I trasporti e la logistica rappresentano il 3% del Pil. L’80% delle merci in Italia viaggia su gomma, mentre il 60% delle nostre importazioni e il 50% delle esportazioni (per quantità) transita attraverso il trasporto marittimo.
I valichi alpini rappresentano da soli una quota di oltre il 50% delle vie per le importazioni e del 60% delle esportazioni. E c’è di più.
Nel 2021 il trasporto merci ferroviario ha superato i livelli del 2019, con una movimentazione di 52 milioni di treni per chilometro e un traffico complessivo di 24 miliardi di tonnellate a chilometro, con i traffici nazionali a +17,6% sul 2019 e quelli in esportazione a +23,7%.
Le imprese di trasporto merci su strada in Italia sono circa 80mila e impiegano circa mezzo milione di persone, anche nel mondo marittimo l’Italia vanta delle eccellenze: siamo il Paese con la flotta di traghetti più grande a livello mondiale.
Negli anni si è sviluppato molto il settore della distribuzione, con tante imprese che si occupano della logistica dell’ultimo miglio, con una significativa presenza di gruppi stranieri che scelgono l’Italia, contribuendo al potenziamento e allo sviluppo del terminalismo portuale.
Le sfide più importanti del settore trasporto merci
Ad incidere in modo determinante nel settore trasporto merci e logistica è sicuramente la transizione ambientale, con tutte le iniziative a livello nazionale, comunitario e internazionale.
Una politica di tassazione che tenta di ottenere la sostenibilità ambientale sotto forma di penalizzazioni di tipo fiscale, incidono sulle imprese che rilasciano emissioni nocive. Come l’Eurovignette, una tassa che dovrà essere pagata dalle imprese di trasport che attraverseranno alcuni corridoi e infrastrutture individuate dall’Unione Europea. Dal 2025 si pagherà un costo aggiuntivo al pedaggio per chi attraversa queste infrastrutture.
Il settore si deve ancora confrontare con l’approvazione, da parte della Commissione Europea, dell’ETS (Emission Trading Scheme), un’altra penalizzazione.
Consiste in dei certificati che dovranno essere acquistati per poter continuare a trasportare (per quanto ci riguarda) in base alle emissioni che si producono. Bisogna tenere presente che questo sistema ETS non varrà solo sul trasporto e sulle navi, ma per tutte le forme di inquinamento.
Ci sono poi le iniziative internazionali, come quella che impatta direttamente sul trasporto marittimo e che vorrebbe le emissioni da gas di scarico delle navi ridotte del 70% nel giro di qualche anno.
Una cosa giusta in senso assoluto, ma impraticabile: non esistono in ambito marittimo carburanti alternativi o tecnologie che siano in grado di abbattere le emissioni in una proporzione così ampia.
«Si può avviare un dialogo e prendere delle iniziative per limitare l’inquinamento, ma questo si fa senza ideologismi, tenendo conto della tecnologia disponibile ed evitando penalizzazioni che non servono. Non aiuta far pagare di più per spingere a inquinare di meno. Il concetto deve essere l’opposto: incentivare gli investimenti e la creazione delle condizioni economiche necessarie perché si adottino tecnologie, già disponibili, che inquinino meno. Un paio di esempi? Il governo ha finanziato negli ultimi anni l’utilizzo di veicoli pesanti a GNL: se ne sono comprati tanti perché con l’incentivo e con il prezzo del gas allora sostenibile gli imprenditori compravano i camion a GNL.
Il PNRR finanzia l’elettrificazione delle banchine? Bene, è un investimento che fa lo Stato e che è combinato con il fondo complementare del Covid-19 da 500 milioni per un adeguamento delle navi. Tra gli interventi possibili c’è anche quello dell’elettrificazione. L’incentivo aiuta a sostenere i costi in più oggi presenti nell’utilizzo di modalità meno inquinanti».
Le parole di Pasquale Russo, Segretario Generale Conftrasporto.
Altra sfida: le infrastrutture dove non si può prescindere dai valichi
Per il traporto merci le infrastrutture sono fondamentali e non si può parlare di altro che dell’attraversamento dei valichi.
Il Tunnel del Brennero, la Gronda di Genova, il raddoppio del Tunnel del Monte Bianco o più in generale gli interventi che vanno assicurati in termini di capacità di infrastrutture siano un’altra grande sfida. Costruire infrastrutture per il Paese spesso viene associato a un maggiore inquinamento, senza considerare alle possibilità che si aprono a livello lavorativo e di spostamenti.

