Le linee guida: parole lunghe e mai di senso compiuto
Lo smart working ha reso ancora più evidente la necessità di proteggere i propri dati personali e aziendali dai criminali informatici, che si sono fatti agguerritissimi. Ne è ulteriore riprova quanto accaduto nel Lazio (leggi qui), con l’attacco hacker che ha messo in ginocchio i sistemi informatici regionali.
Secondo l’esperto di cybersicurezza Corrado Giustozzi ci sono alcune buone pratiche da adottare che possono rendere più sicura la nostra permanenza online.
Il primo nodo fondamentale è quello della password, che deve essere sempre lunga e non deve avere in sé una parola di senso compiuto, perché nel dizionario italiano ci sono meno di 800 mila lemmi comprese le forme flesse e un computer ci mette meno di una frazione di secondo a controllarle tutte. Bisogna ricordare la password, usare caratteri speciali, ma sempre nella misura in cui è possibile mandarli a memoria perché non bisogna mai scriverle su carta, men che meno su smartphone.
Inoltre bisogna cambiare spesso la password, almeno una o due volte l’anno. Questo perché, spiega Giustozzi, nel dark web esistono dump con milioni di password, magari vecchie, e se si trova lì e verosimilmente è ancora buona un criminale informatico potrebbe provarla, accedere ai nostri account e magari leggere le nostre mail o svuotarci il conto.
Per conservare le password vanno bene i fogli elettronici, ma protetti, in modo che non siano facilmente accessibili dall’esterno, e anche le applicazioni che con una sola password permettono di conservare tutte le altre.
Altre skill. La VPN per proteggere il pc a casa non basta, bisogna sempre avere un antivirus e possibilmente evitare di usare lo stesso pc con cui si gioca o si fa la spesa per accedere a dati sensibili o a programmi aziendali.
di: Micaela FERRARO
FOTO: AFP
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