
Solo il 26% delle aziende si fa guidare dalla raccolta dei dati
L’utilizzo dei big data, in Italia, è molto sottovalutato. Infatti, se nel mondo una grande impresa su due si affida ai dati aziendali per prendere decisioni strategiche, in Italia lo fa solamente una su quattro. Eppure il premio per l’utilizzo di questo strumento è un aumento potenziale del 22% della redditività e del 70% delle entrate per dipendente.
Secondo lo studio condotto dal Capgemini research institute, società specializzata in servizi di consulenza, trasformazione digitale e ingegneria, su un campione di più di mille aziende con fatturato pari o superiore a un miliardo, c’è un grosso scarto soprattutto tra gli Stati Uniti, che si inseriscono al primo posto con il 77% di aziende che utilizza i big data, e l’Italia, che rimane ferma al 26%.
Il problema all’origine di questo gap è la mancanza di fiducia dei manager dell’area business verso i dati aziendali, che impedisce l’avvio di processi di trasformazione digitale auspicati invece dai manager IT delle stesse aziende. Manca la spinta innovativa che invece si evince dal lavoro delle imprese americane e tedesche, in grado di monetizzare meglio di tutte le altre i dati aziendali, soprattutto nei settori bancario, assicurativo e delle telecomunicazioni. In crescita anche l’uso dei dati nei settori del commercio e della produzione industriale.
I big data sono una delle nove tecnologie abilitanti incentivate dal Piano Industria 4.0 del Mise per promuovere la digitalizzazione delle imprese. «Le aziende che riusciranno a monetizzare i dati – ha spiegato Massimo Ippoliti, Chief Technology & Innovation Officer di Capgemini in Italia – saranno in grado di acquisire quote di mercato».
di: Micaela FERRARO
FOTO: ANSA
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