
Un evento accompagnato da brindisi e festeggiamenti di piazza, ma anche da forti dubbi e proteste
Poco prima della mezzanotte di questo storico 15 aprile, 62 anni dopo l’accensione della prima centrale, scoccherà la fine di un’era per la locomotiva industriale d’Europa. La Germania spegnerà le ultime centrali nucleari.
Un evento accompagnato da brindisi e festeggiamenti di piazza, ma anche da forti dubbi e proteste, in un momento storico in cui Berlino è alle prese con la crisi energetica e la scelta del governo del cosiddetto Semaforo sembra piuttosto isolata, anche in Europa.
Davanti alla Porta di Brandeburgo un enorme dinosauro gonfiabile viene fatto fuori dalla spada inferta dal simbolo rosso del movimento antinucleare.
C’è chi è venuto a festeggiare, e aspetterà le 23.45, il minuto in cui si spegnerà la centrale di Isar 2 in Baviera, e intorno alla stessa ora quelle di Emsland nella Bassa Sassonia, e di Neckarwestheim 2, nel Baden-Wuerttemberg. Ma c’è anche chi protesta, ritenendo la scelta dell’exit dall’energia atomica strategicamente sbagliata e perfino anti-ecologica.
“È una bella giornata”, secondo Greenpeace, che chiede alla politica di concentrarsi adesso sullo smaltimento delle scorie accumulate per decenni. Di avviso opposto l’associazione Nuklearia: l’energia atomica resta a loro avviso “la strada migliore per mantenere il nostro benessere e proteggere il clima”. Lo riferisce l’Ansa.
Anche la politica è divisa, con i verdi di Robert Habeck, decisi e trionfanti, e i liberali apertamente contrari – “un errore drammatico con dolorose conseguenze ecologiche”, per il vice del partito Wolfgang Kubicki – spalleggiati dai conservatori di Friedrich Merz (Cdu), “una giornata nera per il Paese”.
La prima centrale nucleare, quella di Kahl, vicino a Francoforte, era stata accesa nel 1961. Da allora in poi, la forte industria tedesca ha potuto contare per decenni sull’energia fornita da 36 reattori, che nel 1997, ricorda lo Spiegel, sono arrivati a contribuire alla produzione del 31% dell’energia elettrica della Repubblica federale (l’anno scorso la quota coperta era appena del 6).
Sulla spinta delle proteste di massa iniziate negli anni ’70 e ’80, nel 2000 il governo formato da Spd e Verdi fu il primo a programmare l’uscita, ma successivamente i conservatori, con Unione e Fdp decisero una proroga per il nucleare, fino alla svolta voluta da Angela Merkel, che nel 2011, sotto l’impressione suscitata dal disastro di Fukushima e le forti proteste popolari, scelse di accelerare la progressiva dismissione delle centrali tedesche, stabilendo lo stop completo per la fine del 2022.
A causa della crisi energetica provocata dalla guerra russa in Ucraina, quella data non è stata rispettata: il governo di Olaf Scholz, il cancelliere socialdemocratico alleato con i verdi di Robert Habeck e i liberali di Christian Lindner ha deciso (dopo molte polemiche interne) il prolungamento dell’attività degli ultimi tre reattori in funzione per quattro mesi.
L’ora x è adesso arrivata: la Germania vuole puntare tutto sulle rinnovabili, ma intanto dovrà sfruttare di più le centrali a carbone, fanno notare gli scettici, producendo più emissioni di Co2. Le riserve sono diffuse e qualcuno ha già scommesso su un dietrofront: secondo l’economista di Oxford Dieter Helm, intervistato dalla Faz, Berlino sta facendo un grave errore, uscendo dal nucleare in piena crisi energetica. “Posso immaginare un rientro dal 2030“, ha aggiunto, sottolineando i progressi tecnologici che renderanno il nucleare sempre più sicuro.
(foto ANSA)