
L’inflazione pesa sui prezzi del grano, salati gli aumenti. L’analisi di Coldiretti
L’inflazione fa decollare i prezzi del grano che in 24 ore sono saliti del 6,6% a livello globale. Lo rivela Coldiretti alla chiusura settimanale del Chicago Board of Trade.
Alla base di questo aumento c’è la guerra in Ucraina, oltre al cambiamento climatico. Pesano le svolte internazionali, come la ripresa del dialogo tra Stati Uniti e Cina.
Sale anche il prezzo del mais, in aumento del 4,6%.
Il Chicago Board of Trade è il punto di riferimento internazionale del mercato future dei cereali. Ad oggi, il grano è salito a 8,91 dollari a bushel e il mais a 6,23 dollari a bushel dopo un periodo di ribassi.
«È una scossa per i mercati dopo il lungo stallo sullo sblocco nei trasporti delle produzioni dell’Ucraina – spiegano da Coldiretti. – Il Paese è uno dei principali produttori ed esportatori. Nel mondo esporta il 10% del frumento tenero destinato alla panificazione per un totale di oltre 18 milioni di tonnellate ma anche il 15% del mais per oltre 27 milioni di tonnellate. Il balzo delle quotazioni delle materie prime alimentari a livello mondiale causa gravi carestie e fame nei Paesi poveri e inflazione e aumento dell’indigenza alimentare in quelli ricchi».
L’andamento delle quotazioni riflette, secondo l’analisi presentata, un ridimensionamento delle previsioni produttive a livello globale. Per il 2022/2023 la produzione mondiale di grano è stimata in calo a 769 milioni, con un quantitativo di 19,4 milioni di tonnellate, circa il 40% in meno rispetto ai 33 milioni di tonnellate previsti per questa stagione, ma anche negli Stati Uniti (46,8 milioni) e in India (105 milioni). Secondo Coldiretti sarà in controtendenza il raccolto del grano, che è previsto in crescita del 2,6% in Russia per raggiungere 84,7 milioni di tonnellate. Di queste, circa la metà sarà destinata alle esportazioni.
Anche dalla Commissione europea arrivano prospettive al ribasso per il mercato agricolo. Coldiretti spiega che la produzione totale di cereali nei 27 Paesi Ue dovrebbe raggiungere 286,4 milioni di tonnellate, il 2,5% in meno rispetto alla stagione 2021/2022. Ma le riserve esistenti “aiuteranno a soddisfare le esigenze del consumo interno e parte della domanda di esportazione che dovrebbe rimanere elevata in considerazione delle pressioni sui mercati globali”.
E l’Italia? Secondo Coldiretti la riduzione delle rese a causa dei cambiamenti climatici peserà sul raccolto che si attesterà intorno ai 6,5 miliardi di chili a livello nazionale su una superficie totale di 1,71 milioni di ettari coltivati fra grano duro per la pasta e grano tenero per pane e biscotti. «La produzione di grano è stimata quest’anno in forte calo con un taglio medio superiore al 15% per effetto dei rincari dei costi di produzione e della siccità che ha tagliato le rese dal Nord a Sud del Paese. In alcune aree più produttive del Paese il crollo supera il 30%».