Il settore delle costruzioni è quello che ha investito di più nei circular models
I modelli di economia circolare cominciano a prendere piede anche in Italia. È questo il primo macro-dato che emerge dal Circular Economy Report 2021 dell’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano. Le aziende ambiziose e volenterose che hanno messo in atto piani circolari sono infatti il 44% del totale e sorpassano per il primo anno gli scettici (34%).
Le imprese più impegnate in tal senso sono quelle del settore delle costruzioni (60%); seguono food&beverage (50%), automotive (43%), impiantistica (41%), elettronica di consumo (36%), mobili e arredo (23%). La circular economy viene maggiormente implementata da attori di grandi dimensioni che dimostrano il loro impegno anche attraverso la partecipazione a board, tavoli istituzionali e associazioni di categoria: un ruolo da pionieri in molti casi, anche se ancora in fase di sviluppo (in un’auto-valutazione delle aziende, al proprio percorso di transizione viene attribuito un punteggio medio di 2,02 su cinque).
Le pratiche più diffuse sono quelle che riguardano la riduzione del proprio impatto ambientale e il ri-uso di materiali nei propri sistemi produttivi. Lo studio evidenza il prevalere di pratiche di design for environment (35% dei casi), design for recycle (28%), take back system (27%). Quest’ultima risulta essere, secondo le stime del report, la pratica più proficua, potenzialmente capace di generare un totale di 24,7 miliardi di euro di risparmio.
In generale, l’impresa italiana sta quindi scoprendo tutti i vantaggi dell’economia circolare, anche se non attinge ancora a piene mani al suo potenziale che il Politecnico stima essere di 98,9 miliardi di euro annui da liberare entro il 2030, mantenendo le stesse dimensioni del mercato del 2019.
di: Marianna MANCINI
FOTO: ANSA
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