L’analisi dell’Osservatorio dei Commercialisti
La pandemia ha spinto 333 mila famiglia nell’area della povertà assoluta e, in compenso, non ha frenato affatto la pressione fiscale. È quanto emerge dall’analisi dell’Osservatorio del Consiglio e della Fondazione Nazionale dei Commercialisti, che dimostra come rispetto al 2019 la povertà riguardi il 20% delle famiglie in più, che si trovano ad essere più povere e tartassate dal peso delle tasse da pagare.
Nel 2020 la pressione fiscale generale è aumentata di 0,7 punti di Pil, mentre quella delle famiglie è cresciuta di un punto di Pil. L’incremento è stato causato dalla generale rigidità del gettito delle imposte dirette, sopratuttto dell’Irpef e dell’Imu.
Nell’anno della pandemia, mentre il Pil è calato del 7,8%, le entrate fiscali delle famiglie sono diminuite del 3,2% e tutte le altre si sono ridotte dell’8,7%. Di conseguenza la pressione generale è salita, ma quella delle famiglie è aumentata in misura maggiore perché costituita in massima parte da imposte dirette e dall’Imu. Ad aver inciso su questa tendenza è stato soprattutto il gettito erariale dell’Irpef che nel 2020 si è ridotto solo del 2,2%.
Gli aiuti a livello statale non sono bastati a rendere il periodo meno duro: a fronte di un calo del Pil di 139,4 miliardi e di un incremento del deficit pubblico di 129 miliardi, il reddito disponibile delle famiglie è calato di 32 miliardi, ovvero del 2,8% mentre l’effetto combinato degli aiuti pubblici e del crollo dei consumi, che si sono inabissati di 116 miliardi, ha determinato un incremento del risparmio lordo di 83,4 miliardi di euro, ovvero il +88,3%.
Il paradosso che emerge è che a fronte di un aumento della povertà si è registrato anche un aumento del risparmio reso evidente dall’incremento dei depositi bancari delle famiglie unito a un aumento della pressione fiscale. Il passo indietro dell’ultimo biennio ci riporta agli anni dello shock fiscale seguito alla crisi del debito sovrano del 2011, annullando quasi del tutto i progressi ottenuti dal 2014 al 2018.
La lunga crisi degli ultimi anni ha inciso moltissimo sui redditi familiari: dal 2003 al 2018 il reddito medio in termini reali ha perso l’8,3% del suo valore e il divario tra Nord e Sud è aumentato dell’1,6% arrivando a raggiungere i -478 euro al mese. Nel 2020, la spesa mensile media di una famiglia meridionale è pari al 75,2% rispetto ad una famiglia che vive al Nord: 1.898 contro 2.525 euro. Il calo dei consumi è certamente alla base dell’aumento della povertà. La crisi ha colpito ancora più duramente le famiglie in cui prevale il reddito da lavoro autonomo: in termini reali la perdita è stata del 28,4%.
di: Micaela FERRARO
FOTO: ANSA
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