Sviluppatosi nell’epicentro imprenditoriale per eccellenza, quello della Silicon Valley, già utilizzato da imprenditori come Jeff Bezos, Jack Dorsey e molti altri, il biohacking sta trasformando il lavoro ad alte prestazioni grazie all’interesse in crescita per l’ottimizzazione delle performance e la salute generale, che ha contribuito a rendere questa disciplina accessibile a un pubblico sempre più vasto.
Questo corpus di discipline, volto a migliorare le performance cognitive e fisiche, può aiutare a ottimizzare le proprie abitudini quotidiane attraverso tutte le leve che circondano la persona. E’ un tema che quindi si incrocia perfettamente con quella della produttività in un contesto in cui il miglioramento delle prestazioni personali e lavorative è sempre più centrale.
Ne abbiamo parlato con il biohacker Stefano Santori, coach di atleti olimpionici, manager dell’innovazione riconosciuto dall’ex Ministero per lo Sviluppo Economico, che vanta collaborazioni con grandi brand come Enel, Roma Capitale, e Poste Italiane.
Cos’è il biohacking e quali vantaggi è in grado di offrire a livello di produttività applicata al mondo imprenditoriale?
«Il biohacking è un insieme di pratiche e discipline basate su ricerche scientifiche e sui principi della “scienza aperta”. L’obiettivo è massimizzare le prestazioni psicofisiche e migliorare la salute, con un focus su longevità e strategie anti age. Applicato al mondo imprenditoriale, il biohacking aiuta a potenziare la produttività intervenendo su abitudini quotidiane che influenzano direttamente la performance. Ad esempio, cattive abitudini alimentari, come una dieta ricca di zuccheri, possono generare picchi insulinici che aumentano irritabilità e riducono la capacità di gestire il team, causando tensioni e un calo delle performance complessive. La mancanza di sonno, spesso sottovalutata o persino glorificata in contesti manageriali, compromette la lucidità, il controllo emotivo e le capacità decisionali, portando a una gestione inefficace di clienti, fornitori e collaboratori. Al contrario, uno stile di vita orientato al biohacking, che include una dieta bilanciata, il rispetto dei cicli del sonno, tecniche di mindfulness e respirazione consapevole, permette di ridurre lo stress cronico e migliorare la capacità di concentrazione ed empatia. Queste pratiche aiutano i manager a mantenere il controllo anche in situazioni complesse, evitando reazioni impulsive dovute ai picchi di cortisolo. Inoltre, il biohacking contribuisce a prevenire problemi di salute a lungo termine, riducendo assenze per malattia e assicurando una maggiore continuità lavorativa. In sintesi, il biohacking è una risorsa potente per gli imprenditori e i manager che desiderano migliorare non solo la propria produttività, ma anche il benessere generale del team, creando un ambiente di lavoro più sano e resiliente».
E’ utilizzato da imprenditori come Jeff Bezos, Jack Dorsey, nomi quindi di un certo rilievo. A cosa si deve così tanto successo?
«Il successo del biohacking tra imprenditori di spicco come Jeff Bezos e Jack Dorsey si spiega con la sua capacità di coniugare benessere personale e alta produttività, elementi indispensabili per chi opera in contesti ad alta pressione. Questi leader sanno che la propria salute fisica e mentale non è un lusso, ma un asset strategico per affrontare le sfide quotidiane con lucidità e resistenza. La pratica del biohacking permette di ottimizzare le risorse personali in modo concreto. Jack Dorsey, ad esempio, ha parlato spesso del digiuno intermittente come strumento per mantenere energia stabile e concentrazione durante il giorno, evitando i cali tipici di un’alimentazione disordinata. Allo stesso modo, Bezos, noto per l’importanza che attribuisce al sonno e alla gestione dello stress, dimostra quanto sia cruciale mantenere un equilibrio psico-fisico per prendere decisioni complesse senza perdere di vista la visione strategica. Il biohacking non si limita a risolvere problemi immediati, ma guarda al lungo termine, promuovendo uno stile di vita che protegge la salute e la resilienza personale. È questo approccio olistico, capace di unire scienza e pragmatismo, che lo rende così attraente per chi, come Bezos e Dorsey, cerca non solo di ottenere performance straordinarie, ma anche di garantirsi la sostenibilità di tali risultati nel tempo».

Biohacker Stefano Santori foto ufficio stampa
In Italia è conosciuto/applicato?