Foto: Imagoeconomica
La questione del Brennero con i divieti imposti dall’Austria, procurano un danno all’Italia di 370 milioni di euro all’anno, per ogni ora di ritardo nell’attraversamento. È una situazione che l’Europa dovrebbe trattare per evitare le disparità di trattamento tra le imprese austriache e quelle europee, evitando anche di far violare il principio della libera circolazione delle merci.
Rete e-commerce e digital retail in Italia
La rete del valore dell’e-commerce e del digital retail in Italia vale 71 miliardi di euro e si posiziona al primo posto tra le 99 attività economiche italiane per incidenza sul fatturato complessivo del settore privato (Netcomm e The European House – Ambrosetti).
Tra i sotto-settori, la logistica esercita un ruolo di traino, con una ripresa durante la pandemia, la cui crescita, si attesta al +13,7% medio annuo in termini di fatturato.
Autotrasporto italiano: quinto posto in Europa per volumi
L’autotrasporto italiano, almeno in termini di quantità trasportate è in crescita, nonostante le carenze infrastrutturali. Nel 2022, le tonnellate in viaggio sulle strade italiane sono aumentate del 6,1% rispetto all’anno precedente, superando per la prima volta il 2013 il miliardo di tonnellate.
Ciò in controtendenza col mercato europeo complessivo, che invece è diminuito di 500 milioni di tonnellate. Più precisamente, l’Italia ha movimentato su gomma 1,047 miliardi di tonnellate, raggiungendo il quinto posto dopo Germania (3,061 miliardi), Francia (1,631 miliardi), Polonia (1,6 miliardi) e Spagna (1,588 miliardi).
Secondo i dati della società di ricerca di mercato Upply.
Il 97% di queste tonnellate sono state trasportate all’interno dell’Italia, portando la quota dell’autotrasporto a circa l’85% dei trasporti terrestri di merci nazionali. In termini di valore, una stima di Mordor Intelligence prevede che nel 2024 il trasporto stradale produrrà 36 miliardi di euro, che potranno salire a 44,5 miliardi nel 2030.
Upply valuta positivamente le prestazioni dell’autotrasporto italiano, ritenute migliori della media europea. Dopo la pandemia, i vettori italiani si sarebbero ripresi rapidamente e con un totale di 151,1 miliardi di tonnellate-chilometro trasportate, il trasporto sotto bandiera italiana ha registrato nel 2022 una crescita del 4,2% rispetto all’anno precedente, l’incremento più elevato nella Top 10. In cinque anni, l’aumento cumulato ha raggiunto il 21%.

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L’autotrasporto nazionale resta ampiamente dominante, con l’87,5% delle tonnellate-chilometro movimentate dai trasportatori italiani. Ciò è aumentato nel 2022 un aumento del 2,9%, rispetto all’anno precedente, e del 18,4% negli ultimi cinque anni. Secondo Upply, “la bandiera italiana si distingue anche per un aumento significativo a livello internazionale: 14,6% nel 2022 e 43% in cinque anni”.
Il censimento delle imprese italiane di autotrasporto basandosi sui dati Eurostat, che si fermano però al 2020. Allora l’Italia contava circa 58mila imprese, rispetto alle 64mila di cinque anni prima.
Questo dato però risulta notevolmente inferiore rispetto al numero delle imprese in conto terzi iscritte all’Albo Nazionale degli Autotrasportatori, che quell’anno erano 98mila, di cui 1.685 risultavano sospese e 16.877 prive di veicoli. Tornando alla ricerca di Upply, riferisce che sempre nel 2020 le imprese italiane avevano fatturato circa 40 miliardi di euro e impiegavano 350mila persone.
La maggior parte delle imprese è formata da monoveicolari e microimprese. Secondo lo studio diffuso a novembre 2023 da Confcommercio il numero delle società di capitale nel trasporto merci su strada è aumentato di quattromila unità tra il 2018 e il 2023, passando dal 22% al 30,2% del totale delle imprese di trasporto merci su strada.
Il numero dei veicoli industriali circolanti in Italia, usando i dati dell’associazione europea dei costruttori Acea.
Nel 2023, il parco italiano contava 969.488 veicoli industriali, con un aumento dell’uno percento rispetto all’anno precedente. L’età media resta elevata, attestandosi a 19,1 anni (contro la media europea di 13,9 anni). Il 98,2% dei veicoli ha un motore diesel, contro una media del 96% nell’Unione Europea.
Rete infrastrutturale carente penalizza autotrasporto italiano
L’autotrasporto italiano è però penalizzato da una “carente rete infrastrutturale”. La rete autostradale conta circa settemila chilometri ed è la sesta più estesa in Europa e la dodicesima nel mondo.
