Tre italiani su quattro sentono la mancanza del proprio ufficio. Solo un italiano su quattro preferirebbe rimanere interamente in smartworking
Comodità o socialità? Metà degli italiani prenderebbe – come dicono gli anglofoni – il meglio dei due mondi.
L’emergenza sanitaria ha modificato per sempre la nostra concezione del lavoro e dei luoghi e delle modalità al suo svolgimento: l’indagine The Future of Work svolta in Italia da LinkedIn rivela che il 23% degli intervistati ha saputo adattarsi allo spostamento fra le mura di casa delle proprie incombenze professionali, mentre il 30% comincia a sentire la mancanza del proprio ufficio, soprattutto gli under 24, unica fascia anagrafica ad esprimere questa preferenza.
La percentuale che resta è per una soluzione diplomatica, che preveda alternativamente smartworking e lavoro in loco. È un compromesso che soddisfa in particolar modo le donne, favorevoli per il 52,9%, mentre lascia titubanti gli uomini, convinti soltanto per il 41,9%.
Quali vantaggi comporterebbe, invece, il telelavoro? In primis, secondo il 37% del campione, un migliore equilibrio tra vita personale e lavoro, poi l’addio ai disagi legati al pendolarismo (32%), mentre solo il 21% considera le quattro mura di casa come uno stimolo per una maggiore produttività; viceversa, esercitare la propria professione fuori casa sembra più proficuo per il 36% degli interpellati.
I nostalgici della scrivania e della macchinetta del caffè, d’altro canto, ritengono per il 44% una condizione irrinunciabile la presenza di colleghi e altre persone durante l’orario lavorativo, per il 30% considerano la sedentarietà garantita dallo smartworking come un potenziale danno alla loro salute fisica e mentale, mentre solo il 13% adduce motivi economici, avendo visto i propri consumi aumentati dal momento del loro trasferimento casalingo.
Il rientro in ufficio, in questo periodo di allentamento della pandemia, è comunque un’opzione considerata da un numero sempre maggiore di aziende, ma le reazioni dei dipendenti registrano una certa preoccupazione: solo meno della metà di loro, più precisamente il 44,5%, ha già accettato di tornare alle condizioni precedenti, mentre il 26% farebbe la stessa cosa soltanto a condizione di poter gestire un orario flessibile che preveda la modalità ibrida.
Il 14,7% considera invece il proprio ufficio un luogo non ancora totalmente sicuro e ha già fatto richiesta per rimanere in sicurezza a casa propria; il 12% dei partecipanti al sondaggio ha ricevuto un secco no dai propri datori di lavoro ed è già attivamente alla ricerca di un nuovo impiego e più o meno lo stesso numero di lavoratori sta meditando di licenziarsi dalla propria compagnia.
Una quantità pari al 6,7% del campione ha già liberato definitivamente la propria scrivania, fornendo come motivazione la necessità di gestire al meglio il proprio nucleo familiare (il 50%), di accudire i propri parenti anziani (il 39%), di preservare il proprio equilibrio psicologico (il 42%) e di evitare di fare quotidianamente avanti e indietro fra casa e ufficio (il 40,6%).
Infine, giocherà un ruolo molto importante l’estensione del Green pass a tutti i luoghi di lavoro, di cui abbiamo scritto qui, e che entrerà effettivamente in vigore fra pochi giorni: per tre datori di lavoro su quattro è indispensabile che il proprio intero organico abbia completato il ciclo vaccinale, mentre il 43% ritiene un’informazione imprescindibile sapere che i colleghi più prossimi sono in regola con l’immunizzazione.
di: Andrea BOSCO
FOTO: ANSA/MATTEO CORNER
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