«In Italia il biohacking sta iniziando a farsi strada, ma è ancora un fenomeno di nicchia rispetto ad altri Paesi come gli Stati Uniti o il Nord Europa, dove è nato e si è sviluppato. Tuttavia, l’interesse verso questa pratica sta crescendo, soprattutto tra professionisti, imprenditori e appassionati di benessere che cercano strumenti innovativi per migliorare le proprie prestazioni psicofisiche. Negli ultimi anni, si è assistito a una maggiore attenzione verso la cura di sé e la prevenzione, con un aumento della consapevolezza riguardo all’importanza di abitudini salutari per mantenere alti livelli di energia e produttività. Anche in ambito imprenditoriale, alcune figure stanno sperimentando tecniche di biohacking come il monitoraggio del sonno, la mindfulness, il digiuno intermittente e l’uso di integratori specifici. Nonostante ciò, il concetto di biohacking in Italia è spesso percepito come qualcosa di futuristico o legato esclusivamente alla tecnologia avanzata, mentre le sue applicazioni pratiche e accessibili sono meno conosciute».
Entrando nello specifico, quali sono le strategie proposte dal biohacking?
«La nutrizione strategica gioca un ruolo fondamentale. Non si tratta di seguire una dieta, compito esclusivo di dietologi e nutrizionisti, ma di adottare un approccio alimentare mirato, modellato sulle esigenze personali. Ad esempio, un manager dovrebbe imparare a gestire in modo consapevole e strategico cosa mangia, come lo fa e soprattutto quando, per mantenere alti livelli di energia e concentrazione. Un consumo eccessivo di carboidrati raffinati o zuccheri, ad esempio, può compromettere la capacità di attenzione, a causa dei picchi glicemici che influenzano negativamente le funzioni cognitive. Al contrario, ridurre i carboidrati o mantenerli a livelli moderati consente al cervello di restare più attivo e concentrato, evitando quella fastidiosa “nebbiolina mentale” (o brain fog). Un altro strumento utile per chi è abituato a un’alimentazione più strutturata è il digiuno intermittente. Questo approccio, spesso adottato da manager attenti al proprio benessere, prevede una colazione priva di alimenti che innalzano rapidamente la glicemia, il salto del pranzo (compensato da spuntini a base di grassi sani, come le mandorle) e un conseguente aumento della lucidità generale. Accanto alla nutrizione strategica, un ruolo altrettanto cruciale è svolto dalla respirazione. Una delle tecniche più semplici e diffuse tra chi pratica il biohacking è la cosiddetta “respirazione quadrata”. Questa tecnica prevede quattro fasi: inspirazione, trattenimento del respiro, espirazione e una pausa successiva, tutte della stessa durata. In genere si inizia con cicli di quattro secondi per fase, aumentando gradualmente se necessario. Bastano pochi minuti, anche solo 4 o 6 cicli (o fino a 10 per chi è molto stressato), per ottenere un notevole miglioramento dell’autocontrollo. Dal punto di vista fisico, questa pratica riduce la frequenza cardiaca, abbassa la pressione e calma il sistema nervoso simpatico, favorendo un maggiore equilibrio. Infine, ma non per importanza, c’è il ruolo del sonno nella salute psicofisica. La qualità del sonno è spesso una sfida, soprattutto per i manager sottoposti a ritmi frenetici e carichi di stress. Anche in questo caso, un approccio strategico può fare la differenza. Seguendo i ritmi circadiani e applicando, ad esempio, un digiuno intermittente serale (saltando la cena) si può ridurre lo stress digestivo, migliorando la qualità del riposo. In alternativa, si può optare per una cena leggera consumata almeno due o tre ore prima di andare a letto, affiancando buone pratiche come eliminare gli schermi luminosi dopo le 21 o utilizzare occhiali filtranti per la luce blu. In sintesi, nutrizione, respirazione e sonno rappresentano i tre pilastri su cui costruire uno stile di vita che promuova il benessere e migliori la performance, garantendo risultati tangibili sia nel lavoro che nella vita personale».
Esistono dei rischi?
