Mosca è il terzo produttore mondiale di questo metallo ed è il principale rifornitore dell’industria aerospaziale occidentale
Abbiamo visto come l’escalation delle violenze e delle minacce fra Russia e Ucraina abbia fortemente inciso sui mercati azionari di Mosca, dal Moex all’Rts Index. Un altro indicatore altrettanto sensibile alle crisi politiche e militari è il prezzo delle commodities, in costante crescita negli ultimi periodo (qui un nostro approfondimento sulle materie prime).
In particolare, questa crisi sta spingendo in avanti anche il prezzo del nichel che ha toccato il suo picco più alto dall’agosto 2011 attestandosi a quota 24.610 dollari a tonnellata. Ad alzare i prezzi è anche la corsa delle aziende aerospaziali che trovano proprio nella Russia uno dei principali produttori al mondo, precisamente il terzo dopo la Cina e il Giappone.
Il “metallo del diavolo” è infatti una componente indispensabile per la produzione di motori, costituendone il 14/15%, ma anche per l’industria medica. Anche per questo società come Airbus e Boeing stanno facendo scorta attingendo proprio dal mercato russo, in modo da non rallentare la crescita del settore, appena in partenza dopo la brusca frenata pandemica.
Proprio all’estrazione e alla lavorazione di questo metallo la Russia ha dedicato una Titanium Valley: una regione economica dotata di infrastrutture da 1,29 miliardi di dollari nell’oblast di Sverdlovsk, a est degli Urali.
Proprio qui, nella città di Verchnajaja Salda, si trova il più grande produttore mondiale di titanio, la Vsmpo-Avisma. L’azienda registra un giro d’affari annuo da un miliardo e mezzo (dati del 2019) e impiega circa 20mila persone, essendo il principale fornitore del metallo della Boeing, ma anche di Airbus, della brasiliana Embraer e di altre società aerospaziali. Da sola la Vsmpo-Avisma rifornisce il 25% della produzione mondiale di titanio, di cui tre quarti sono destinati propri alle società aerospaziale.
Anche per questo, nella battaglia commerciale fra Russia e Occidente spesso anche Mosca ha dovuto chiudere un occhio. Nonostante i diversi tentativi di diversificare il mercato di approdo del titanio, il settore aerospaziale delle grandi società occidentali continua a essere il principale acquirente del metallo russo, tanto che quando nel 2014 la Duma aveva tentato di frenare l’export del titanio il Ministero del Commercio era stato costretto a fermare il disegno di legge.
Una vicenda speculare è avvenuta nel 2020 quando gli Usa hanno cercato di imporre delle restrizioni economiche alla Vsmpo-Avisma, salvo poi fare marcia indietro visti gli effetti disastrosi che questo avrebbe provocato all’industria pesante e aerospaziale americana.
Oggi, nonostante i venti di guerra, le relazioni industriali fra Russia e Occidente si sono ulteriormente intensificate da questo punto di vista.
Per chiudere il cerchio e aggiungere un ulteriore tassello alla ricostruzione della crisi diplomatica, basti pensare che mentre la Russia è uno dei principali produttori di titanio, tra i Paesi più ricchi di questo minerale c’è l’Ucraina, che ospita la nona riserva mondiale del metallo.
di: Marianna MANCINI
FOTO: PIXABAY