
La burocrazia blocca pale e pannelli, ma volano le emissioni di CO2
Hanno un basso impatto ambientale, ma grazie alla creazione di nuovi posti di lavoro possono creare un alto impatto (positivo) sociale, e ci permetterebbero inoltre di renderci indipendenti in breve tempo dal gas russo. Eppure all’Italia le rinnovabili sembrano non piacere, visto che si continua a mettere loro di fronte sempre più ostacoli burocratici. Anche se non manca qualche buona notizia: secondo Terna, la Spa dell’alta tensione: «Nei primi 9 mesi del 2022 la capacità rinnovabile in esercizio è aumentata di 2.011 megawatt. Tale valore è superiore di 1.173 megawatt (+140%) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente».
Dopo un primo boom a cavallo tra 2011 e 2012 durante i governi Berlusconi e Monti dal 2013 al 2021 i governi Letta, Renzi, Gentiloni, Conte 1 e Conte 2 nonostante gli annunci avevano realizzato solo 800-1.000 megawatt l’anno. Il 2022 chiuderà fortunatamente a più del doppio degli anni precedenti, attorno ai 2.400 megawatt. Possiamo cantare vittoria? Decisamente no.
Certo eolico e fotovoltaico crescono molto più velocemente rispetto alla paralisi degli ultimi dieci anni ma sono numeri troppo esigui, assolutamente lontani sia dagli standard europei sia dagli obiettivi indicati per il 2030 e il 2050 dall’Europa e dal Piano nazionale integrato energia e clima: mancano infatti all’appello 10mila nuovi megawatt l’anno, il quadruplo rispetto al 2022 da primato. Praticamente il ‘nostro meglio’ è quattro volte più in basso rispetto alla sufficienza. Ma se le rinnovabili sono bloccate da meccanismi burocratici farraginosi e da amministrazioni poco lungimiranti, sembra che gli italiani stiano coltivando un nemico in seno.
Se le rinnovabili infatti non decollano, la CO2 vola in alto, e parecchio. In un anno l’aumento della sua dispersione nell’aria si è attestato a +8,7%. Inoltre la fuga dal diesel verso la benzina sta portando a un aumento delle emissioni di CO2, questa ne emette di più di quello a gasolio. Secondo Promotor, le emissioni medie di CO2 delle nuove immatricolazioni in ottobre crescono del 4,6% a 120,1 grammi per chilometro. La soluzione quindi non è la benzina, ma l’ibrido. Che però anche con i nuovi incentivi resta ben lontano dalle capacità di portafoglio di molti italiani.