Non è un semplice esordio, quello che attende l’Italia venerdì 6 giugno a Oslo. Contro la Norvegia, gli Azzurri si giocano molto più di tre punti: c’è in ballo la possibilità di restare agganciati al treno che porta ai Mondiali del 2026. Una sfida che, sebbene sia solo la prima giornata del gruppo I, ha già i contorni di uno snodo decisivo.
Il percorso degli uomini di Spalletti inizia in salita. A causa della partecipazione alla fase finale della Nations League lo scorso marzo, l’Italia si presenta all’appuntamento con due partite in meno rispetto alle avversarie e ancora ferma a zero punti. La Norvegia, invece, ha già incassato due vittorie e guida il girone a punteggio pieno, davanti a Estonia e Israele. La pressione, dunque, è tutta sugli Azzurri: soltanto la prima classificata strappa il pass diretto per il Mondiale, mentre la seconda dovrà passare attraverso l’incertezza dei playoff.
Dopo le dolorose esclusioni da Russia 2018 e Qatar 2022, un terzo flop non è nemmeno contemplabile. Lo ha ricordato con amarezza anche il capitano del Napoli Giovanni Di Lorenzo: «Ci sono bambini che non hanno mai visto l’Italia ai Mondiali. Non possiamo permetterci un’altra assenza». Parole che pesano come un macigno e che rendono evidente quanto il passato recente continui a proiettare ombre lunghe sul presente della Nazionale.
Luciano Spalletti non si nasconde. «A Oslo ci giochiamo già tantissimo», ha dichiarato il ct, consapevole che ogni passo falso potrebbe trasformarsi in una salita impervia. Soprattutto in un girone dove il margine d’errore è minimo.
Non solo sport: le cicatrici delle esclusioni mondiali
Dietro l’amarezza sportiva si cela un impatto molto più ampio, che coinvolge economia, immagine e sistema. L’assenza dal Mondiale in Qatar ha avuto effetti pesanti anche a livello finanziario. Il clamoroso ko contro la Macedonia del Nord ha fatto sfumare oltre 100 milioni di euro, tra premi FIFA, sponsorizzazioni ridotte, vendite in calo di merchandising e crollo degli ascolti televisivi.
Il contraccolpo è stato immediato. Dopo l’euforia economica dell’Europeo 2020, la FIGC si è ritrovata a fare i conti con una drastica contrazione delle entrate. Anche contratti consolidati, come quello con Puma, sono stati rivisti al ribasso. E le conseguenze non si sono limitate alla Nazionale.
Un danno sistemico: dai club alle imprese
L’onda lunga della mancata qualificazione ha travolto l’intero ecosistema del calcio italiano. Durante il Mondiale del 2018, l’assenza degli Azzurri aveva già causato un calo del 36% negli ascolti RAI. Nel 2022, lo scenario si è ripetuto. La disaffezione ha colpito sponsor, pubblicitari, ristoratori, rivenditori di elettronica e testate sportive. E non è solo una questione economica: già nel 2017, la FIGC aveva previsto un effetto domino negativo anche sulla crescita del calcio giovanile e sull’attrattività internazionale del nostro movimento. Una previsione confermata dai fatti.
Il 2026 è un’occasione irripetibile
Il prossimo Mondiale, in programma tra Stati Uniti, Canada e Messico, sarà il più grande della storia: 48 squadre, miliardi di spettatori, copertura globale. La sola partecipazione garantisce oltre 10 milioni di dollari in premi FIFA. Ma le ricadute totali — tra diritti TV, sponsor, vendite di maglie e consumi — potrebbero superare i 150 milioni di euro.
Un’eventuale terza esclusione, mai accaduta prima nella storia della Nazionale, segnerebbe un ulteriore colpo alla credibilità del calcio italiano. Ne risentirebbe l’appeal sportivo, il valore commerciale del marchio “Italia” e la capacità di attrarre investitori nei prossimi anni.
Un Mondiale come leva di rilancio
Centrare la qualificazione avrebbe, invece, un significato che va ben oltre il rettangolo verde. Dopo la vittoria a Wembley, il brand della Nazionale aveva visto crescere il proprio peso internazionale. Secondo alcune analisi, Euro 2020 ha generato un impatto positivo sul PIL tra lo 0,7% e l’1,5%, grazie all’incremento dei consumi, della pubblicità e del turismo.
Una buona performance al Mondiale 2026 potrebbe generare ricadute economiche superiori ai 250 milioni di euro. Un’occasione concreta per rilanciare l’intero sistema-calcio e restituire entusiasmo a un Paese che nel pallone ha sempre trovato un pezzo della propria identità.
Non è solo una sfida in campo
Italia-Norvegia non è semplicemente una gara da vincere. È un bivio. Il suo esito influenzerà non solo il percorso tecnico della Nazionale, ma anche il futuro economico, sociale e culturale del nostro calcio. Fallire ancora significherebbe rinunciare a un pezzo importante del nostro presente. E forse, a più di un frammento del nostro futuro.