruttura più sviluppata dopo la Germania».
Quali passi sono stati fatti da Madrid per riuscire a riprendersi economicamente in questi anni? Qual è stato il peso (o il merito) dei provvedimenti presi dalla Bce per sanare la crisi del debito della nazione iberica?
«Anche in Spagna, come negli altri Paesi coinvolti, la crisi del debito sovrano non è scaturita dal nulla, ma si è innestata su una serie di debolezze strutturali preesistenti, amplificate dalla crisi globale del 2008. Madrid veniva dal forte boom immobiliare degli anni precedenti, che aveva creato una bolla speculativa tale da trascinare a fondo il sistema bancario nazionale (fortemente esposto al settore) una volta scoppiata, determinando una forte battuta d’arresto: di conseguenza, il PIL è diminuito di quasi 2 punti percentuali e, nel 2009, il calo ha raggiunto il 3,6%. La successiva contrazione ha poi segnato l’ingresso del Paese in recessione, con conseguenze devastanti per l’economia, e ha spinto il rapporto debito/PIL a salire rapidamente, passando dal 34% del 2007 al 68,5% nel 2011, con un’esplosione della disoccupazione. Per fronteggiare la situazione, il governo spagnolo ha agito su più fronti e adottato una serie di misure strutturali e di austerità. Inizialmente, sono state necessarie politiche di supervisione bancaria che, pur mantenendo un bilancio statale in attivo, non sono riuscite a prevenire il deterioramento causato dalla bolla immobiliare. A partire dal 2012, Madrid ha avviato una riforma del mercato del lavoro volta a rendere più flessibile l’occupazione e a ridurre i costi del lavoro, nell’ambito di un ampio processo di ristrutturazione necessario per rilanciare la competitività e ravvivare il mercato occupazionale. Al contempo, il governo ha optato per tagli alla spesa pubblica e aumenti fiscali (ad esempio, l’aumento dell’IVA e la riduzione dei sussidi di disoccupazione), sono state adottate per ridurre il deficit e ristabilire la credibilità delle finanze pubbliche, nonostante ciò avesse un impatto pesante sul tessuto sociale e occupazionale del Paese. Parallelamente a queste riforme interne, Madrid ha puntato in modo decisivo sulla modernizzazione delle infrastrutture e sull’innovazione tecnologica, elementi che hanno favorito la diversificazione dell’economia. Il ruolo della BCE è stato infine determinante in questo processo, grazie alle politiche monetarie espansive adottate da Francoforte e il Programma di Acquisto di Titoli di Stato (PSPP), strumenti che hanno garantito tassi di interesse molto bassi e facilitato l’accesso al credito. Queste misure hanno contribuito a contenere il costo del debito pubblico, il che si è rivelato essenziale in un periodo in cui gli spread sui titoli spagnoli avevano raggiunto livelli preoccupanti e il mercato finanziario aveva messo in discussione la sostenibilità del debito».
Quali sono le prospettive per la nazione spagnola nei prossimi anni?
«Nel complesso, le prospettive per la Spagna nei prossimi anni appaiono positive, soprattutto alla luce della solida crescita con cui il Paese si distingue nel panorama europeo. Secondo le stime del FMI, nel corso di quest’anno crescerà ancora del 2,3%, seconda solo agli Stati Uniti tra le economie avanzate e con un ritmo di oltre il doppio superiore alle proiezioni per l’Eurozona (che nel complesso dovrebbe registrerà una crescita solo dell’1%). Questo slancio contribuirà a ridurre ulteriormente il debito pubblico nazionale, già sceso a circa il 102% del PIL alla fine del 2024, un livello ancora elevato ma considerato sostenibile, come confermato dai rating di S&P e Fitch, che attribuiscono alla Spagna un rating “A-” con outlook positivo. Mentre altri Paesi europei lottano contro la stagnazione, Madrid sta beneficiando di un significativo aumento dell’occupazione, con oltre 500.000 nuovi posti di lavoro creati l’anno scorso che hanno abbassato la soglia disoccupazione al livello più basso degli ultimi 16 anni. Inoltre, i salari stanno crescendo più rapidamente dell’inflazione, aumentando il potere d’acquisto delle famiglie e stimolando la domanda interna. Nonostante i punti di forza, però, persistono alcune criticità. Il problema più significativo è legato ai costi crescenti degli alloggi: gli affitti sono infatti aumentati dell’80% nell’ultimo decennio, e le misure governative per limitare gli affitti e aumentare l’offerta di edilizia popolare non sono riuscite finora a fermare questa tendenza. Un’altra sfida per la Spagna è legata alla produttività: Sebbene l’occupazione sia cresciuta rapidamente, molti nuovi posti di lavoro si concentrano in settori a bassa produttività, come turismo e servizi. Per garantire una crescita sostenibile nel lungo periodo, sarà essenziale continuare a investire in settori ad alto valore aggiunto: in questo senso, la Spagna ha già fatto progressi significativi nell’energia pulita e nella manifattura avanzata, affermandosi come leader europeo dell’idrogeno verde. Inoltre, il Paese è impegnato nello sviluppo cluster industriali che integrano tecnologie rinnovabili, idrogeno e cattura del carbonio, delineando un modello per l’industria europea del futuro. Anche gli investitori guardano con ottimismo all’economia spagnola. L’indice IBEX 35 è raddoppiato rispetto ai minimi del 2020 e molte aziende spagnole, soprattutto nei settori finanziario e dei beni di consumo, registrano tassi di crescita solidi».
La chiave per mantenere questo slancio, conclude Debach, sarà continuare a investire in innovazione e in settori strategici, riducendo al contempo le vulnerabilità strutturali.