
Scendono la produzione e il fatturato, -29,4% e -33,1%
È stato un anno difficile anche per il comparto calzaturiero in Italia, colpito dall’emergenza coronavirus che ha fatto crollare la produzione: le stime elaborate dal Centro Studi di Confindustria Moda rendono evidente il periodo difficile, caratterizzato da un calo a doppia cifra nel fatturato, -26,6%.
«I dati cumulati dei primi 9 mesi dell’anno ci mostrano un settore messo a dura prova – ha spiegato Siro Badon, presidente di Assocalzaturifici, l’associazione che ha richiesto a Confindustria l’analisi dei dati – registriamo contrazioni attorno al 20% in volume per consumi interni e vendite all’estero, oltre a forti arretramenti nella produzione industriale, che si attestano al -29,4%, e a una riduzione media di un terzo nel fatturato delle aziende associate». L’attivo del saldo commerciale è sceso del 18,1%.
Al crollo dovuto al primo lockdown ha fatto seguito una timida ripresa, bruciata dalla seconda ondata di contagi. Il numero delle imprese nel settore si è ridotto di 101 nei primi 9 mesi dell’anno, e gli addetti sono scesi di 2.600 unità. «Il ricorso alla cassa integrazione guadagni ha raggiunto l’ennesimo record – rimarca Badon – +930% nei primi 10 mesi dell’anno nella filiera pelle, con +1267% ad ottobre». La cassa integrazione ha raggiunto livelli altissimi in Toscana, dove le ore aumentano del +3643%, in Veneto, +954% e nelle Marche, +430%.
Il trend negativo è stato dovuto a una contrazione degli acquisti delle famiglie italiane, che hanno comprato il 17,8% in meno, e che qualora anche hanno acquistato lo hanno fatto spendendo il 23% in meno: i prezzi medi sono in calo del 6,3%. Una tendenza dovuta al maggior uso durante i mesi di quarantena di pantofole e calzature ad uso domestico.
Il Fashion Consumer Panel di Sita Ricerca per Assocalzaturifici ha reso noto che i settori merceologici più colpiti sono quelli delle scarpe classiche da uomo e donna, che scendono del 30%, e le calzature da bambino più le sportive con un calo tra il 15% e il 20%.
Sono aumentate le vendite online, ma non abbastanza da compensare la crisi del retail, anche a causa del blocco nelle esportazioni, che hanno subito una contrazione del 20,1% in quantità e del 17,2% in termini di valore. Ci sono state in totale 32 milioni in meno di esportazioni rispetto al 2019, per un valore di 6,4 miliardi di euro, che hanno riguardato tutti i Paesi con cui generalmente l’Italia commercia di più in questo settore: la rancia, la Germania, l’Olanda e il Belgio. Ma si sono registrati cali anche con il Nord America, con l’estremo Oriente con l’unica eccezione della Corea del Sud, verso cui l’esportazione è cresciuta del 16%. Male anche il traffico verso la Russia e il medio Oriente, ma anche quello verso le vicine Svizzera e Regno Unito.
Per ciò che concerne il mercato interno, a livello geografico il Veneto ha perdite del 13,4% in valore, e scendono la Lombardia con il -18% e la Puglia con il -22%. Gravi le flessioni per la Toscana, -30,3%, le Marche, -27,7% e la Campania, -42,4%.
di: Micaela FERRARO
FOTO: ANSA
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