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Glovo, nei piani c’è l’espansione in Africa e nell’est Europa

Maria Vincenza D'Egidio
1 Novembre 2024
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Con l’intenzione di trasformare la piattaforma in un social network

Glovo, tra i leader europei nel settore delle consegne a domicilio, è particolare, nei suoi piani di sviluppo, infatti ci sono aggiungere un social network. E prova a espandersi dove c’è spazio, ovvero Est Europa, persino Ucraina, e in Africa.

Fondata a Barcellona nel 2015, l’applicazione nel giro di pochi anni ha scalato le classifiche. Si sceglie, si ordina, si riceve la cena sulla soglia di casa.

Ma non solo: è possibile acquistare anche altro, per esempio fiori, e farlo recapitare senza muovere un dito. A portare i pacchi nei 23 paesi in cui Glovo è presente, un esercito di trentamila rider che, con qualsiasi tempo, sfrecciano per le vie cittadine in sella a bici o motorini.

«Stiamo costruendo il più grande marketplace della città, che ti dà accesso a tutto in pochi minuti», recita uno dei claim. Un supermercato immateriale, insomma.

O meglio: il supermercato – grazie a una serie di partnership – ce lo mettono gli altri, tramite accordi con le catene della grande distribuzione organizzata, che da sempre arranca quando si tratta di arrivare a domicilio dei clienti. Il business di Glovo è il servizio.

Non sono più i tempi della gig economy selvaggia di metà decennio scorso: il picco si è raggiunto col Covid. Il modello, però, è lo stesso, e si basa sulla capacità di tenere assieme il lavoro di tre soggetti, agendo da fluidificante: i ristoratori (per cui le app di consegna sono anche un marketplace in grado di dare visibilità; ma le commissioni non sono gradite, e viste come lo scotto necessario); i lavoratori che pedalano; gli utenti, che rendono vitale il congegno contribuendo, in maniera gratuita, alla piattaforma con la propria attività di commentatori e valutatori.

Proprio in questa ottica si inserisce la decisione di creare una sorta di social network sula piattaforma. Una decisione strategica “presa con l’intento di creare lealtà”, dice il vicepresidente al prodotto Daniel Alonso incontrando i giornalisti.

Ma anche di allungare la permanenza degli utenti sull’app, sfruttando la propensione alla condivisione che da Facebook in avanti ha plasmato il mondo di oggi.

L’economia comportamentale insegna che si tende a fare quello che i nostri vicini hanno già fatto: ecco allora le nuove funzionalità, che consentiranno ai ristoratori di creare video menu, con filmati che mostrano la preparazione di ogni singolo piatto e la possibilità di suggeruirlo e inviarlo a chi si ama.

Si parte da un dato: «Il 35% degli utenti arriva su Glovo senza sapere cosa vuole mangiare – rivela Alonso – Sanno solo che non vogliono prepararsi la cena ma non ancora che tipo di cucina sceglieranno». L’idea è quella di stimolarli, mostrando in anteprima cosa si troveranno nel piatto. Ma non solo.

Si potrà mettere like e condividere con la propria cerchia di amicizie virtuali quello che si è appena mangiato: quando il servizio, oggi testato a Barcellona, partirà, si potranno inviare richieste di amicizia e creare vere e proprie playlist.

Non sono previste funzioni di dating: la domanda di un giornalista solleva qualche risata in sala, ma non è del tutto scontata. Possibile anche restare fuori dal giro. Basta non accettare richieste, dice l’azienda, e l’applicazione funzionerà alla vecchia maniera.

Probabile che si riesca ad aumentare il tasso di conversione; chi ci saprà fare coi video potrebbe esplodere. Già oggi una delle metriche principali valutate è l’accuratezza del profilo: una foto dei piatti aiuta a vendere, ma non è facile convincere i ristoratori, molti dei quali poco alfabetizzati digitalmente, soprattutto quelli entrati qualche anno fa.

La summa fa un ibrido fa Facebook e Spotify, una scommessa (“grande”, sottolinea il cofondatore Oscar Pierre, che racconta di aver fatto consegne tutti i giorni per due anni quando la società era agli inizi). Una svolta del genere non si improvvisa.

È necessario avventurarsi in un territorio inesplorato. L’approccio di Glovo non è a rotta di collo: è incrementale, “proviamo queste caratteristiche e poi vediamo come va” dice a Wired il responsabile tecnico Shiro Theuri.

Non ci saranno assunzioni ad hoc, prosegue la manager: i dipendenti informatici già assunti dell’azienda dovranno risolvere le sfide tecnologiche poste dalla decisione strategica.

È la nuova frontiera delle app di consegna, che potrebbe arrivare in Italia nel giro di tre mesi. Una scommessa in grado di dare respiro. C’è un margine di rischio.

Ma del resto, Elon Musk non aveva idea di come costruire un’automobile prima di Tesla, men che meno un missile. Il pareggio di bilancio è atteso per fine anno.

FOTO: Shutterstock
  • glovo
  • nuovi piani
  • espansione in est europa e africa
  • trasformazione in social network

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