Considerata da sempre la locomotiva d’Europa, la Germania sta attraversando un periodo particolarmente difficile sia sul piano economico che politico. Quali sono le prospettive per il paese teutonico? A rispondere è Gabriel Debach, Analista di mercato in eToro.
Perché l’economia tedesca è sempre stata vista come la più importante in Europa?
«Il ruolo predominante dell’economia tedesca in Europa è una costante di rilievo, avvalorata da diverse variabili. In termini di grandezza del Prodotto Interno Lordo (PIL), la Germania si conferma come la prima economia europea, con un valore di circa 3.876.810 milioni di euro secondo i dati Eurostat del 2022. Questo ammontare rappresenta circa il 30% dell’Area Euro, distanziando la Francia e l’Italia nella classifica economica. La centralità della Germania, sia geografica che politico-economica, contribuisce significativamente alla sua leadership nel continente. La sua stabilità finanziaria, evidenziata dalla tripla A assegnata dalle agenzie di rating, la posiziona come punto di riferimento per molti degli spread nazionali. Un esempio tangibile è lo Spread italiano, calcolato sulla differenza tra i rendimenti dei decennali tedeschi e italiani. Berlino, tra i paesi fondatori della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) nel 1951 insieme a Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi, ha svolto un ruolo cruciale nello sviluppo dell’Unione Europea. Il mercato tedesco, costituente circa il 30% del PIL dell’Eurozona, continua a essere vitale per l’Europa. La Germania, essendo il principale partner commerciale di oltre la metà dei 27 paesi dell’UE, assorbe una considerevole quantità di importazioni dagli altri membri dell’unione monetaria. Questo la rende anche il principale paese esportatore per l’Italia, consolidando il suo impatto economico in tutto il continente».
La Germania, oggi, è in recessione. Cosa sta succedendo?
«Sebbene la recessione sia stata evitata, l’attuale declino economico della Germania è il risultato di una combinazione di fattori che hanno impattato negativamente sull’economia del paese. Quello che una volta ha contribuito a consolidare la robustezza economica tedesca si è ora trasformato in un ostacolo: i crescenti costi energetici e l’esposizione alla Cina. Da un lato, l’incremento dei costi energetici, causato dalle revisioni degli approvvigionamenti dalla Russia e dall’abbandono dell’energia nucleare, ha minato la competitività delle esportazioni tedesche e ha ridotto la domanda interna. Dall’altro lato, il rallentamento dell’economia cinese ha avuto impatti significativi sulle esportazioni berlinesi. A complicare ulteriormente la situazione, vi è stato un aumento dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea, rendendo più oneroso il finanziamento per imprese e famiglie. Il consumo interno, solitamente un motore dell’economia tedesca, si è rivelato un freno rispetto ad altri paesi europei. L’incertezza politica ha aggiunto ulteriori complicazioni, con la sentenza della Corte Costituzionale tedesca che ha dichiarato incostituzionale il trasferimento di 60 miliardi di euro al Fondo per il clima e la trasformazione, causando un deficit nelle finanze pubbliche. Tutti questi fattori hanno contribuito a una contrazione del 0.3% del PIL tedesco nel 2023, rendendolo il peggiore risultato tra le grandi economie globali. Le prospettive per il 2024 non appaiono rosee, con una crescita stimata intorno allo zero».
Quali potrebbero essere le conseguenze in Europa di un protrarsi della crisi economica in Germania?
«Un prolungato rallentamento economico in Germania potrebbe avere profonde conseguenze per l’intera Europa. I punti che hanno reso la Germania rilevante in Europa rappresentano attualmente il rovescio della medaglia nel caso di un protratto rallentamento economico. In primo luogo, il peso economico della Germania all’interno dell’Unione Europea (UE) potrebbe diventare un elemento destabilizzante. Essendo la principale economia europea, una contrazione prolungata avrebbe impatti diretti sugli indicatori economici complessivi dell’UE. L’interdipendenza tra la Germania e le economie europee potrebbe amplificare gli effetti negativi, con conseguenze su settori chiave come il commercio e la produzione. Inoltre, la Germania ha giocato un ruolo centrale nel finanziamento di progetti comunitari e nella gestione delle politiche europee. Un rallentamento economico potrebbe mettere a rischio la capacità del paese di sostenere tali iniziative, con possibili ripercussioni sulla coesione e sulla solidità finanziaria dell’UE».
Quanto ha influito su questo stato di cose la frammentazione che sta caratterizzando il panorama politico tedesco?
«Economia e politica non possono essere separate. Quali italiani siamo ben consapevoli di come una stabilità politica rappresenti un importante biglietto da visita per l’economia. Come precedentemente riportato, l’incertezza politica ha aggiunto ulteriori complicazioni all’evoluzione della crescita tedesca, con la sentenza della Corte Costituzionale tedesca che ha dichiarato incostituzionale il trasferimento di 60 miliardi di euro al Fondo per il clima e la trasformazione, causando un deficit nelle finanze pubbliche».
Quali sono le prospettive future per la nazione teutonica?
«Le stime della Commissione Europea prevedono che il PIL reale aumenterà dello 0,3% nel 2024 e dell’1,2% nel 2025. Per il 2024, ciò implica una revisione al ribasso rispetto allo 0,8% previsto nelle previsioni autunnali, mentre le previsioni per il 2025 rimangono invariate. Crescita dello 0,3% che si posizionerebbe tra le più basse della regione. L’ultimo rapporto sull’Indice dei responsabili degli acquisti (PMI) per il settore manifatturiero in Germania dipinge un quadro cupo per l’economia e lascia poche speranze per una ripresa rapida. A febbraio, il PMI, un significativo indicatore anticipato del Prodotto Interno Lordo (PIL), è sceso da 45,50 a 42,30 punti. Questo peggioramento arriva dopo una fase in cui il PMI si era ripreso per sei mesi consecutivi. La domanda è: Quando il valore dell’indice supererà nuovamente la soglia critica di 50 punti? Dal luglio del 2022, l’indice segnala ininterrottamente una recessione. I deludenti dati hanno scatenato una reazione immediata da parte degli investitori, che hanno messo al sicuro i loro profitti a breve termine. Il DAX, nonostante i dati deboli, non è rimasto fermo per molto tempo e ha continuato la sua tendenza al rialzo, aggiornando i suoi massimi storico. Nel settore dei servizi c’è stato un lieve miglioramento, con il relativo PMI salito da 48,0 a 48,2 punti. Tuttavia, è necessaria cautela data la persistente incertezza. Un raggio di speranza potrebbe risiedere nella crescente richiesta rivolta alla Banca Centrale Europea (BCE) di abbassare i tassi di interesse prima del previsto».
Un punto, quest’ultimo che, conclude Debach, potrebbe essere un passo importante per stimolare l’economia e accelerare la ripresa.