
Secondo il rapporto del Centro Studi Tim la casa del prossimo futuro è intelligente, iperconnessa e dotata di sistemi di domotica. E gli italiani sembrano ben disposti
Il mercato italiano della Smart Home potrebbe raggiungere un giro d’affari da più di un miliardo di euro entro il 2023. Ad affermarlo è il primo rapporto Smart Home – internet of things nelle case italiane del Centro Studi Tim. «La ricerca evidenzia come la disponibilità di una casa intelligente, connessa con la banda ultralarga e dotata dei moderni dispositivi di domotica, non solo rende più comoda e sicura la vita di chi vi abita ma contribuisce a migliorare l’ambiente supportando anche la transizione ecologica del Paese» – sostiene Carlo Nardello, chief strategy, business development e transformation officer di Tim.
Nonostante un rallentamento dovuto alla pandemia di Covid-19, dunque, il comparto sembra proseguire a pieno ritmo la sua corsa. Ad attrarre gli italiani sarebbe non solo l’idea di una casa più tecnologica e intelligente, ma anche la possibilità di ridurre i consumi energetici, risparmiare tempo con l’automazione remota ed aumentare la qualità della sicurezza, del benessere e dell’intrattenimento.
«Si sono venduti meno oggetti smart ma a un numero più ampio di famiglie rispetto al passato» – riporta lo studio. – «Per il 2021 la crescita attesa in Europa dovrebbe ripartire con l’intensità del 2019, se non ancora maggiore, in linea con quanto prospettano recenti indagini sul mercato statunitense». Il mercato globale ha raggiunto nel 2020 un valore di 68 miliardi di euro, ma nel 2023 l’incremento annuo medio del 17% consentirà di superare i 110 miliardi di euro. Stati Uniti e Cina occupano rispettivamente il 20% e il 40% del mercato, mentre in Europa svetta il Regno Unito, dove per ogni 10 case ci sono 18 oggetti smart. Seguono Germania (16 oggetti), Francia (12), Italia (6) e Spagna (4). In Italia questo segmento nel 2020 ha raggiunto i 566 milioni di euro, registrando una lieve contrazione rispetto al 2019 (-6%) a causa di Covid (ne abbiamo parlato qui).
«Le nuove esigenze dettate dalla crisi pandemica hanno portato molte famiglie a riconvertire le proprie abitazioni in uffici, aule per la didattica e perfino in palestre dove poter svolgere attività fisica» – si legge nel report. – «A questo ripensamento delle mura domestiche che, di per sé, già rappresenta un elemento di stimolo per il mercato degli oggetti connessi ad uso casalingo, si aggiunge il fatto che la componente di efficienza energetica della domotica potrà continuare a godere di incentivi statali che sono stati ulteriormente rafforzati nel corso del 2020 (ecobonus, superbonus)».
Tra i prodotti più gettonati ci sono gli smart speaker. I dati riportati da Tim confermano che nel 2019 l’home entertainment con audio multi-room, Google Chromecast e Amazon Fire Stick rappresentava ancora il traino del settore con 110 milioni di euro. Nel 2020 questi sistemi sono stati sorpassati dagli smart speaker che hanno raggiunto quota 106 milioni di euro. Stando alle previsioni, nel 2023 raggiungeranno i 236 milioni (+30% media annua), seguiti da gateway, hub, prese smart e pulsanti programmabili con un venduto di 211 milioni.
Secondo l’indagine Awareness ed experience, assistenti conversazionali in Italia di Celi la maggior parte degli utenti utilizza gli smart speaker soprattutto per ascoltare la musica dei servizi streaming o la radio, consultare il meteo e accedere alle funzionalità orologio. Pochi, invece, li utilizzano per gestire sensori o apparecchiature smart.
Tra i più acquistati ci sono quelli di Amazon Echo che supportano l’interfaccia vocale Alexa, seguiti dai modelli (9%) compatibili con Google Home. La maggior parte degli acquirenti di questi prodotti si dice molto soddisfatto (30%) o abbastanza soddisfatto (49%). I restanti, d’altro canto, lamentano l’incapacità dell’interfaccia vocale di comprendere le richieste (11%), la disponibilità esigua di funzionalità (8%) e il ridotto uso (8%).
Un’indagine Doxa, inoltre, riporta che il 46% degli intervistati vuole apportare modifiche alla propria casa, il 16% lo farebbe per migliorarne le dotazioni tecnologiche, mentre l’11% per aumentarne l’efficienza energetica. «Per il 90% degli italiani la casa è in cima alla lista delle priorità, ma quasi la metà degli italiani (48%) si dice non pienamente o solo parzialmente soddisfatto della propria casa, con una differenza legata all’età e al reddito, oltre che alla tipologia di casa e al titolo di godimento dell’immobile» – illustra il sondaggio.
«La casa ideale ha un collegamento internet veloce e stabile, è connessa con il wi-fi e controllabile dall’esterno attraverso lo smartphone, con sistemi di sicurezza avanzati, e rilevatori di perdite e guasti» – puntualizza Tim. Secondo i dati, la presenza in casa di almeno un oggetto smart cresce all’aumentare dei componenti della famiglia, dal 28% del single fino al 56% del nucleo di almeno 5 persone. Chi ha una connessione dati stabile e veloce, inoltre, possiede un oggetto smart nel 66% dei casi ed intende acquistarlo nel 68% dei casi. «Come primo acquisto, i kit sono spesso considerati la soluzione più semplice dagli italiani, specialmente da chi non ha ancora dimestichezza con gli oggetti smart, mentre l’acquisto del singolo prodotto è preferito da chi già possiede oggetti smart per una maggiore libertà di scelta delle caratteristiche dell’oggetto (88%) e la ricerca di un risparmio economico (83%)» – sottolinea Tim.
L’espandersi del mercato della Smart Home sta avendo in tutto il mondo una significativa influenza sul mercato immobiliare. In Italia lo scenario è ancora in via di definizione ma c’è chi già afferma che il generale decremento dei prezzi delle abitazioni degli ultimi anni potrebbe finalmente rallentare. «Internet è ora la quarta utility dopo gas, elettricità e acqua» – sottolinea Tim. – La smart home è data per scontata per le case nuove e/o di lusso, mentre per le altre case ogni soluzione smart installata porta un valore aggiuntivo dal 1% al 5%».
Infine, sempre secondo l’analisi di Tim, i sistemi di Smart Home possono contribuire a ridurre in maniera significativa il consumo energetico delle famiglie italiane. Nello specifico i sistemi di energy monitoring possono generare un risparmio fra i 3 e i 3,5 miliardi di euro annui se usati in maniera massiva. Una riduzione del 10-15% dei consumi elettrici nazionali domestici legata ai dispositivi di energy management può portare ad una riduzione complessiva di CO2 di circa 1,7- 2,5 milioni di tonnellate.
di: Alessia MALCAUS
FOTO: ANSA/EPA/SASCHA STEINBACH
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