
Più a rischio i conti delle famiglie che quelli delle imprese
L’aumento dell’inflazione erode i conti corrente. L’aumento dei prezzi si trasforma di fatto in una perdita del loro valore da quasi 80 miliardi di euro. E’ quanto emerge da una analisi del Centro studi di Unimpresa che ha analizzato l’impatto dell’inflazione sui conti di famiglie ed imprese, visto che ad ottobre è schizzata al 3,8% e che secondo le ultime previsioni Istat dovrebbe salire ancora nei prossimi mesi prima di attenuarsi nella seconda parte del 2022 verso il 2,2%.
L’aumento dei prezzi, infatti, ha un impatto indiretto sulla liquidità lasciata nei depositi bancari da famiglie e imprese: somme di denaro infruttifere, pari a oltre 2.040,1 miliardi, che perdono di potere d’acquisto con l’incremento dell’inflazione. Si tratta, in totale, di una stangata di 77,5 miliardi di euro che pesa soprattutto sulle famiglie, per 43,4 miliardi, poi sulle aziende per 15,2 miliardi.
Secondo il report anche lo Stato centrale subirà gli effetti dell’inflazione con una perdita di potere d’acquisto pari a 904 milioni, mentre gli enti locali (regioni e comuni) subiranno un danno di 805 milioni, più dei 617 milioni a carico delle assicurazioni e dei 286 milioni a carico dei fondi pensione, mentre la liquidità dei fondi d’investimento sarà erosa per 11,8 miliardi.
«L’aumento incontrollato dei prezzi, a cui stiamo assistendo da mesi, può pregiudicare la ripresa economica e comunque rendere almeno in parte vana il rimbalzo del pil del 2021», avverte il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.
La stangata sui conti correnti cagionata dall’inflazione potrebbe risultare, nell’arco dei prossimi 12 mesi, anche più forte se, come probabile, l’indice dei prezzi al consumo continuerà a salire ancora.
di: Maria Lucia PANUCCI
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