La recente scomparsa di Papa Francesco ha proiettato un’ombra inattesa sul panorama italiano, trascendendo i confini del sacro per lambire persino il fervente universo del calcio.
In unanime segno di riverenza, la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), in sintonia con le direttive governative e l’assenso della Lega Serie A, ha decretato un immediato “cessate il gioco” per tutte le competizioni in programma. Dalle vibranti sfide della massima serie fino alle contese più modeste dei campionati dilettantistici, il pallone ha osservato un silenzio carico di significato.
Il presidente federale, Gabriele Gravina, ha espresso con sentita partecipazione il lutto del mondo calcistico: «L’intero movimento del calcio italiano si unisce al cordoglio di milioni di persone nel piangere la perdita di Sua Santità Papa Francesco. Figura emblematica di carità cristiana e di stoica dignità di fronte alla sofferenza, ha sempre dimostrato una peculiare attenzione verso il mondo dello sport, nutrendo una passione speciale per il calcio».
Questa inedita sospensione ha comportato il rinvio di incontri di spicco della Serie A, tra cui le attese sfide Torino-Udinese, Cagliari-Fiorentina, Genoa-Lazio e Parma-Juventus, unitamente a tre promettenti partite del campionato Primavera. Tuttavia, le ripercussioni di tale decisione sono andate ben oltre la semplice riscrittura dei calendari, propagandosi come un’onda d’urto sull’intricata economia del calcio nazionale e sull’ampio ventaglio di attività collaterali ad esso connesse.
Le cifre
Le prime stime (basate sull’indotto di una giornata calcistica) delineano una perdita complessiva per il sistema calcio che si aggira intorno ai 65 milioni di euro per il solo fine settimana di inattività. A questa cifra già considerevole si sommano le mancate entrate per l’indotto locale, valutate in oltre 25 milioni di euro. Tale voce comprende i proventi di bar e ristoranti animati solitamente dal pre-partita e dal post-partita, gli introiti del settore alberghiero che accoglie tifosi in trasferta e l’attività dei trasporti che convogliano fiumi di appassionati verso gli stadi.
Il solo mancato incasso da biglietteria per le gare di Serie A si attesta su circa 14 milioni di euro. A ciò si aggiungono i minori guadagni derivanti dalla ristorazione interna agli impianti, dai parcheggi che restano deserti e dal merchandising che non trova i suoi consueti acquirenti. Abbassando lo sguardo verso le leghe inferiori, la Serie B ha registrato un ammanco stimato sui 7 milioni di euro, la Serie C intorno ai 3 milioni, e l’interruzione di oltre dodicimila partite a livello dilettantistico ha inferto un ulteriore colpo da circa 3 milioni di euro, penalizzando in modo particolare le piccole realtà e il cuore pulsante del calcio di base.
Le emittenti televisive a pagamento, arterie vitali per la visibilità del calcio quali Sky, DAZN e NOW, hanno inevitabilmente subito un calo nei picchi di audience del fine settimana. DAZN, in particolare, titolare dei diritti esclusivi per la maggior parte delle partite di Serie A, si è trovata a dover riorganizzare la propria programmazione e a considerare potenziali compensazioni per gli investitori pubblicitari. Alcuni analisti stimano una potenziale perdita tra gli 8 e i 10 milioni di euro in termini di introiti pubblicitari e abbonamenti per ogni fine settimana senza calcio.
Parallelamente, i principali sponsor, che investono ingenti somme per garantirsi visibilità su maglie, pannelli LED a bordo campo e spot trasmessi durante le dirette, hanno visto la loro esposizione mediatica ridursi drasticamente.
Gli effetti sportivi
La brusca frenata ha inevitabilmente ingarbugliato la già complessa matassa dei calendari sportivi. Recuperare un intero turno in una stagione satura di impegni europei e coppe nazionali si configura come un’operazione logistica tutt’altro che agevole. Alcune compagini potrebbero trovarsi nella scomoda posizione di dover affrontare tre incontri in una sola settimana per ottemperare agli obblighi di calendario, con il conseguente aumento del rischio di infortuni e un potenziale scadimento della qualità del gioco espresso in campo. Il direttore sportivo di una formazione di Serie B ha rimarcato come la necessità di rivedere in toto la logistica di trasferte e prenotazioni alberghiere abbia generato per il suo club un’inattesa perdita di almeno 70-80 mila euro, tra costi di spostamento e penali per le cancellazioni.
Il dibattito
Nonostante il clima di unità istituzionale e il profondo rispetto che ha accompagnato la decisione, alcune voci critiche si sono levate nel dibattito pubblico. Alcuni autorevoli editorialisti sportivi e figure di spicco del mondo laico hanno sollevato interrogativi sulla stringente necessità di un blocco così generalizzato, richiamando l’attenzione sulla dimensione ormai laica, sociale ed economica che il calcio riveste nel tessuto contemporaneo italiano. Il confronto si è animato anche sulle piattaforme social, dove le argomentazioni contrapposte tra “sacrosanto rispetto” e “necessaria proporzione” hanno diviso tifosi e addetti ai lavori.
Le partite rinviate lunedì 21 aprile sono state riprogrammate per mercoledì 23 aprile 2025 alle ore 18:30, mentre le gare del fine settimana del 26-27 aprile, in concomitanza con le esequie papali previste per sabato 26 aprile, sono state riallocate tra martedì 6 e giovedì 8 maggio 2025. La Serie B, invece, recupererà i propri incontri sospesi il 13 maggio 2025, a campionato concluso, al fine di evitare ulteriori complicazioni logistiche.
La determinazione di fermare il calcio ha innescato anche reazioni di aperto dissenso. Il presidente della Lazio, Claudio Lotito, ha manifestato il proprio disappunto attraverso una missiva indirizzata ai vertici di Lega Serie A, FIGC e CONI, definendo la decisione di rinviare le partite del 21 aprile come un atto “unilaterale” e lamentando la totale assenza di consultazione preventiva con i club direttamente interessati. Lotito ha inoltre sottolineato come tale provvedimento abbia impedito alla squadra capitolina di rendere omaggio alla salma del Pontefice, un evento di profonda significatività per la città di Roma e per l’intera comunità laziale.
In un’Italia visceralmente legata al calcio, inteso come propulsore economico, industria in fermento, passione collettiva e linguaggio condiviso, il silenzio imposto da un fine settimana di lutto si è tradotto in un boomerang economico di svariate decine di milioni di euro. Un gesto di doveroso rispetto che ha tuttavia presentato un conto salato e concreto, riaprendo una riflessione cruciale sul ruolo sempre più centrale che lo sport gioca all’interno dell’ordito economico e sociale del Paese.
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