Uno studio della Svimez, l’associazione per lo sviluppo delle infrastrutture del Mezzogiorno, che rileva una carenza al sud, dove la rete autostradale rappresenta 1,87 km ogni 100 km di strade rispetto ai 3,29 km del nord e 2,23 km del centro. A ciò bisogna aggiungere che la maggior parte delle strade e autostrade è stata costruita tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta.
L’invecchiamento delle infrastrutture, fonte di congestione, rappresenta un rischio per la competitività del trasporto merci stradale italiano, oltre ai problemi che pone alla sicurezza.
L’indagine cita due rapporti. Il primo dell’Unione Province Italiane, secondo cui duemila ponti e viadotti sarebbero a rischio di crollo a causa dell’elevata densità di traffico e della mancanza di manutenzione.

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Il secondo, commissionato dal Governo, stima che siano stati abbandonati 1.425 viadotti, senza alcun operatore incaricato della manutenzione di tali strutture.
A ottobre 2019 la Commissione Europea ha chiesto al Governo italiano d’imporre alle società concessionarie a ripristinare la rete entro il 2022, minacciando una procedura d’infrazione. La questione è però ancora in corso.
Sfide dell’autotrasporto italiano: dalla carenza autisti alla decarbonizzazione
La ricerca di Upply segnala tre sfide che l’autotrasporto italiano deve affrontare: la carenza di autisti, l’aumento dei costi e la decarbonizzazione.
Per quanto riguarda gli autisti, ne mancherebbero circa 20mila (secondo Conftrasporto). Tra le proposte per affrontare la crisi, ci sono quelle di abbassare a diciotto anni l’età per conseguire le patenti superiori e rivedere le norme per favorire l’accesso alla professione per i cittadini extracomunitari, in particolare per i conducenti che hanno già formato all’estero.
Sulla questione dei costi, Upply cita una ricerca diffusa nell’ottobre del 2023 del Comitato Nazionale della Strada francese secondo cui un autoarticolato italiano che svolge trasporto internazionale costava 1,165 euro a chilometro nel 2021, a fronte di 1,12 euro del 2017. Tale aumento sarebbe dovuto soprattutto agli autisti e all’acquisto dei veicoli.
Curiosità: Giappone, in arrivo l’autostrada a nastro. La rivoluzione dei trasporti
Nel paese del Sol Levante è al vaglio una nuova tecnologia che potrebbe cambiare per sempre il tradizionale trasporto delle merci in autostrada, “facendo bene” all’ambiente. Unendo i principi della guida autonoma a quelli della mobilità elettrica, infatti, è nata la cosiddetta “autoflow road”, o autostrada a nastro, un “corridoio” su cui saranno incanalati i prodotti, senza che il loro spostamento influisca sul normale traffico dei veicoli privati.
Il progetto è stato ideato dal Ministero delle Infrastrutture, dei Trasporti e del Turismo giapponese (MLIT) ed è nato per sopperire alla carenza di camionisti che è dovuta a una serie di recenti norme e al continuo invecchiamento della popolazione, ed è in contrasto con la crescente richiesta del settore.
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Per iniziare, è prevista la costruzione di tre corsie supplementari che correranno parallele a quelle tradizionali esistenti dell’autostrada che va da Tokyo a Osaka.
Questo corridoio, del tutto autonomo e automatizzato, sarà operativo 24 ore su 24 con l’obiettivo di «creare spazi dedicati alla logistica, sfruttando un sistema di trasporto non presidiato e altamente innovativo», per dirlo con le parole di Yuri Endo, vice direttore del MLIT.
La nuova autostrada non sarà però un nastro trasportatore, ma il nome è stato scelto per via della sua natura automatizzata. In un video del Ministero, il corridoio appare come una struttura a tunnel, separata dalle corsie adiacenti, all’interno della quale una moltitudine di veicoli autonomi, simili a scatole su ruote, muoveranno le merci.
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In pratica, questi singolari “contenitori”, dalle dimensioni di 1,8×1,1×1,1 metri, viaggeranno a una velocità di circa 30 km/h e saranno caricati e scaricati automaticamente tramite macchinari robotizzati collocati all’inizio e alla fine del tragitto, con la possibilità in futuro di dotare la tratta di stazioni intermedie.
Obiettivi ambiziosi
La fase iniziale del progetto prevede la copertura di circa 100 km di strada in aree ad alta densità di traffico. I test partiranno nel 2027 con l’obiettivo di completare l’opera entro una decina di anni e si prevede che, una volta operativo, il sistema sarà in grado di movimentare fino a 140.000 tonnellate di merci al giorno, riducendo al contempo drasticamente le emissioni di carbonio.
Se l’iniziativa dovesse avere successo, sarà poi replicata su altri percorsi della rete autostradale, con la possibilità di diventare uno standard pionieristico, ecologico e rivoluzionario, esportabile in tutto il mondo.