
I dati del rapporto della Banca Mondiale e le stime degli analisti
Dopo una grave e prolungata depressione economica per gli analisti il Libano è un Paese già fallito. Secondo il rapporto della Banca Mondiale, Bank Lebanon Economic Monitor (Lem), pubblicato a giugno, infatti, la crisi che sta coinvolgendo il Paese è la peggiore di sempre nella storia almeno dalla metà dell’Ottocento. «Di fronte a sfide colossali, la persistente inazione politica e l’assenza di un governo pienamente funzionante, continuano ad aggravare condizioni socio-economiche già disastrose e una fragile pace sociale senza un chiaro punto di svolta all’orizzonte» – si legge nel documento redatto dall’istituto di Washington.
Il rapporto, dal titolo Lebanon Sinking: To the Top 3, descrive i recenti sviluppi economici ed esamina quali potrebbero essere le prospettive del paese. Nell’arco di un solo anno e mezzo, il Libano ha affrontato la più grande crisi economica e finanziaria in tempo di pace, la pandemia da Covid-19 e l’esplosione del porto di Beirut, avvenuta il 4 agosto dell’anno scorso. Da quanto emerge, le risposte politiche ed economiche delle autorità sono state inadeguate e fallimentari, tanto da compromettere il consenso politico. L’unità di intenti, invece, si è trovata nella difesa strenua di un sistema economico fallimentare che continua a favorire pochi a danno della maggioranza. A peggiorare una situazione già critica si è aggiunta anche una prolungata guerra civile che ha di fatto aggravato le condizioni socio-economiche. Il rischio, ora, sono fallimenti nazionali sistemici con effetti regionali e potenzialmente globali.
La Banca Mondiale stima che nel 2020 il Pil si sia contratto del 20,3%, dopo un calo del 6,7% nel 2019. Nei fatti è precipitato dai quasi 55 miliardi di dollari nel 2018 a circa 33 miliardi di dollari nel 2020, mentre il prodotto pro capite è sceso di circa il 40%. «Le condizioni monetarie e finanziarie rimangono altamente volatili; nel contesto di un sistema di tassi di cambio multipli» – spiega l’istituto.
Il cambio medio si è deprezzato del 129% nel 2020. L’effetto sui prezzi si è tradotto in un’impennata dell’inflazione, con una media dell’84,3% nel 2020. Date le condizioni, secondo le previsioni il Pil si contrarrà di un ulteriore 9,5% anche quest’anno.
«Il Libano affronta un pericoloso esaurimento delle risorse, compreso il capitale umano, e la manodopera altamente qualificata è sempre più propensa a cogliere opportunità all’estero, creando una perdita sociale ed economica permanente per il Paese – ha detto Saroj Kumar Jha, direttore regionale del Mashreq della Banca Mondiale. – Solo un governo riformista, che intraprenda un percorso credibile di ripresa economica e finanziaria, e che lavori a stretto contatto con tutte le parti interessate, può invertire la rotta di un’ulteriore caduta e prevenire una maggiore frammentazione nazionale».
Anche per quanto riguarda il settore finanziario la situazione è critica. L’onere dell’aggiustamento in corso nel settore finanziario è altamente regressivo, concentrato sui depositanti più piccoli, sulla maggior parte della forza lavoro e sulle pmi. Oltre la metà della popolazione è al di sotto della soglia di povertà nazionale, con la maggior parte della forza lavoro – pagata in lire – che soffre per il crollo del potere d’acquisto. Con il tasso di disoccupazione in aumento, una quota crescente di famiglie sta affrontando difficoltà di accesso ai servizi di base, compresa l’assistenza sanitaria in questo periodo più importante che mai.
Secondo la Banca Mondiale i quattro servizi pubblici di base maggiormente colpiti sono: elettricità, approvvigionamento idrico, servizi igienici e istruzione. Questi, già deboli in partenza, si sono deteriorati ancora di più causando un aumento significativo dei tassi di povertà, con un numero maggiore di famiglie che non possono permettersi beni sostitutivi privati, diventando così più dipendenti dai servizi pubblici. In questo modo la sostenibilità finanziaria e l’operatività di base del settore diventano sempre più a rischio, aumentandone i costi e riducendone le entrate.
Il forte deterioramento dei servizi di base continuerà a creare, nel lungo termine, migrazione di massa, perdita di apprendimento, cattivi servizi sanitari, mancanza di reti di sicurezza adeguate. Il danno permanente, avverte la banca di Washington, sarà al capitale umano.
Tra i motivi del crollo del Libano c’è innanzitutto la corruzione che ha di fatto reso impossibile una ripresa dopo la guerra civile del 1975-1990, nonostante il tentativo di rimettere in ordine i conti pubblici con il turismo, gli aiuti stranieri, l’industria finanziaria e la generosità degli Stati arabi del Golfo.
Un altro aiuto importante sono stati i flussi nelle banche libanesi resi possibili dai cittadini che lavoravano all’estero, flusso proseguito anche durante il crollo finanziario globale del 2008. Solo nel 2011 le rimesse hanno cominciato a rallentare, man mano che la situazione politica entrava in crisi e che la vicina Siria finiva nel caos. Gli stati musulmani sunniti del Golfo, inoltre, in quel momento si sono allontanati a causa della crescente influenza nel paese dell’Iran, attraverso Hezbollah, il gruppo sciita libanese armato il cui potere politico è cresciuto notevolmente.
In questo modo il deficit di bilancio è schizzato alle stelle mentre la bilancia dei pagamenti è sprofondata. A partire dal 2016, poi, le banche hanno iniziato a offrire tassi di interesse più alti per i nuovi depositi in dollari, una valuta ufficialmente accettata nell’economia. Il tutto mentre in altre parti del mondo i tassi andavano verso lo zero. I dollari hanno ripreso a scorrere e le banche a finanziare la spesa sempre maggiore. Ma il conto dei tassi d’interesse ora chiede lo scotto.
di: Alessia MALCAUS
FOTO: ANSA/EPA/WAEL HAMZEH
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