
Il Paese sconta legislazioni obsolete e gravi problemi di liquidità che tengono in ostaggio i risparmi dei correntisti
Il Libano sta affrontando una delle crisi finanziarie più pesanti di tutta la sua storia, complice un esteso problema di liquidità nel Paese.
Da mesi infatti il Governo ha imposto una serie di restrizioni all’accesso alle ricchezze dei privati conservate in banca, congelando di fatto i risparmi della popolazione che in molti casi deve rispettare un tetto massimo di prelievo mensile, o commissioni salatissime per ogni operazione.
Un meccanismo a spirale che perdura da ormai due anni e che sembra sempre più difficile scardinare, mentre il settore bancario ha già superato i 70 miliardi di dollari di perdite.
A soffrire maggiormente è l’istituto centrale del Paese, la Banca del Libano presso la quale le banche commerciali hanno depositato gran parte dei loro capitali con tassi d’interesse particolarmente alti. Ad oggi però la Banca centrale non riesce a rimborsare questi certificati di deposito, avendo dovuto sfruttare la maggior parte della liquidità per sostenere il valore della lira libanese, crollato.
In questo scenario potrebbe farsi spazio l’FMI con un piano di aiuti finanziari che però dipende da una riforma nazionale del segreto bancario, attualmente disciplinato da una norma del 1956. Il Parlamento è bloccato da giugno di questa riforma, con una proposta che potrebbe essere troppo blanda per soddisfare i requisiti del Fondo. In stallo legislativo anche una riforma del settore bancario nel suo insieme, che vede l’opposizione di banche, correntisti e parte della politica.