L’UE apre un’indagine su AliExpress, un sito di e-commerce internazionale gestito dal colosso tecnologico cinese Alibaba, per contenuti illegali e pornografia sulla piattaforma.
La Commissione, il braccio esecutivo dell’Unione Europea, ha aperto l’indagine ai sensi del suo storico Digital Services Act, entrato in vigore questo mese. L’ampia legislazione mira a tenere sotto controllo i giganti della tecnologia in aree che vanno dal comportamento anticoncorrenziale alla garanzia che la disinformazione non sia diffusa sulle loro piattaforme.
In particolare pare che AliExpress abbia violato la DSA in “aree legate alla gestione e mitigazione dei rischi, alla moderazione dei contenuti e al meccanismo interno di gestione dei reclami, alla trasparenza dei sistemi pubblicitari e di raccomandazione, alla tracciabilità dei commercianti e ai dati accesso per i ricercatori”.
La Commissione valuterà se vi sia stata una mancata applicazione dei termini di servizio di AliExpress, che vietano alcuni prodotti che rappresentano un rischio per la salute dei consumatori, come i medicinali contraffatti. L’indagine verterà anche sull’eventuale presenza di violazioni della Dsa che consentivano ai minori di accedere a materiale pornografico, che secondo la Commissione i consumatori possono ancora trovare sulla piattaforma. Altre aree dell’indagine includono il modo in cui AliExpress consiglia i prodotti agli utenti e se il sito di e-commerce rispetta una regola che consente un archivio ricercabile di annunci forniti sulla piattaforma.
Questa è la terza indagine formale ai sensi del DSA, dopo quelle aperte su TikTok e sulla piattaforma di social media X. L’UE ha inviato una richiesta di informazioni ai sensi del Digital Services Act a 17 aziende tecnologiche che considera piattaforme online di grandi dimensioni (VLOP) e motori di ricerca. Tra queste rientrano ovviamente Amazon, Apple e Meta.
L’Ue sta mettendo in pratica il DSA, entrato in vigore ad agosto, che richiede che le grandi piattaforme online come X abbiano sistemi efficaci e trasparenti per la moderazione e la rimozione di informazioni false, fuorvianti e dannose. Le aziende che non rispettano potrebbero affrontare multe pari al 6% del fatturato annuo o addirittura essere bandite dal blocco se violano ripetutamente le regole. L’apertura di una procedura formale di infrazione non ne pregiudica l’esito.