«Il biohacking può essere consigliato a tutte le età, ma non in modo astratto o generalizzato. È fondamentale tenere conto di alcuni fattori chiave, come lo stato di salute individuale, per evitare potenziali rischi. Ad esempio, tecniche come l’immersione in acqua fredda, che possono offrire benefici significativi, non sono adatte a tutti, soprattutto a chi potrebbe avere fragilità cardiovascolari. Il primo passo è sempre quello di consultare un medico prima di intraprendere pratiche specifiche. Inoltre, è importante iniziare da attività compatibili con il proprio stile di vita. Per esempio, chi è già abituato a cene leggere potrebbe sperimentare gradualmente il digiuno intermittente per valutarne gli effetti, mentre chi trova difficile rinunciare ai pasti potrebbe partire con pratiche meno impegnative e più vicine alle proprie abitudini quotidiane. L’approccio ideale è quello di seguire una via di minor resistenza inizialmente, per poi progredire gradualmente verso protocolli più complessi man mano che ci si adatta. Un altro elemento essenziale è prestare attenzione allo stato di salute preesistente. Come per qualsiasi forma di allenamento fisico, anche nel biohacking la dose è cruciale: una pratica che in piccole quantità può essere benefica potrebbe diventare dannosa se applicata in modo eccessivo o indiscriminato. È quindi fondamentale calibrare ogni tecnica sulle caratteristiche individuali, iniziando con dosi minime per poi aumentare gradualmente, ottimizzandone gli effetti nel tempo. Il biohacking può offrire grandi vantaggi, ma va affrontato con prudenza e personalizzazione. La chiave è procedere gradualmente, monitorando sempre i propri limiti e ascoltando il proprio corpo, per evitare che ciò che è pensato per migliorare la qualità della vita diventi un rischio per la salute».
In generale, esulando dal mondo imprenditoriale, per il benessere psico-fisico di una persona, che poi incide anche sulle prestazioni lavorative, mi indica delle tecniche che si possono mettere in atto facilmente per stare meglio?
«Per migliorare il benessere psico-fisico e aumentare le prestazioni lavorative, ci sono alcune pratiche semplici ma efficaci che puoi adottare nella propria routine quotidiana. Prima di tutto, curare il sonno: avere orari regolari per andare a dormire e svegliarsi è fondamentale per rispettare i ritmi naturali del corpo. Si può creare un ambiente favorevole al riposo utilizzando tende oscuranti, riducendo l’uso di dispositivi elettronici prima di dormire e magari provando luci che simulano il ciclo naturale del sole. Anche l’alimentazione gioca un ruolo chiave. Il digiuno intermittente, per esempio, può essere un valido alleato: saltare la cena ogni tanto o concentrarsi su pasti nutrienti durante la giornata aiuta a migliorare il sonno, ridurre l’infiammazione e aumentare l’energia. Non dimenticare l’importanza del movimento: anche solo 20-30 minuti al giorno di esercizio, che si tratti di una camminata, yoga o allenamento leggero, possono fare la differenza. A questo si aggiunge l’esposizione alla luce naturale, preferibilmente al mattino, per regolare il ritmo circadiano e migliorare l’umore. Una pratica sorprendentemente utile è quella delle docce fredde, che possono stimolare il sistema immunitario, migliorare la circolazione e darti una carica di energia. Se il proprio lavoro sottopone a stress costante, tecniche come la respirazione mindfulness o la meditazione quotidiana possono aiutare a ridurre l’ansia e mantenere la concentrazione. Inoltre, si può sperimentare dispositivi indossabili, come anelli o smartband, per monitorare il sonno, il livello di stress e l’attività fisica, ottenendo dati utili per ottimizzare il proprio stile di vita. Piccoli passi, come questi, possono portare a grandi risultati, migliorando non solo la qualità della propria vita ma anche il proprio rendimento sul lavoro».
Biohacking e Sostenibilità, me ne parla?
«Il biohacking e la sostenibilità possono intrecciarsi in modo sorprendentemente efficace, promuovendo uno stile di vita che non solo ottimizza il benessere personale, ma rispetta anche il pianeta. Lo stile di vita promosso dal biohacking, infatti, tende a fortificare la salute dell’individuo e ciò significa una minore incidenza a livello di malattie, con un minor costo sostenuto anche dalla società. Inoltre questo approccio non riguarda solo il miglioramento delle performance individuali, ma può essere esteso a scelte consapevoli e sostenibili. Ad esempio, il biohacking si concentra sull’ottimizzazione dell’alimentazione, preferendo cibi nutrienti e naturali. Anche il rispetto dei ritmi naturali, come i cicli di sonno e luce, ha una componente sostenibile. Utilizzare luci che seguono il ciclo solare, o ridurre l’uso di dispositivi elettronici, può portare a un minore consumo energetico. Inoltre, le docce fredde, spesso promosse nel biohacking per i loro benefici sul sistema immunitario e la circolazione, richiedono meno energia rispetto all’uso di acqua calda».
Molte pratiche di biohacking, conclude l’esperto, come la meditazione e la respirazione mindfulness, sono gratuite e a basso impatto ambientale. Promuovono la connessione con la natura e invitano a trascorrere più tempo all’aria aperta, riducendo lo stress e rafforzando il legame con l’ambiente circostante.