
È l’ipotesi formulata dagli esperti della Columbia Graduate School of Architecture sui materiali da costruzione ecosostenibili
Un team di esperti della Columbia Graduate School of Architecture, Planning and Preservation ha formulato un’ipotesi per l’edilizia del futuro, immaginando di sostituire il cemento con i funghi per la realizzazione di mattoni: ignifughi, resistenti, capaci di autoriparazioni e durevoli. La ricerca è stata pubblicata sul magazine della Commissione Europea Horizon, specializzato in ricerca e innovazione. Utilizzare i funghi come materiale da costruzione significherebbe ridurre moltissimo le emissioni di carbonio e sostanze inquinante e rispettare l’ambiente.
«Questa soluzione potrebbe ridurre significativamente le emissioni di carbonio nel settore delle costruzioni – afferma David Benjamin della Columbia Graduate School of Architecture, Planning and Preservation – e inoltre potrebbero biodegradarsi molto più facilmente a seguito della demolizione di un edificio». Ma come si realizzano questi mattoni? Il team ha lavorato combinando il micelio con rifiuti agricoli come paglia o scarti dal mais, e poi coltivando il risultato per circa due settimane, abbastanza a lungo da colonizzare la paglia. A questo punto il composto viene riscaldato o trattato chimicamente per uccidere il fungo.
Il risultato è molto simile a un mattone tradizionale, fanno sapere dall’università. Un lavoro di ricerca che rientra nel progetto FUNGAR, Fungal Architectures, lanciato nel 2019 per realizzare materiali da costruzione partendo dal micelio. L’obiettivo è limitare le emissioni, perché ogni anno i materiali da costruzione e l’edilizia sono responsabili di quasi il 40% delle emissioni di CO2 a livello globale. Il micelio al contrario sarebbe completamente sostenibile.
Ci sono dei progetti già sorti con questo nuovo tipo di mattone: The Living, per esempio, un open source ideato da David Benjamin che ha portato alla creazione di un padiglione alto 12,2 metri e posizionato all’ingresso del museo d’arte di New York e una struttura ubicata a Parigi il cui micelio vivente cresce in sinergia con la struttura.
La difficoltà principale è il nutrimento richiesto dal fungo: «si potrebbe risolvere teorizzando dei muti con due strati di micelio inattivo all’esterno e uno vivo all’interno – ipotizza Phil Ayres, ricercatore di architettura presso il Center for Information Technology and Architecture di Copenhagen e membro fondatore di FUNGAR – privo di acqua, lo strato interno rimarrebbe dormiente fino a quando non sarebbe necessario. È presto per pensare agli edifici realizzati interamente con questa tecnologia, ma il nostro ambiente ha bisogno di questo tipo di materiali».
di: Micaela FERRARO
FOTO: ANSA
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