Negli ultimi anni, molti chef stellati e di fama internazionale hanno scelto di diversificare le loro attività, aprendo non solo ristoranti di alta cucina, ma anche pizzerie, bistrot, e trovando collaborazioni fruttuose con hotel.
Questa tendenza non è dettata solo dall’ambizione di crescere, ma da strategie mirate per adattarsi a un mercato in evoluzione e fortemente colpito, in Italia, da inflazione, aumento dei costi dell’energia, delle materie prime e degli affitti nelle grandi città.
La diversificazione consente agli chef di ampliare il proprio pubblico, e rimodulando la propria proposta di cucina la rendono più accessibile. Una pizzeria, ad esempio, permette di raggiungere una clientela diversa, attratta da prezzi più contenuti e da un’offerta più informale, senza rinunciare alla qualità e al nome dello chef.
Allo stesso tempo, un bistrot offre una via di mezzo con un’esperienza gourmet a costi più moderati. Questa varietà di format risponde alla crescente domanda di flessibilità da parte dei consumatori, che dichiarano sempre più di non voler stare lunghe ore a tavola o di non voler essere obbligati a interminabili menu degustazione.
Collaborazioni con hotel e resort, invece, rappresentano un altro capitolo della diversificazione. Queste partnership permettono agli chef di inserirsi in contesti prestigiosi, attirando turisti internazionali e sfruttando le sinergie con il settore dell’ospitalità.
In molti casi, queste collaborazioni diventano vetrine globali per il loro talento, contribuendo a rafforzare il brand personale dello chef oppure ad avere una solida base economica per cui, anche se il ristorante non è così profittevole, comunque nella logica di banchetti e catering per eventi, diventa un asset essenziale per l’hotel.
Dietro questa scelta c’è anche una motivazione economica: distribuire il rischio imprenditoriale. La gestione di un ristorante di alta cucina è spesso onerosa e soggetta a fluttuazioni (dovute anche al numero esiguo di posti a sedere e alla chiara impossibilità di non poter fare un doppio turno).
Creando nuovi format, gli chef possono bilanciare i profitti e garantire una maggiore stabilità alle proprie attività.
C’è un aspetto umano da non sottovalutare: la diversificazione è un’opportunità creativa. Progettare un menu per una pizzeria o curare l’esperienza gastronomica di un hotel spinge gli chef a esplorare nuovi orizzonti, mantenendo viva la passione per l’innovazione e per il proprio lavoro.
In un settore sempre più competitivo, questa strategia si rivela una chiave per il successo duraturo.
Carlo Cracco, ad esempio, rappresenta un esempio perfetto di diversificazione imprenditoriale nel settore gastronomico.
Oltre ai suoi ristoranti di alta cucina, lo chef ha saputo ampliare il proprio universo culinario con iniziative che spaziano dal gourmet al popolare.
La bandiera è il ristorante in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano, che combina un’offerta di alta cucina a proposte più informali, come bistrot e caffetteria, rendendo la sua esperienza accessibile a un pubblico più ampio.
Ha fatto parlare di sé anche con la sua pizza gourmet, che rivisita in chiave creativa uno dei simboli più conosciuti della tradizione italiana.
A ciò si aggiunge un altro pilastro della sua strategia: l’azienda agricola di Santarcangelo di Romagna. Qui Cracco coltiva prodotti di qualità che troviamo nei suoi piatti, una connessione diretta tra la terra e la cucina, enfatizzando la filosofia del dal campo alla tavola.
Non mancano collaborazioni con il mondo dell’ospitalità e grandi marchi, oltre alla sua presenza nel mondo editoriale e televisivo, che lo hanno reso ambasciatore della cucina italiana.