
La Procura di Roma ha aperto fascicoli separati per milioni di protezioni immesse sul mercato con false certificazioni o pagate anche fino a 100 volte in più del valore reale
Anche in un momento di grande difficoltà come quello attaule, ancora non concluso, legato all’emergenza Coronavirus, c’è chi specula e agisce con inganno per trarre dal dolore il suo squallido profitto. In questi mesi milioni di mascherine sono state immesse sul mercato senza la certificazione oppure pagate a prezzi da capogiro. Sono quattro i fascicoli aperti dalla Procura di Roma e una decina al momento gli indagati per frode in commercio.
Grazie al lavoro certosino dell’Agenzia delle Dogane sono stati sequestrati molti carichi provenienti dall’estero. I numeri parlano chiaro: oltre al blocco di quattro milioni e 800 mila mascherine, nei magazzini sono rimasti 65 mila e 800 dispositivi per la terapia intensiva, oltre 26 milioni di guanti monouso, 216 tute, più di 47 mila occhiali e persino 86 mila confezioni di alcool. Tutti prodotti non conformi alle norme, la maggior parte con una certificazione fasulla.
Sin dall’inizio dell’emergenza uno dei problemi principali era il reperimento delle mascherine, per poter uscire di casa e andare almeno a fare la spesa. Mentre alcune società chiedevano al ministero della Salute il via libera per riconvertire la propria attività, altri si concentravano sui contatti con ditte estere, soprattutto cinesi. E si affidavano a mediatori per riuscire ad aggiudicarsi le forniture. Alcuni sono stati indagati per aver preteso milioni di euro per favorire il contatto che in realtà si è rivelato inesistente. Altri hanno elargite fideiussioni fasulle.
Il caso più eclatante agli inizi di aprile ha portato all’arresto di un imprenditore che si era aggiudicato una gara Consip da 253 milioni di euro per 24 milioni di mascherine che dovevano essere consegnate entro tre giorni e invece non esistevano.
Per non parlare poi dei certificati contraffatti. In alcuni casi si è scoperto che le mascherine ordinate non erano conformi agli standard. Milioni di pezzi sono stati buttati perché una volta arrivati in dogana si è accertato che non avevano alcuna certificazione.
Insomma sono tante le magagne che stanno venendo a galla. D’altronde si sa che si specula in tutti i casi, soprattutto quando c’è di mezzo molto dolore.
di: Maria Lucia PANUCCI
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