
Secondo i dati Istat e Bankitalia resi noti oggi, alla fine del 2022 la ricchezza netta delle famiglie italiane è diminuita dell’1,7% rispetto al 2021 e del 12,5% in termini reali
Alla fine del 2022 la ricchezza netta delle famiglie italiane è stata pari a 10.421 miliardi di euro. Su base annua è diminuita dell’1,7% in termini nominali, dopo tre anni di crescita, mentre il calo in termini reali, usando come deflatore l’indice dei prezzi al consumo, è stato più marcato, del 12,5%. E’ quanto emerge dalla nota Istat/Banca d’Italia dal titolo La ricchezza dei settori istituzionali in Italia. Nel report si legge: «le attività finanziarie si sono contratte del 5,2%, principalmente per effetto della riduzione del valore delle azioni e degli strumenti del risparmio gestito. Dopo circa un decennio sono tornati a crescere i titoli di debito detenuti dalle famiglie, in buona parte emessi dalle amministrazioni pubbliche, mentre l’aumento dei depositi è stato contenuto, dopo il forte accumulo osservato nel triennio precedente. La crescita delle passività finanziarie (+2,8%) è riconducibile soprattutto alla componente dei prestiti».
Secondo il report il rapporto tra la ricchezza netta e il reddito lordo disponibile è sceso da 8,7 a 8,1, tornando ai livelli del 2005. Aumentano del 2,1% le attività non finanziarie nel 2022, il più elevato tasso di crescita dal 2009; il peso di questa componente sul totale della ricchezza lorda ha raggiunto il 46,3%.
«Dati drammatici! Si tratta di un crollo molto preoccupante e allarmante. Gli italiani si impoveriscono sempre più e il fatto di essere proprietari della loro abitazione non è più sufficiente come una volta per mantenere stabile la loro ricchezza, che scende anche in rapporto al reddito disponibile, reddito già insufficiente per far fronte all’aumento del costo della vita e all’inflazione galoppante. Insomma il tesoretto degli italiani perde sempre più di consistenza e questo significa accrescere le incertezze sul futuro, ridurre le aspettative sulla propria condizione economica, con conseguenze negative sui consumi», afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
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