
I rider sono pagati a partita Iva o ritenuta d’acconto, il rischio è di dover lavorare 18 ore al giorno
La storia di Emiliano Zappalà, il rider reso famoso dai social le cui vicissitudini ha riportato il Corriere.it, ha fatto discutere il web: si tratta di un rider di Deliveroo che ha dichiarato di guadagnare tra i due e i tremila euro al mese con il suo lavoro.
Benché la sua storia faccia acqua da diverse parti, considerando che si vociferava fosse un commercialista e invece non ha mai lavorato in uno studio esercitando la professione, l’idea di una paga così alta ha allettato le persone, soprattutto visto il periodo difficile a causa del coronavirus, e ha spinto il sito di debunking The Submarine ad analizzare i dati per capire come sia possibile arrivare a cifre di questo tipo, considerando che in genere la maggior parte dei rider guadagna poco più di 800 euro al mese. «Ipotizzando 7,50 euro lordi all’ora, 9 ore al giorno, tutti i giorni della settimana, per arrivare ai quattromila euro al mese lordi bisogna lavorare quasi 18 ore al giorno», fanno sapere dalla piattaforma, per quanto molto dipenda anche dall’algoritmo dei diversi siti.
A protestare per la storia di Zappalà, che si mostra ferreo sullo stipendio, sono le associazioni di rappresentanza dei ciclofattorini, tra cui Riders Union Bologna: «di rider felici nelle strade, soprattutto dopo la firma del contratto capestro ad opera di Ugl e Assodelivery non ne vediamo – fanno sapere – dal momento che i compensi dal tre novembre scorso sono stati tagliati dal 50% al 30% su ogni singola corsa, in tutto il settore, infatti ci stiamo organizzando per una nuova data di mobilitazione nazionale che coinvolga tutti i territori». Una cosa già accaduta lo scorso ottobre.
La storia di Zappalà rischierebbe insomma di compromettere le lotte sindacali per il lavoro dei rider, per quanto lui stesso abbia fatto sapere di essere iscritto a Ugl Rider e di aver partecipato ai tavoli negoziali per la trattativa con AssoDelivery.
di: Micaela FERRARO
FOTO: ANSA
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