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Economia

Confindustria: secondo trimestre scenario complicato

Maria Lucia Panucci
28 Maggio 2022
Confindustria: secondo trimestre scenario complicato
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Dopo il -0,2 nel primo trimestre, il secondo non è roseo Secondo l’analisi del contro studi di Confindustria “nel secondo trimestre 2022 lo scenario per l’Italia resta complicato (dopo il […]

Dopo il -0,2 nel primo trimestre, il secondo non è roseo

Secondo l’analisi del contro studi di Confindustria “nel secondo trimestre 2022 lo scenario per l’Italia resta complicato (dopo il -0,2% del Pil nel primo) per il proseguire del conflitto in Ucraina. I dati in aprile e maggio confermano il sommarsi di rincari delle commodity, scarsità di materiali, alta incertezza. Il lento affievolirsi dei contagi potrebbe sostenere i consumi. Nel complesso, però, l’andamento appare ancora negativo“. Risulta inoltre che “in termini di volumi di gas l’impatto di un blocco va valutato nella situazione che si creerebbe mese per mese, non in termini di consumo annuo aggregato“.

Lo scenario dipinto da Confindustira si basa su “una serie di ipotesi: consumi mensili ai valori del 2021; azzeramento dell’import di gas dalla Russia (29,1 mmc) e anche dal passo Gries (2,2 mmc) da giugno 2022; varie fonti alternative di offerta gradualmente disponibili entro il prossimo inverno (per un totale di 15,5 mmc), in base ai diversi accordi e progetti che l’Italia ha già avviato“. Da qui la stima che “la carenza di offerta, sui 12 mesi compresi tra aprile 2022 e marzo 2023, sarebbe pari a 14,0 mmc, ovvero il 18,4% dei consumi italiani (una quota analoga a quella calcolata nell’ultimo DEF)“.

La carenza di gas non sarebbe problematica solo nei mesi di picco di consumo e i limiti imposti negli edifici pubblici non riducono particolarmente il consumo annuo.

«L’evoluzione stimata dell’offerta mensile di gas, da aprile 2022, rispetto alla domanda, dipende molto dal profilo ipotizzato per le scorte: una fase di accumulo di intensità molto ridotta in aprile-ottobre, seguita da un decumulo moderato tra novembre e marzo. Tali ipotesi implicano un utilizzo netto di scorte molto maggiore rispetto ai 12 mesi precedenti (-4,5 mmc, da -1,2), che integra l’offerta scarsa – si legge inoltre – le giacenze di gas a marzo 2022 (ultimo dato disponibile) sono come sempre al punto di minimo data la stagionalità dei consumi, ma quest’anno sono ancora più basse rispetto al 2021 (0,7 mmc, da 1,9). Tutto ciò implica che già a dicembre 2022 si scenda a livelli modesti di giacenze: appena 0,8 mmc (7,0 nel dicembre 2021). Per tale motivo, lo scenario include l’utilizzo di parte della riserva strategica di gas italiana (3,8 mmc sui 4,5 disponibili), che esiste proprio per fronteggiare queste situazioni estreme».

Nel caso di un eventuale razionamento per il gas e la carenza stimata “l’industria verrebbe privata di tutta la fornitura di gas di cui necessita (cioè i 9,5 mmc annui consumati finora), mentre i servizi subirebbero una riduzione delle forniture di gas pari a 4,5 mmc (su 7,8). Pur ipotizzando che, per la carenza di gas, solo nei settori energivori si determinerebbe una riduzione dell’attività, stimiamo una perdita di valore aggiunto nell’industria pari a 9 miliardi di euro nel periodo di 12 mesi, cui va sommata quella nei servizi pari ad altri 9 miliardi. L’impatto totale della carenza di gas per l’economia italiana, quindi, è stimato a -1,0% di PIL tra primavera 2022 e inverno 2023, una stima vicina a quella della Commissione UE. Nei restanti 9 mesi del 2023, nei quali potrebbero essere disponibili altre fonti alternative (6 mmc), la carenza di offerta sarebbe inferiore e coinvolgerebbe solo l’industria, con un impatto aggiuntivo di circa -0,4% sul Pil“.

L’impatto sull’economia sarebbe dovuto a “un potenziale rincaro ulteriore dei prezzi delle commodity energetiche sui mercati internazionali, come conseguenza della carenza di gas dalla Russia. Ipotizziamo che ciò accada per il gas (oltre i 200 euro/mwh da giugno 2022) e anche per il petrolio (quasi 150 dollari/barile). Simulando con il modello econometrico gli effetti di tali ipotesi, risulta che nel 2022 l’impatto sul PIL sarebbe contenuto (-0,2%), perché la differenza di prezzo peserebbe solo nella seconda metà dell’anno. Nel 2023, invece, quando i prezzi sarebbero doppi rispetto allo scenario baseline per tutto l’anno, l’impatto sul PIL sarebbe ben più rilevante (-2,2%)“.

Continua a scendere anche l’indice pmi (da 55,8 a 54,5) con la produzione che “soffre l’impatto del conflitto: a marzo, sopra le attese, è rimasta invariata, ma nella media del primo trimestre è scesa (-0,8%) e per aprile è stimata una caduta, che zavorrerebbe la dinamica nel secondo. In questo scenario difficile, anche gli investimenti fissi sono attesi in frenata“.

A crescere è, invece, l’occupazione che segna un +0,6% nel primo trimestre e l’export, seppur debole, sembra reagire bene.  

di: Flavia DELL’ERTOLE

FOTO: ANSA/GIUSEPPE LAMI

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