Tipica serata d’estate, con le piste affollate e migliaia di passeggeri pronti a partire o a rientrare. Ma il 28 giugno, poco dopo le otto e mezza di sera, i cieli del Nord Italia si sono improvvisamente svuotati. Lombardia, Piemonte e parte del Veneto sono rimaste senza traffico aereo per quasi due ore, a causa di un guasto imprevisto ai sistemi radar del centro di controllo di Milano. Decolli bloccati, voli cancellati o deviati altrove, e centinaia di persone ferme a terra senza informazioni. Un disservizio grave, che ha fatto il giro delle cronache mondiali, ma che soprattutto ha messo in luce una vulnerabilità ben più ampia: la dipendenza del nostro sistema di trasporto aereo da un’infrastruttura digitale ancora troppo fragile.
La rete si spegne, il sistema si ferma
Secondo quanto comunicato da ENAV, l’Ente nazionale per l’assistenza al volo, il guasto è stato innescato da un’interruzione nella trasmissione dati tramite la rete TIM. Il centro di controllo di Milano – che gestisce uno dei quadranti più trafficati d’Europa – è stato costretto a chiudere temporaneamente lo spazio aereo. Solo i voli già in quota sono stati autorizzati a procedere, ma con sistemi alternativi e una forte riduzione della capacità. Risultato: oltre 300 voli interessati, tra cancellazioni e dirottamenti, e una cascata di disagi in tutti gli scali coinvolti, da Malpensa a Linate, da Bergamo a Torino Caselle.
Mentre TIM si è affrettata a dichiarare la propria estraneità alle cause tecniche del malfunzionamento, ENAV ha parlato di un doppio cedimento nelle linee di comunicazione, anche quelle teoricamente ridondanti. Un’anomalia che – al di là delle schermaglie tra aziende – pone interrogativi pesanti sulla sicurezza e la resilienza delle infrastrutture critiche italiane.
Il conto economico di un’ora buia
Quanto costa al sistema Paese un evento simile? I numeri, ancora provvisori, parlano chiaro. Le compagnie aeree, secondo le stime raccolte da Reuters e Il Sole 24 Ore, dovranno far fronte a rimborsi e risarcimenti per una cifra complessiva che potrebbe superare i 20 milioni di euro, applicando il regolamento UE 261/2004. Le compensazioni individuali – tra 250 e 600 euro a passeggero – si sommano ai costi operativi generati dalla riprogrammazione dei voli, dall’impiego straordinario del personale e dall’occupazione degli slot aeroportuali.
Ma a pagare il prezzo non sono solo le compagnie. Gli scali hanno dovuto gestire migliaia di persone bloccate tra gate e tapis roulant. A Linate e Malpensa, oltre 200 viaggiatori hanno passato la notte in aeroporto, sistemati su brandine e con bottigliette d’acqua distribuite dalla Protezione civile. I tour operator parlano di prenotazioni perse e ritardi a catena, soprattutto verso destinazioni balneari internazionali.
Il danno alla reputazione turistica
Il guasto arriva nel pieno della stagione estiva, nel momento in cui l’Italia sperava di consolidare i segnali positivi del turismo incoming. Secondo l’Osservatorio nazionale del turismo di ENIT, ogni settimana di luglio vale fino a 1,5 miliardi di euro di spesa turistica. Interruzioni come questa minano la fiducia del viaggiatore, specie internazionale, e possono generare una preferenza per destinazioni percepite come più affidabili dal punto di vista logistico. L’Italia – che da sola gestisce oltre il 15% del traffico aereo europeo – rischia di perdere appeal in un mercato sempre più competitivo.
Il nodo della sicurezza digitale
Ma la vera questione è strutturale. Il blackout non è un caso isolato. Episodi simili si sono verificati, seppur in scala minore, anche in Regno Unito, Francia e Germania, segnalando una crescente vulnerabilità delle reti tecnologiche su cui si fondano i moderni sistemi di controllo del traffico aereo. In Italia, la dipendenza da un singolo operatore di telecomunicazioni – per quanto dotato di sistemi di backup – si è rivelata un punto debole.
Il governo, con il supporto del ministero delle Infrastrutture e dell’Autorità nazionale per la sicurezza delle reti e dei sistemi informativi, ha già chiesto chiarimenti a ENAV e TIM. All’orizzonte potrebbe esserci un’accelerazione degli investimenti in tecnologie ridondanti e infrastrutture cloud-based, capaci di garantire continuità anche in caso di interruzioni improvvise.
Investire per evitare il bis
In questo contesto, l’episodio del 28 giugno può diventare una leva per ripensare l’intera architettura tecnologica del trasporto aereo italiano. Gli strumenti non mancano. Il PNRR prevede già fondi per la digitalizzazione delle reti logistiche e per la cyber-resilienza delle infrastrutture critiche. Ma serve una governance chiara, che coinvolga pubblico e privato in una strategia comune di sicurezza e innovazione.
Intanto, il sistema ha mostrato tutte le sue crepe. E i cieli sopra Milano – normalmente trafficatissimi e puntuali – per due ore si sono svuotati. Un silenzio costoso, che lascia aperta una domanda: può l’Italia del 2025 permettersi ancora un blackout del genere?
(foto ANSA)